Photo credit: © Sébastien Simon/VG2024
A un mese dalla partenza i solitari della Vendée Globe stanno facendo i conti con l'Oceano Indiano nel quale le depressioni si susseguono velocissime. Il vento si è appena calmato quando un nuovo fronte appare all'orizzonte mettendo a dura prova gli skipper.
In testa alla flotta ancora la coppia formata da Charlie Dalin e Sébastien Simon, gli unici che avevano scelto nei giorni scorsi di mantenersi a sud nonostante il passaggio di una depressione particolarmente profonda.
Charlie Dalin, descrivendo la recente lotta con il gigantesco sistema di bassa pressione: “È stato piuttosto difficile riuscire a stare davanti a questa mostruosa bassa pressione. Ho cercato davvero di spremere ogni decimo di nodo dalla barca per guadagnare ogni metro a est. Più volte ho sentito il respiro della depressione sul collo. Fortunatamente, è andata bene”, ha spiegato Dalin.
Dalin, che per primo ha attraversato oggi alle alle 15:12 la longitudine di Capo Leeuwin è seguito a circa 150 miglia da Simon che, nonostante ieri abbia subito la rottura del foil di dritta del suo Imoca, riesce a mantenere il passo del leader (senza foil si perde il 30% di velocità quando la sua barca naviga mure a sinistra).
Intanto Yoann Richomme e Thomas Ruyant, che formavano insieme ai primi un gruppo abbastanza unito prima di scegliere una rotta molto più a nord per affrontare la prima grande tempesta, sono ora i più veloci ed hanno sensibilmente ridotto il loro distacco: al rilevamento delle 19,00 si trovavano rispettivamente a 328 e 477 miglia dal primo.
Giovedì scorso ha dovuto abbandonare la regata Louis Burton, che già a meta novembre aveva dovuto effettuare una importante riparazione a bordo del suo "Bureau Vallée" ed ora ha dovuto arrendersi dopo aver riscontrato gravi danni a un elemento meccanico dell'attrezzatura. Burton si trova ora a Città del Capo.
Si tratta del secondo ritiro a un mese dalla partenza (primo per problemi alla barca), significativo del fatto che gli Imoca hanno raggiunto un alto livello di affidabilità.
Mentre Dalin ha doppiato il secondo dei grandi capi della circunavigazione, tutta la flotta, ad eccezione di Szabolcs Weores, naviga nell'Oceano Indiano.
Giancarlo Pedote con Prysmian si trova ora al 24esimo posto, a circa 2.800 miglia dal primo:
"È come essere in una lavatrice gigante impostata sulla centrifuga permanente", ha commentato Giancarlo in un messaggio dal bordo della sua barca. "Le depressioni si susseguono, una dopo l'altra, senza lasciarti il tempo di respirare. Non è il vento il problema principale, ma il mare incrociato e disordinato, che colpisce senza pietà. È impossibile stare in piedi senza essere sbattuti da una parte all'altra. Anche preparare da mangiare diventa una prova di resistenza", ha raccontato il navigatore, che attualmente si trova a metà strada tra il Capo di Buona Speranza e le Isole Kerguelen.
Dopo il passaggio del Capo di Agulhas e l’ingresso ufficiale nell’Oceano Indiano, Giancarlo ha deciso di modificare la rotta, spostandosi più a nord, nel tentativo di trovare condizioni di mare e vento che permettano alla barca di avanzare senza i continui stop causati dalle onde. Questa scelta tattica gli permette di evitare le zone di correnti più insidiose, ma la navigazione rimane estremamente complessa. "Le zone di corrente, dal Capo di Buona Speranza fino al meridiano dei 70° Est, note come correnti delle Agulhas, sono difficili perché creano vortici e onde da tutte le direzioni che bloccano l’avanzare della barca".
Il percorso verso la Tasmania è ancora lungo e, purtroppo, le previsioni meteo non sono incoraggianti. I sistemi di bassa pressione continuano a rincorrersi con una velocità impressionante e le onde non accennano a placarsi. Lo skipper dovrà dribblare questi sistemi per evitare di essere colpito frontalmente e, nel frattempo, preservare la barca e le sue forze.
"Guardo verso sud sperando in una finestra per scendere verso la Tasmania, ma una grossa depressione è già in arrivo per la fine della settimana. Ora devo concentrarmi molto sul presente per riuscire a portare l’imbarcazione su questo mare che è davvero “arrabbiato”: si avanza con grande fatica perché la barca parte dei surf mostruosi per poi andare a sbattere nell'onda davanti. Sono condizioni complesse dove non si riesce ad accelerare, bisogna andare al ritmo delle onde. È necessario avere pazienza, accettare che è così. Speriamo che dopo Capo Leeuwin potremo avere delle condizioni un po’ più clementi, per poter passare dalla sopravvivenza alla regata, perché per ora il rischio di rompere è importante”.
Credit: Press Giancarlo Pedote - Stefania Salucci
Redazione Velanet