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Naufragio di un trimarano in diretta di Francesco (12/10/2008 18:25:33) francescolenzi@tele2.it

Cronaca di un naufragio in diretta che dovrebbe porci diversi interrogativi. Su:
http://www.sailblogs.com/member/marinaiditerraferma/
di Fabio (13/10/2008 10:57:47)

Non ho capito bene quale sia stata la causa del naufragio: la rottura di una traversa?
In questo caso sarebbe la solita dimostrazione dei limiti sotto il profilo della sicurezza e dell'affidabilità dei multiscafi: corri corri e poi fai splasch.
Ciao a tutti.
Fabio
Scollamento di Francesco (13/10/2008 11:36:55) francescolenzi@tele2.it

No, sembra che le parti di collegamento si siano compromesse dopo, ma il problema che ha causato il naufragio è stato il vero e proprio scollamento della carena dello scafo laterale. Si vede dalla foto con il galleggiante, che non c'è più, mentre dalla parte dove sono seduti i genitori (e la madre sofferente) c'è ancora. Ma al di là del discorso relativo ai multiscafi ci sono diversi interrogativi che bisogna porsi:
1) con venti nodi di vento non si porta il salvagente? Voi come vi regolate? Io normalmente quando il vento supera i 12 - 13 nodi obbligo ad indossarlo;
2) legarsi alla barca. Può essere pericoloso? Voi lo fate? Io mai fatto. Avete l'attrezzatura idone a bordo?;
3) con venti nodi di vento, dormire in cabina, Voi lo fareste?
4) telefoni per il soccorso tutti in cabina (solo casualmente il ragazzo ne aveva uno in mano perché era anche GPS). Voi lo fate? Io si;
5) Siete così certi che la vostra barca, sottoposta alle sollecitazioni meccaniche estreme della classe C, 2 metri d'onda, 5-6 Beaufort, non potrebbe avere problemi di tenuta dello scafo e dei giunti meccanici? Io non saprei;
6) l'Astus 20 è inaffondabile. Se non lo era, l'equipaggio naufragato nei 45 minuti di tempo per l'arrivo dei soccorsi non avrebbe fatto in tempo a morire?
7) il cantiere che ha prodotto il trimarano scarica la colpa sul locatario della barca asserendo che non aveva provveduto a trasportarla correttamente e quindi si era compromessa. Ritenete che possa essere una cosa possibile?
8) lo skipper asserisce invece che questo tipo di barca dovrebbe essere declassata da C a D. Ma non ci potrebbe essere una via di mezzo tra 2 metri d'onda, 20 nodi di vento, sei miglia dalla costa e 0, metri d'onda, 1 miglio e 10 nodi di vento? Esempio (1 metro, 3 miglia, 15 nodi), Che ne pensate?
Insomma le domande sono tante.
di Fabio (13/10/2008 14:11:16)

Le questioni che poni mi attizzano.
Ecco le mie risposte, sperando che si apra una bella discussione.
“Sembra che le parti di collegamento si siano compromesse dopo, ma il problema che ha causato il naufragio è stato il vero e proprio scollamento della carena dello scafo laterale”.
Questo è un problema veramente di fondo: è frutto della mania di fare barche sempre più leggere ed economiche (per chi le costruisce, non per chi le compra).
“con venti nodi di vento non si porta il salvagente? Voi come vi regolate? Io normalmente quando il vento supera i 12 - 13 nodi obbligo ad indossarlo”.
Con venti nodi di vento non si esce con una barchetta: prudenza e senso del limite sono le doti del vero marinaio
”legarsi alla barca. Può essere pericoloso? Voi lo fate? Io mai fatto. Avete l'attrezzatura idonea bordo?”
In generale lo vedo come una cosa pericolosa: l’ho fatto una sola volta, ero da solo in barca con mio figlio piccolo; c’era un bel vento teso ed avevo paura di cadere a mare lasciandolo solo in barca. Non avevo attrezzature adeguate: ho preso una cimetta, me la sono legata in vita, ho filato 7/8 metri e l’ho assicurata ad una bitta.
”con venti nodi di vento, dormire in cabina, Voi lo fareste?”
Se uno va in giro con un piccolo catamarano a noleggio (che certamente non conosce bene) con venti nodi di vento e scende in cabina, oltre ad aver fatto una pazzia fa anche una scemata.
”telefoni per il soccorso tutti in cabina (solo casualmente il ragazzo ne aveva uno in mano perché era anche GPS). Voi lo fate? Io si”
Da quest’anno ho preso l’abitudine di mettere il cellulare in un marsupietto ben chiuso, attaccato con un moschettone ad un anello nel pozzetto. E’ comodo e può essere utile all’occorrenza (anche se di solito questa comodità serve a rispondere alle chiamate che mi arrivano … dall’ufficio mentre sto facendo un bel bordo!)
”Siete così certi che la vostra barca, sottoposta alle sollecitazioni meccaniche estreme della classe C, 2 metri d'onda, 5-6 Beaufort, non potrebbe avere problemi di tenuta dello scafo e dei giunti meccanici? Io non saprei”
Tutto ha un punto di rottura. Se si va in giro con una plasticaccia di quelle che vanno oggi per la maggiore, il punto di rottura è vicinissimo.
”l'Astus 20 è inaffondabile. Se non lo era, l'equipaggio naufragato nei 45 minuti di tempo per l'arrivo dei soccorsi non avrebbe fatto in tempo a morire?”
Si fanno barche che stanno insieme con lo sputo. Per fortuna qualcuna la fanno inaffondabile.
”il cantiere che ha prodotto il trimarano scarica la colpa sul locatario della barca asserendo che non aveva provveduto a trasportarla correttamente e quindi si era compromessa. Ritenete che possa essere una cosa possibile?”
Non lo so. So solo che se fosse stato un motoscafo avrebbe potuto anche rompersi durante il trasporto, ma il danno si sarebbe visto subito.
”lo skipper asserisce invece che questo tipo di barca dovrebbe essere declassata da C a D. Ma non ci potrebbe essere una via di mezzo tra 2 metri d'onda, 20 nodi di vento, sei miglia dalla costa e 0, metri d'onda, 1 miglio e 10 nodi di vento? Esempio (1 metro, 3 miglia, 15 nodi), Che ne pensate?”
Tutte le classificazioni hanno dei limiti. Personalmente trovo tuttavia assurde quelle attuali basati su altezza dell’onda e velocità del vento. A parte il fatto che, specie le barche più piccole non sono dotate di anemometro e che quindi si va ad occhio e che sempre ad occhio si va per l’altezza delle onde, è noto che il tempo può mutare anche molto rapidamente (quest’estate ho visto arrivare un temporale con raffiche impressionanti nel giro di neppure mezz’ora). Una certificazione non può mai sostituire il buon senso del marinaio. Non può valere il principio che siccome la barca è certificata fino alla condizione X allora io ho diritto ad usarla fino a che non si raggiunge quel limite. E’ la solita visione legalistico-burocratica (quello che conta è che le carte siano a posto) e consumistica (ho fatto 200 km per farmi una veleggiata quindi esco comunque) della nautica moderna.
Ciao.
Fabio
Tutti argomenti da approfondire .... di Francesco (13/10/2008 16:42:34) francescolenzi@tele2.it

Quello che mi salta per prima cosa all'occhio e che condivido solo in parte è il discorso dell'economia. La vela si è potuta espandere come uno sport popolare perché si sono iniziate a costruire barche che costassero poco: Corsaire, Capcorse e infine ... lo stesso Piviere. Il compensato marino è il materiale economico di allora che poi è stato sostituito dalla vetroresina. Se la nautica moderna si fosse dovuta fare con i maestri d'ascia oggi non ci sarebbe il problema della portualità. Il principio fondamentale di qualsiasi ingegnere è quello di ottenere il massimo rendimento al minor costo. E questo è anche il principio che vale nella nautica moderna. Io non mi soffermerei troppo, come comunque te stesso hai fatto capire i più punti della tua risposta, sulle cause dell'incidente che possono essere molteplici e a noi sconosciute, quanto sul principio della sicurezza. Se qualcuno ha inteso che era mia intenzione approfondire aspetti tecnici relativi all'imbarcazione naufragata, ebbene questo non era il mio intendimento, quanto nel riflettere sul fatto che siamo tutti esposti a dei pericoli e bisogna essere preparati. Questo è il principio fondamentale della sicurezza: essere preparati a qualsisi evento accada. Ho notato infatti che, nonostante l'indiscuitibile esperienza dello skipper e dell'equipaggio del trimarano, e al di là delle cause che hanno generato l'evento, ci sono diverse carenze di contorno che avrebbero potuto causare una vera e propria tragedia. Le ho già fatte notare nel post iniziale e su queste varrebbe seriamente la pena discutere.
di Fabio (13/10/2008 17:26:00)

Forse, attizzato dai quesiti puntuali che avevi posto, che trovo tutti davvero interessanti, ha fatto perdere il senso complessivo della mia risposta.
E' verissimo che negli anni 60-70, la comparsa dei nuovi materiali ha consentito di abbattere il prezzo delle barche creando la nautica di massa. Questo ragionamento oggi sta in piedi fino ad un certo punto. La diffusione dei nuovi materiali ha infatti ucciso i piccoli cantieri artigianali che (posso dirlo per esperienza diretta) ancora alla fine degli anno 70 erano in grado di realizzare delle ottime piccole barche da pesca in legno a prezzi poco più alti della produzione di serie, con la differenza che una barca di legno, se ben tenuta, dura 100 anni e conserva quindi il suo valore nel tempo molto meglio di una barca in VTR (a maggior prezzo corrispondeva effettivamente più valore). Oggi il legno è riservato alla produzione di elite, mentre le barche normali in VTR e simili hanno, da nuove, un prezzo poco corrispondente al reale valore intrinseco del prodotto. Ma si tratta ovviamente di una mia personalissima e opinabilissima opinione.
Quanto alla prudenza e alla sicurezza, constato un fatto: è rarissimo che un diportista a vela (non parlo quindi dei professionisti che circumnavigano il polo sud) incorra in qualche grave incidente e, quando capita, succede quasi sempre a presunti espertissimi marinai.
Io che non ho fatto Glenans e neppure Caprera non permetto MAI a NESSUNO di stare sottocoperta quando navigo a vela con la mia barchetta, obbligo i bambini a mettersi i giubbotti di salvataggio o, almeno, a tenerli a portata di mano, etc.
Ciao.
Fabio
Barche moderne di Francesco (13/10/2008 17:54:08) francescolenzi@tele2.it

Fabio, sai benissimo quanto mi piacciono le barche clssiche, le adoro. Però.....! Nelle barche moderne oggi c'è il poliprpilene, che serve a non farle affondare. E vero, sono più fragili, ma forse anche più sicure. Certo ogni tipologia di barca ha dei limti, anche se imporli ha poco senso. Più volte s'è detto che è più facile morire a 600 metri da riva che a 600 miglia. Io stesso mi ricordo di una volta girato Capo Vita all'Elba, all'improvviso da mare con le ochette ad onde altissime e non riuscire neppure a tornare indietro per paura di rovesciarsi. Sono momenti terribili in cui temi veramente di non rivedere il nuovo giorno. I temo della sicurezza sono ampi ed interessanti e certamente vale la pena di parlarne perché, a volte, bastano dei piccolissimi accorgimenti. per esempio, da ieri non terrò mai più il cellulare in cabina, e te mi hai dato un suggerimento di come tenerlo in pozzetto. E' già qualcosa.
mi ingaggio anch'io nella discussione... di Luigi (14/10/2008 00:19:51) luigi_papetti@yahoo.it

...speriamo di non scatenare la polemica!

Fabio, tutti rispettiamo il tuo amore per le barche di un certo tipo e la tua "sapienza" sul tema, si puo' dire che in Italia il tuo sito costituisce un vero riferimento. Pero' non è vero che le barche in legno durano 100 anni: io non ne conosco neanche una che abbia quella età! Anche se sono mantenute "a regola d'arte" il legno a contato con l'acqua è soggetto a marcire e nulla puo' arrestare questo processo che prima o poi avviene.

Nè è possibile evitare l'acqua, perchè una barca in legno fuori dall'acqua si scassa tutta, si rovina irreparabilmente.

Invece la vetroresina, della quale all'epoca della introduzione nella nautica non si conosceva il ciclo di vita, sta dimostrando di essere molto longeva.

Le barche prodotte negli anni sessanta e settanta poi erano fatte non lesinando la resina (che essendo un derivato del petrolio al tempo costava molto di meno in proporzione ad oggi).

E visto che il Piviere ce l'abbiamo sempre in testa...dei primi Pivieri in legno non si sa piu' nulla, probabilmente sono ritornati ad essere polvere...mentre dei Pivieri in VTR si conosce vita morte e miracoli fin dal primo costruito (a parte l'Armata che purtroppo giace da qualche parte sul fondale di Formia...)

Per quanto riguarda la sicurezza sottoscrivo le cose che avete detto, soprattutto Francesco.

Le misure di sicurezza a bordo non sono mai abbastanza, bisogna inculcare nella testa dei nostri familiari, dei nostri amici, insomma dei nostri compagni di veleggiata, il rispetto assoluto per il mare, quasi un timore reverenziale.

E in questo lo skipper, a bordo, deve essere quello che prima degli altri percepisce il pericolo ed avverte il suo equipaggio, come farebbe un buon papà con i suoi figli.

Per cui cellulare ben carico, giubbotti, life line etc...

Luigi
di Fabio (14/10/2008 16:01:24)

Mi rendo conto anch'io che talvolta posso apprire un po' passatista. Del resto anche la mia barca tradizionale è in vetroresina (anche se si tratta di VTR tosta) e se la vedesse Sciarrelli (che l'aveva progettata di legno) forse parlerebbe di "effetto Walt Disney".
Tuttavia..., tuttavia penso come Sciarrelli che sono barche solo gli oggetti galleggianti che hanno un'anima: il Piviere, ad esempio, ce l'ha perchè gliela data il suo progetteista e gliela danno tutti i giorni le centinaia di pievieristi che ancor oggi la amano. Un catamarano o qualsiasi altro oggetto galleggiante fatto senza amore solo per essere più veloce o costare poco, sarà magari utile o divertente, ma un'anima non ce la avrà mai.
Ciao a tutti.
Fabio
di Giovanni (14/10/2008 16:34:38)

Ho visto il video e complice la colonna sonora soprattutto della prima parte, mi sono immedesimato il quel babbo e la cosa non è stata piacevole.
Circa le considerazioni sulla sicurezza, oltre ad associarmi a ciò che è stato già detto, vorrei aggiungere che con un figlio non uscirei mai con quelle condizioni meteo.
Non mi venite a dire che il mare è variabile perchè a parte trombe d'aria che nascono improvvise, tutto, al giorno d'oggi è estremamente prevedibile e quindi se ti fai trovare, soprattutto con la famiglia in una situazione del genere, sei un coglione(vediamo se la parola passa il filtro).
Tanto più che ti sei andato a ficcare in un posto dove hanno impiegato un'ora prima di recuperarti.
Con un tempo così, con la famiglia non si esce, punto e basta.
Se proprio la situazione precipita, tutti legati, con i giubbotti e fare di tutto per trovare un riparo il prima possibile.
Un altro pensiero, mentre mi proiettavo nella situazione della famiglia, faceva capolino dentro di me.
Tutti ormai sapete del mio baco per l'autocostruzione e, guarda caso, sto progettando di costruire un trimarano di circa 6-6.5m cabinato e spartanamente abitabile.
Mi sono chiesto: porteresti tuo figlio su una barca autocostruita?
Non so, probabilmente le farei fare un lungo, approfondito e spietato rodaggio prima di arrischiarmi in una cosa del genere.
E' vero anche, però, sulla base di esperienze personali circa lavori fatti,confrontati con quelli di cantieri, che si dichiarano "esperti nel settore", mi sto convincendo sempre di più che quello fatto da te, se eseguito con accuratezza, competenza e cognizione di causa, senza abbandonarsi a manie di grandezza, sia sempre meglio fatto di quello fatto da altri.
Ultimo punto (anche su questo sapete come la penso!): sulla eterna querelle tra legno e vetroresina Fabio mi ha appena preceduto.
La vetroresina è preferita perchè, a torto, sulla media distanza sembra che dia dei punti al legno.

Prima considerazione: scordatevi che le barche costruite oggi in vetroresina siano uguali a quelle costruite 30 anni fa; Giovedì parlavo con Sergio del suo Buser e di un eventuale permuta con una barca più giovane e performante.
La carota fatta sul Buser per l'installazione di un log parla chiaramente di 5 cm di spessore di vetroresina; sull'altra barca la luce del giorno filtrava dalle paratie (si commenta da solo).

Seconda considerazione: la barca di legno richiede sicuramente più manutenzione, ma anche questo è vero fino ad un certo punto.
Se acquisti una barca un uno stato di relativo precedente abbandono, i lavori da fare saranno tanti, imponenti e da eseguire a regola d'arte.Questo tanto tempo che dedicherai a lei, però ti permetterà di conoscerla in maniera molto approfondita e questo ti tornerà sicuramente utile successivamente in mare.
Una volta proceduto agli opportuni restauri, però con le resine, gli inerti e tutte quelle belle cose che esistono al giorno d'oggi, mantenere in buono stato una barca di legno non è certamente più faticoso di quello di una barca in vetroresina ( e questo non lo dico io ma che la possiede e che ha anche delle splendide barche d'epoca)..e lo stesso vale non solo per quello che è protetto da strati di primers e vernice, ma anche per quei legni che, splendidamente, sono a vista.

Terza (e più importante) considerazioni: tutto dipende dalla barca che hai e dal vostro rapporto (esatto! proprio come si trattasse di una donna) e una barchetta di vetroresina può anche essere usata e trattata con leggerezza e sufficienza; una signora è degna di rispetto, cure e attenzioni.
Saluti, Giovanni
Vetroresina di Francesco (14/10/2008 19:12:55) francescolenzi@tele2.it

Conosco abbastanza bene la vetroresina anche se ci ho lavorato per lunghi anni per altre applicazioni di tipo elettronico. Brevemente, però, posso dire che ne ho viste di tutti i colori e le cose più strane. E' un materiale composito piuttosto complicato e il discorso dello spessore non è che mi convince tanto. Per prima cosa, secondo me, conta la lavorazione, la tipologia di resina e i processi di polimerizzazione. Anche il fatto che si veda la luce, secondo me, conta poco perché la resina può anche essere colorata e non vedere niente. E poi c'è il discorso dell'elasticità che probabilmente conta più della rigidità. Insomma un discorso molto interessante. Bisognerebbe apporofondire anche questo. Se avessi la possibilità di inviarvi delle foto e farvi vedere cosa accade dentro i circuiti stampati per l'elettronica: delaminazioni, infiltrazioni di umidità, migrazione di metalli, ecc. e poi di seguito bolle, cracking....
A proposito di cazzate di Giovanni (14/10/2008 20:35:30)

A proposito di cazzate......buona visione:


http://barcheautocostruite.blogattivo.com/autocostruzione-barc-b1/Uomo-in-mare-b1-p56618.htm

P.S. notare il rincoglionito con salvagente blu che si aggira in pozzetto.


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