Lo scafo e le attrezzature
Progettazione degli scafi Ogni nuova imbarcazione è frutto di un lungo processo di ricerca e sviluppo. Generalmente ormai lo studio iniziale viene condotto su computer utilizzando dei velocity Prediction Programmes (VPP) che permettono di disegnare la carena dell'imbarcazione, di verificare la reazione dello scafo alle sollecitazoini a cui sarà sottoposto, di analizzare la tenuta dei materiali ed inserire molteplici fattori esterni, primo fra tutti le condizioni meteorologiche. In un secondo stadio un modellino in scala ridotta viene immesso in una specie di galleria del vento, la cosiddetta vasca navale al fine di sperimentare la condotta dell'imbarcazione e prevederne le prestazioni una volta in mare. L'ultima fase dello sviluppo infine si svolge in mare dove si effettuano una serie infinita di valutazioni con l'ausilio di strumentazioni di bordo d'avanguardia, sensori disseminati su tutta l'imbarcazione permettono di registrare il carico e gli attriti sulle scotte, l'angolo del timone, i dati sul vento, ... In questo modo viene creata un'immensa banca dati su computer dove vengono memorizzati tutti gli elementi necessari per determinare il giusto assetto della barca.
Materiali per l'ingegneria nautica  

La storia dei materiali utilizzati per alberi e scafi è legata a filo doppio con quella dell'America's Cup da sempre esposizione e palestra delle nuove tecnologie veliche (e non solo veliche).

I primissimi scafi di Coppa America erano costruiti in legno ed acciaio, agli inizi del secolo irruppe l'alluminio che è acora oggi resta il principale materiale per la costruzione degli alberi sia dal punto di vista del costo che da quello dell’affidabilità e delle prestazioni. La maggior parte dei progettisti conosce perfettamente la reattività di un albero in alluminio e l’abbondanza di sezioni e rastremazioni diverse può fornire ai velisti un’ampia varietà di scelte.

L'alluminio ha resistito ai massimi livelli fino ad una decina di anni fa quando i neozelandesi si presentarono alle regate di Coppa America con un'imbarcazione in fibra di vetro.

L'ultima rivoluzione è stata contrassegnata dall'utilizzo della fibra di carbonio, introdotta per la prima volta sulle barche americane che hanno partecipato all'edizione di San Diego del '92. Questa tecnologia è stata sfruttata poi in svariati campi, dalle automobili di Formula 1ai vagoni del TGV in Francia, di essa ne ha beneficiato perfino la Boeing che si è avvalsa degli studi aereodinamici effettuati dai progettisti dell'America's Cup per modificare la forma della fusoliera ed il profilo alare dei propri aerei.

L'utilizzo della fibra di carbonio consente di raggiungere il miglior equilibrio tra solidità e leggerezza, la tecnica attuale per la costruzione degli scafi consiste nel riscaldamento ad alte temperature di due stampi in fibra di carbonio al cui interno viene creata un'anima dello stesso materiale. Anche per quanto riguarda gli alberi il carbonio permette un considerevole risparmio di peso a parità di rigidità rispetto all’alluminio in quanto ha una maggiore resistenza ai carichi di compressione. Ulteriori risparmi di peso sono ottenuti ricorrendo ad una sezione non uniforme, più larga nelle aree destinate a sopportare i carichi maggiori, ridotta in altri punti. Al momento il maggiore punto debole degli alberi in carbonio è rappresentato dal costo elevato.

Realizzare la parte terminale dell’albero in fibra di vetro è una delle tendenze più diffuse, gran parte dei nuovi skiff è armata con alberi in alluminio fino all’altezza dei ganci del trapezio e fibra di vetro in testa. In condizioni di vento forte il terminale in fibra di vetro si piega all’indietro e leggermente sottovento scaricando potenza nella parte alta della randa. Questo effetto di "risposta alla raffica" rende la barca più facile da manovrare in quanto permette un minor lavoro con la scotta. La chiave risiede nell’elasticità della parte alta dell’albero che ritorna in assetto alla fine delle raffiche stirando la randa e pertanto chiudendone la balumina restituendo così potenza alla vela.

Preparare la barca

Ma scendiamo con i piedi per terra, ora cercheremo di descrivere l'armamento degli skiff più diffusi (Laser 4000 ed Iso), ci siamo attenuti alle cose più semplici, diversi dettagli possono variare a seconda della barca utilizzata. Gran parte delle derive sono comunque soggette a rigide regole di classe che lasciano poche opportunità per migliorare la disposizione delle attrezzature e delle regolazioni. Anche qui però si trovano imbarcazioni preparate meglio di altre. Le principali aree che possono essere oggetto di semplici interventi sono:

  1. la riduzione dei pesi

  2. l’eliminazione degli attriti

  3. la semplificazione delle manovre

Ogni variazione deve comunque essere apportata nel pieno rispetto dei regolamenti di classe.

Regole di classe e classi open

La maggior parte delle classi ha regolamenti rigidi, nel lavoro di ottimizzazione bisogna attenersi agli interventi consentiti, un guadagno "sporco" non vale!

Nelle classi in cui è lasciata possibilità di scelta nel design degli scafi o delle vele bisogna comunque iniziare con le regolazioni standard prima di sperimentare qualsiasi intervento. Nove volte su dieci gli standard sono un ottimo punto d’arrivo: è proprio questo il motivo per cui sono stati universalmente riconosciuti come standard!

Primo: ridurre il peso

I migliori velisti sono sempre particolarmente attenti all’ottimizzazione del peso delle loro imbarcazioni. Quasi sempre la maggiore fonte di peso è rappresentata dalle infiltrazioni di acqua. Se tenete la vostra barca all’aperto vale la pena investire in un telo di copertura affidabile ed a tenuta d’acqua. Inoltre è consigliabile asciugare periodicamente la barca con un asciugatore o, meglio ancora, un deumidificatore.

Individuate ed eliminate prontamente ogni infiltrazione (un litro d’acqua significa un chilo di peso!). I punti di saldatura sono i principali responsabili delle infiltrazioni e pertanto dovrebbero sempre essere sigillati accuratamente con del silicone. Per individuare le infiltrazioni cospargete di acqua saponata le aree sospette (giunture, riparazioni, punti di contatto). Vi consigliamo di dedicare particolare cura a queste attività anche se la vostra barca è - come la maggior parte degli skiff, di tipo autosvuotante.

Nelle imbarcazioni con scassa di deriva (come i 420 o i 470) fate attenzione a non danneggiarne le protezioni strisciando la chiglia sul suolo.

Dedicate una particolare attenzione alle prese d’acqua, utilizzate dei buoni tappi gomma ed avvitateli sempre bene.

Ogni riduzione di peso nelle parti terminali dell’imbarcazione (a prua, a poppa, in testa d'albero) è particolarmente efficace in quanto porta netti miglioramenti nella linea di galleggiamento della barca.

Infine cercate di ridurre la quantità di acqua ritenuta da drizze e scotte utilizzando cime sottili e materiali che assicurino il minimo assorbimento (Spectra, Dynema, ecc.). Potete rendere ancora più sottili le cime lasciandone solo il rivestimento esterno agli estremi (purchè non siano parti che manovrate o utilizzate per dare volta) ma attenzione a non sacrificare le prestazioni, in particolare la resistenza agli attriti.

Secondo: ridurre gli attriti

Gli attriti possono essere motivati da diverse situazioni, tra le principali:

  • Un circuito sbagliato porta la cima a strisciare nelle guide

  • Una cima troppo grossa per il circuito

  • Degli strozzatori troppo piccoli o usurati (non durano in eterno)

Eliminare gli attriti facilità molto la manovrabilità e fa si che le cime durino più a lungo riducendo così la necessità di lavori di manutenzione.

Dedicate particolare attenzione agli attriti sulla drizza dello spinnaker: una drizza più sottile e due nuovi strozzatori spesso sono sufficienti per evitare attriti ed essere in grado di ammainare lo spi in modo più rapido efficiente. E’ particolarmente importante (soprattutto nelle imbarcazioni con bompresso e spi asimmetrico) coprire con del nastro adesivo tutti i punti di regolazione a prua dove lo spinnaker potrebbe impigliarsi e strapparsi.

Terzo: semplificare le manovre

Mantenete il pozzetto più sgombro e le regolazioni più semplici possibile, avere sistemi troppo complicati solitamente porta alla spiacevole necessità di gestire delle avarie nei momenti critici.

Potete tenere in tensione con degli elastici i dormienti delle cime per avere un pozzetto sempre sgombro e prevenire nodi ed aggrovigliamenti accidentali (sempre che il sistema stesso di elastici non vi porti a correre lo stesso rischio).

Una soluzione ingegnosa suggerita da John Merricks e Ian Walker: giuntare la scotta di randa al vang e quella del fiocco al cunningham così che entrambi possano venere regolati anche dal trapezio.

Oltre alle scotte considerate con attenzione tutte le regolazioni che utilizzate frequentemente in navigazione: i rimandi del vang, del cunningham e del tesabase dovrebbero sempre essere a portata di mano sia quando siete in piedi sulla barca sia quando siete al trapezio.

Tutte queste attrezzature, come pure le cinghie, devono essere controllate regolarmente e rinnovate frequentemente

Ricercare la massima affidabilità

La gestione di emergenze è una delle scuse più popolari tra i derivisti per giustificare una manovra riuscita male ma nella maggior parte dei casi queste situazioni sono facilmente evitabili:

  • Ricoprite con del nastro adesivo tutte le sporgenze, i grilli, le coppiglie per ridurre al minimo la possibilità che questi si aprano o che le vele vi si impiglino e si strappino

  • Controllate regolarmente le piccole dotazioni della barca (viti, grilli, coppiglie, strozzatori, agugliotti del timone, ganci del trapezio, cinghie ed elastici) in particolare dopo uscite con vento forte

  • Rimpiazzate le cime non appena queste vi sembrano usurate. Potete provare a risparmiare denaro accorciando o invertendo le cime di tanto in tanto per spostare i punti di usura

  • Portatevi sembre in barca un pezzo di cima di scorta (preferibilmente già con una gassa ad un capo per risparmiare il tempo di un nodo) da utilizzare nel caso qualcosa si rompa.

La cura della chiglia Ci sono diverse opinioni sulla forma del flusso laminare dell’acqua attorno ad una deriva e di quanto importante sia una finitura perfetta della chiglia. Alcuni sono pronti a giurare sulle performance di una chiglia leggermente ruvida mentre altri fanno di tutto per lisciarla come seta. In generale comunque una chiglia dovrebbe essere quantomeno:
  • Giusta, senza graffi, scheggiature o piccole botte

  • Pulita, potete sgrassare periodicamente chiglia, timone e deriva con detersivo per piatti o Cif.

Per inciso: il tizio che vedete qui a fianco intento a lisciare una chiglia è Dave Ovington, un buon velista ma soprattutto il migliore costruttore di 49er e 18 piedi d'europa (e forse del mondo).

Vale veramente la pena investire in buone sacche di protezione e fare molta attenzione a timoni e derive anche quando sono all’asciutto. Un buon carrello d’alaggio con molte protezioni è un investimento fondamentale altrimenti tutto il duro lavoro di manutenzione sarà semplicemente inutile.

Dave Ovington che liscia una chiglia
L’albero Tra i molti fattori che si combinano per determinare le prestazioni di una barca il più importante è senza dubbio la combinazione albero-randa.

Le qualità di un albero sono definite principalmente da:

  • La durezza o rigidità (calcolata in IMCS, un albero di 30 IMCS è piuttosto rigido, uno di 20 è decisamente flessibile)

  • La nervosità (rapidità con cui riprende la forma iniziale dopo uno sforzo)

    Un albero flessibile e morbido ammortizza le raffiche, un albero rigido e nervoso risponde trasmettendo rapidamente ciò che riceve dal vento: si tratta di una differenza ben conosciuta dai surfers!

    Prove effettuate in galleria del vento dimostrano che l'ingombro dell'albero modifica sfavorevolmente il rendimento della randa ma la ricerca di un albero sottile è mediata da almeno due ordini di priorità. La prima, ovvia, riguarda la relazione inversa tra diametro e resistenza dell'albero, la seconda - ancora più importante - riguarda la forma dell'albero stesso che influenza il rendimento più pesantemente che non le dimensioni (è il caso ad esempio degli alberi alari).

Preflessione sull'albero di un 49er
Peso e Superfici esposte al vento

La resistenza causata dalle superfici esposte al vento è chiaramente sperimentabile cercando di disarmare un albero da soli in una giornata di vento.

Non a caso la prossima rivoluzione in termini di progettazione di alberi dovrebbe essere rappresentata dagli alberi alari. Realizzati naturalmente in fibra di carbonio si tratta di alberi autoportanti, senza crocette e senza sartie che potranno portare un enorme vantaggio in termini di riduzione degli attriti, facilità di manovra e sfruttamento ottimale del flusso d'aria sulle vele.

Nel vostro piccolo cercate sempre di minimizzare le superfici esposte al vento, sistemate tutto con estremo ordine e nel modo più lineare possibile

Sartiame  

Il sartiame e gli armamenti di un imbarcazione sono uno degli argomenti più complessi da affrontare, potete cliccare sulle PagineGialle per passare in rassegna i principali armamenti adottati sugli skiff.

Qui di seguito commentiamo con John Merricks e Ian Walker l'armamento ad un ordine di crocette, sistema utilizzato sullla stragrande maggioranza degli skiff e delle derive con spinnaker non armato in testa d’albero.

  • L' angolazione delle crocette è la regolazione principale per controllare la flessione dell’albero. Portare le crocette all’indietro darà una maggiore flessione all’albero e viceversa.

  • La lunghezza delle crocette controlla la flessione laterale dell’albero. Crocette più lunghe aumentano la rigidità laterale dell’albero, accorciare le crocette diminuisce il supporto all’albero e ne permette la flessione sopravento (aprendo la balumina e scaricando potenza).

  • Le sartie principali e la drizza del fiocco determinano la preflessione e la tensione dell’armamento.

  • La drizza del fiocco regola la tensione dell’armamento, la preflessione e la forma della balumina del fiocco.

  • Le sartie basse raddrizzano e rinforzano la parte bassa dell’albero e la supportano lateralmente, si fanno carico della maggior parte della forza esercitata dal vang o dallo gnav.

  • Le mastre, comunissime nelle derive (come nei 420/470) servono a regolare la flessione prua/poppa della parte bassa dell’albero. Con molte mastre il piede dell'albero è bloccato a prua e può flettere longitudinalmente solo nella parte alta, la vela dunque resta grassa in basso e magra in alto; viceversa senza mastre l'albero può flettere e smagrire la vela lungo tutta la sua altezza

 

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