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Nautica, quale futuro? di Alfredo (05/12/2008 19:00:39) vinceland@virgilio.it

Ho letto l’articolo di Francesco Lenzi sulla nautica carrellabile, che ritengo condivisibile da tutti i punti di vista; mi piacerebbe solo aggiungere qualche osservazione.
In una società di tipo occidentale, così come la conosciamo, le attività ludiche si possono diffondere su larga scale se si verificano due fattori: il primo, meno importante, un certo sviluppo economico generale; il secondo, indispensabile, un equilibrio di risorse economiche fra la popolazione. Se c’è un forte squilibrio fra chi ha molte risorse e gli altri, prima o poi il sistema crolla. Ed è successo più di una volta, portando come risultato guerre civili o addirittura mondiali.
Attualmente siamo nella fase dello squilibrio che, a causa della volontà e della forza di pochi sta creando l’autodistruzione della società che vogliono dominare.
Il problema non è poter permettersi o meno una spesa, ogni buon padre di famiglia farà quello che riterrà possibile fare. Sappiamo tutti che lo sviluppo della nautica degli anni 70 c’è stato grazie ai fattori posivi sopra citati, che hanno spinto progettisti è imprenditori a inventare nuove barche, più semplici, più leggere, più economiche, con l’uso del compensato marino e gli scafi a spigolo, e poi con la vetroresina.
Nonostante il progresso tecnologico notevole, da quegli anni, la piccola nautica è praticamente scomparsa, ma proprio perché è finito un perido di sviluppo e di equilibrio sociale, più o meno valido.
Per cui questo progresso, non è stato applicato sulle barche piccole, proprio per una mancanza di richiesta che ha inibito completamente l’offerta. Le barche piccole sono care all’acquisto e nella gestione quasi come quello più grandi. Quelle carrellabili, salvo l’eccezione polacca e con i suoi limiti, hanno gli stessi problemi.
Eppure, da un punto di vista tecnologico, il futuro è già tracciato.
Dal 2010 ci saranno le prime autovetture ibride a prevalente propulsione elettrica grazie alle nuove batterie, che avranno probabilimente una maggiore capacità di traino.
Le fibre di carbonio e simili consentono pesi già ridotti, occorre solo una industrializzazione del prodotto, che ora è assente.
Nuove barche potranno essere progettate, meno costose, e magari già integrate col proprio carrello. Basta guardare i siti americani e le barche della Com-pac, per gli alberi abbattibili o altri per la zavorra parzialmente ad acqua.
Ma fondamentalmente, tutte queste cose, già sperimentate anche da noi (Sergio Abrami e l’Aria 28 uldb) sono inutili.
Perché inutili? Perché presuppongono una cultura del mare e della nautica che non abbiamo a livello diffuso. Quando si dice che gli italiani sono un popolo di automobilisti del mare, non facciamo che riconoscere una verità. E non possono essere le gare, il tifo di tipo calcististico, come ci raccontavano ai tempi della saga di Azzurra o di Luna Rossa, che cambiano le cose, anzi ci ricoprono di ridicolo.
Ed è un peccato, perché cultura della vela è prima di tutto rispetto per il mare, per la costa, per i laghi, per i fiumi, e quindi per la nostra terra e quindi la nostra vita. Ma per fare questo ci vuole tempo e impegno. Noi, nel nostro piccolo, stiamo funzionando da catalizzatore, grazie alla passione , all’esperienza di alcuni, messa gratuitamente e senza presunzione, a favore di tutti gli altri.

La vela oggi è così:
Alcuni regatanti sugli Optimist, generalmente figli di appassionati;
pochissimi, ma bravi regatanti sulle classi olimpiche o paraolimpiche
pochi regatanti della domenica su cabinati da crociera, che accompagnano armatori che fanno la crociera in estate con la famiglia.
Resta un numero limitato di appassionati di piccole barche, composti più o meno così
Autocostruttori, che spessono riescono a produrre oggetti di grande pregio;
Riparatori, quelli che prendono barche molto usate, affrontando tutte le magagne;
Restauratori o semi restauratori, quelli che riportano a nuova vita i rottami.
Non dico altro se no mi tocca citare tutto il glossario del Piviere fatto da Mario.
Non sembra, ma sono molto ottimista, invece.

Ciao a tutti

Alfredo

di giuseppe (05/12/2008 23:23:35) bigo12@alice.it

Prendo spunto dalle considerazioni di Francesco e da quelle di Alfredo per concordare con quest'ultimo sul fatto che la crisi porterà ad un ridimensionamento di molti, ma aumenterà anche il divario tra “ricchi” e “meno ricchi” per cui, paradossalmente, potrebbe aumentare il trend degli ormeggi a caro prezzo: infatti i “gestori” di determinate categorie di divertimento (ad es porti ed ormeggi ), vedendo diminuire i potenziali clienti aumenteranno i costi ai rimasti i quali, anziche' lamentarsi, si compiaceranno di pagare di piu' sentendosi, in questo modo, sempre piu' d'elite. E' un effetto già da diversi anni rilevato su mercati piu' "poveri" del nostro.

Cio' premesso, l'unico modo per poter esistere e trarre giovamento dalla vela carrellabile, è costituire una sorta di “massa critica” capace di farsi sentire e di orientare le scelte dei (forse pochi) gestori/imprenditori che capiranno che puo' essere redditizio anche un certo target di clientela che, ricordiamolo, non è detto che scelga la barca carrellabile (o piccola) solo per costrizione, ma anche per scelta (visto alcuni vantaggi che essa comporta).

Un esempio, in un campo completamente diverso, puo' essere quello che accadde intorno alla meta' degli anni 90 con i telefonini: inizialmente le società telefoniche quasi snobbavano chi utilizzava il cellulare solo per dire “ ciao mamma, stai tranquilla, siamo arrivati a destinazione!” (tanto per fare un esempio di frase breve che genera poco traffico telefonico). Poi si accorsero, che milioni di frasi del genere, messe insieme, potevano generare piu' traffico di quello generato dall'utenza business (considerata pregiata) e ora tra i clienti piu' corteggiati dai gestori ci sono sicuramente i giovanissimi che, per definizione, non è che siano proprio ricchi!

Credo che la metafora sia chiara: se i possessori di piccole barche fossero piu' "connessi e coesi", insieme constituirebbero comunque una forza, anche economica, non proprio indifferente, e, probabilmente, le cose potrebbero cambiare. (Oltretutto ci potrebbe essere anche un effetto di trascinamento per quelli che attualmente esitano essenzialmente per i problemi legati al posto barca)

Sicuramente c'e' poi l'aspetto culturale, ma, anche in questo caso, quello che prima avveniva in decenni ora avviene in mesi e non e' mai troppo tardi.

Quindi una soluzione possibile (e comunque praticabile) è, secondo me, quella di condividere sempre di piu' opinioni, informazioni e conoscenze. In questo internet puo' essere di grande aiuto.

BV


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