Caro Mario,
da 12 anni sono un semplice proprietario di un - credo ormai
trentennale – 4.20 (in società con un amico), una deriva che tengo a Bellano
sul Lago di Como.
Un’esperienza bellissima e indimenticabile (tra l’altro ho imparato anche
a farmi una doccia completa con meno di 2 litri d’acqua, sfruttandola goccia a
goccia!), dove dal secondo all’ultimo giorno di navigazione abbiamo sempre
avuto un forte meltemi che diventava forza 6-7 nel pomeriggio (noi ovviamente
partivamo prima dell’alba e trovavamo approdo poco dopo metà giornata e del
“forza 6” subivamo solo la “coda” mentre ci si riparava in rada!).
Altre esperienze marine non ne ho... Però è bello sognare. E, caro Mario,
a leggere gli scritti tuoi e degli altri pivieristi si sogna!
Ad esempio, mi piacerebbe, fra un po’ (rimando sempre il momento della
patente nautica per mancanza di tempo)... prendere una barchetta come il
Piviere e, dopo qualche vacanza per farmi esperienza in Toscana, scendere la
Costa Azzurra e risalire il Rodano, a tappe, un pezzo alla volta ogni anno.
Per poi magari in un decennio arrivare per canali in Olanda o attraversare la
Manica e costeggiare la Cornovaglia arrivando a Bristol, da amici, pure
appassionati velisti. Da due lustri tengo appesa, dietro la mia scrivania di
casa, un cartina VNF – Voies navigables de France... e sogno!
Ho l’amico Paolo che proprio di questi tempi ha messo in vendita la sua
Effemera in quel di Lefkas. Ma trattandosi di un 35”, per ogni manutenzione,
gli dovrei sempre dedicare molto del mio tempo... meglio il parsimonioso
Piviere come lo decantava Mancini!
‘ironia è che io, da che mi ricordi, soffro di mal di mare, magari in
modo non eclatante, ma è comunque una situazione di continua nausea. Quando
però una cosa piace – come l’andare per acqua – sono sempre un temerario e
accetto anche di vivere con un certo livello di nausea pur di andarci.
Mi capita quando esco con la mia deriva: torno a terra la sera e...
incomincio a sentirmi “il mal di terra” (mi han detto che si chiama così!)
quando mi siedo per cena. Mi capita quando vado a fare le immersioni dalla
barca, quando vado in kayak, in rafting, in hydrospeed... Insomma: ormai ci ho
fatto l’abitudine e non prendo neanche più le pastiglie.
Per i primi giorni, su Effemera, avevo provato il cerotto alla
scopolamina, ma non mi stava attaccato e avevo dovuto appiccicarlo con una
fascia di cerotto aggiuntivo. Al terzo giorno di mare mosso avevo dovuto
sporgermi dalla falchetta, sottovento e... liberatomi, avevo detto
agli amici: “mi sono schiarito la voce!”. Solo in serata, convinto da mia
moglie al cambio di cerotto, avevamo scoperto tra l’ilarità generale che
l’avevo messo al contrario e quindi non aveva fatto effetto per quel motivo! E
da quel momento in poi avevo anche deciso di farne a meno: se avevo affrontato
i primi giorni di quel mare senza copertura di scopolamina, scoprendo che non
era poi così terribile avere un po’ di nausea in pianta stabile, mi bastava
vivere le esperienze nautiche - uniche e interessantissime – per non pensar
troppo al mal di mare; e poi, un pezzo di pane secco aiutava a tener a bada la
salivazione...
Poi ho capito: per natura devo avere il “labirinto” molto sensibile e
ogni uscita in acqua – anche se di poche ore – la smaltisco appieno solo dopo
un paio di settimane di terra. Quindi, ho concluso, vale di più la pena farmi
una mese di navigazione (e 15 gg per il recupero dell’equilibrio) che solo
qualche misera ora di barca e poi due settimane di “mal di terra”. Giusto, no?
Da bambino – intendo negli anni ‘63-‘66 – andavo coi miei tra Molino a
Fuoco e Capo Cavallo, nel comune di Cecina (credo che adesso la zona si chiami
Mazzanta, proprio a ridosso del Bar Tahiti, che purtroppo vidi bruciare un
dopo pranzo negli anni ‘70 il giorno che, passato ormai un decennio, eravamo
tornati – babbo, mamma e io – a trovare gli amici di un tempo). Stavamo
alloggiati in un bungalow nella pineta, con tanto di concessione demaniale,
che ci veniva affittato da persone di Siena. In una valletta a fianco, sempre
nella pineta, annualmente venivano a campeggiare – anche loro con regolare
concessione – un folto gruppo di “bresciani”, con Ago – Agostino – un
giovanotto atletico con grandi doti di apneista, che raccoglieva i ricci dagli
scogli antistanti e faceva fare grandi scorpacciate a tutti.
In totale ci ho passato almeno 4 o 5 mesi della mia vita. Ed è forse uno
dei motivi per cui chiamo babbo mio padre, a differenza degli altri della mia
zona che usano il termine francese “papà”!
La Toscana mi è sempre rimasta nel cuore. In effetti nel ‘62 avevo
iniziato con Marina di Donoratico e – dopo la parentesi successiva alla
Mazzanta – ero stato ancora nel ‘72 e nel ‘78 a Bibbona, questa volta in
campeggio.
Ci sono tornato l’anno scorso, a Marina di Castagneto, in camper, con
moglie e figlia (allora di 8 mesi). E ci torneremo ancora.
Quindi, caro Mario, mi segno con piacere il tuo cellulare e la località.
Se nei prossimi anni siamo nei paraggi, vedo di chiamare e di fare un salto -
se non disturbo – a vedere il Piviere “migliorato”.
Mi spiace di non avere capacità nautiche per provarlo, al momento, sia
come esperienza che come allenamento. E neanche la possibilità di farti una
proposta economicaMi limiterò a sognare...
Ho dato un’occhiata al tuo sito personale e l’ho trovato avvincente.
Ritornerò ancora a riguardarmelo... nelle fredde e brumose sere invernali qui
al nord!
Grazie ancora, a presto e buon vento!
Oliver (54
anni)