«Sono in molti a dire che quello che facciamo è inutile, che non c’è modo di fermare l’avanzare della marea di devastazione a cui l’essere umano ha dato l’avvio. Sono in molti a condannare me e il mio equipaggio perché pretendiamo di dettar legge e sfidiamo i baroni e i loro profitti aziendali. Alcuni vorrebbero vederci in carcere, forse morti, meglio ancora, tanto sono accecati dall’orgoglio e dalla follia del proprio antropocentrismo. A me non importa. Sono un guerriero, e questo è il modo in cui un guerriero, anche quando la vittoria non è altro che un sogno, continua a combattere contro un destino avverso». Parole del Capitano Paul Watson, leader di Sea Sheperd Conservation Society che in Ocean Warrior. La mia battaglia contro lo sterminio illegale negli oceani (Mursia, pagg. 448; euro 18,00), in questi giorni in libreria, racconta in prima persona oltre quarant’anni di lotte in difesa della fauna e delle risorse del mare.
Nato e cresciuto sulle coste orientali del Canada che ha abbandonato da giovane per diventare marinaio, Capitan Watson è un pioniere dell’attivismo per la salvaguardia dell’ambiente: nei primi anni ’70 è stato uno dei soci fondatori di Greenpeace dalla quale si è presto allontanato in netta contrapposizione contro una strategia per lui troppo moderata e una politica volta «solo perpetuare se stessa». Nel 1977 ha così creato Sea Sheperd Conservation Society, di cui è presidente, l’organizzazione internazionale senza fini di lucro formata soprattutto da volontari, in prima linea ogni parte del mondo contro lo sterminio illegale di foche, balene, tonni, delfini, squali per la tutela dei quali progetta e realizza campagne di azioni dirette. A tutti gli effetti, vere e proprie battaglie navali non armate che sono documentate in questo libro a cominciare dallo speronamento in acque portoghesi della Sierra, «la più famigerata e più ignobile baleniera pirata» capitanata da ufficiali norvegesi (bottino stimato in oltre 25mila balene uccise) costretta a causa di un enorme squarcio a un forzato ritiro in porto (e a milionari costi di riparazione), provocato da Sea Sheperd, il peschereccio dei mari del Nord – 79 tonnellate di stazza, la prua rafforzata con il cemento per affrontare le acque ghiacciate – che è stata la prima imbarcazione dell’organizzazione.
«A dispetto di tutto quello che mi è stato fatto ed è stato detto di me», fa sapere Capitan Watson (che dal maggio scorso è confinato in Germania dopo essere stato arrestato per presunta violazione delle leggi sul traffico navali in Costarica) a chi lo accusa di essere un terrorista: «dal 16 luglio 1979, giorno in cui ho speronato la Sierra, io sono un uomo felice».
Credit: Ufficio stampa Mursia
Redazione Velanet