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FILOSOFIA DEL CIRCUITO di Fabio (07/03/2008 20:16:07)

L'argomento Circuito ci fa parlare molto. Propongo di lasciare l'argomento "idee per il Circuito" per gli aspetti strettamente operativi e di dedicare questo spazio alle "idee generali".
Inizio dicendo la mia su alcune cose che sono state scritte da ultimo.
Secondo me non c'è alcuna contrapposizione tra nautica per divertimento e "nautica cultura". Un minimo di cultura nautica serve infatti persino per andare in pattino. Anni fa noleggai un pattino sulla spiaggia e ci caricai moglie e figli (allora davvero piccoli). Quel coglione, lasciatemelo dire, del bagnino, si era dimenticato i tappi degli scafi aperti. Arrivati a largo mi resi conto che il pattino si abbassava sempre di più e diventava sempre più pesante. Sapendo come è fatto un pattino, intuii il problema, senza farmi prendere dal panico ficcai a forza i lembi di due magliette dentro i fori e piano piano, riportai tutti a riva. Anche sapere come è fatto un pattino è cultura nautica, che può essere molto utile quando si va per mare. Il concetto che ritengo valido è quindi: per andare per mare non occorre sapere tutto delle barche o della navigazione, ma è necessario disporre delle conoscenze indispensabili per condurre adeguatamente il natante che si comanda e il tipo di navigazione che si intraprende. In caso contrario non si naviga, ma si galleggia, che è un'altra cosa.
Ciao a tutti.
cultura del buon senso di Alfredo Vincenti (07/03/2008 20:58:31)

Avere buon senso e responsabilità non signica affatto rinunciare al divertimento, anzì dovrebbe far stare più tranquilli in un ambiente che si conosce poco, il mare e che può diventare ostile. Abito sul mare e sò che le richieste di soccorso alla capitaneria locale sono in maggioranza dovuti a esaurimento di carburante, più raramente noie meccaniche (i motori turbodiesel rimasti fermi per 12 mesi rischiano di avere i filtri della nafta intasati o le turbine imbrattate). Un pò più rari sono i soccorsi dovuti al maltempo, per rottura dell'attrezzatura (spesso non controllata e revisionata) o per incaglimento, per scarsa conoscenza dei fondali. Va bene che la vacanza costa, ma col mare che fa paura è il caso di uscire? E non importa mica essere provetti meccanici per sapere che in certe condizioni il motore soffre e rischia la rottura? Il Buon senso, però non si può imporre con le patenti obbligatorie, le dotazioni obbligatorie e altra roba utile a far multe e quindi cassa. Nè occorre grandissima competenza per andar per mare. Penso che serva, come in tutte le cose, seguire i buon esempi. E questo va pubblicizzato.

ps
ho visto almeno due volte pedalò carichi di gente, rovesciarsi proprio per la mancanza dei zappi. Il bagnino non è un coglione, è un deficente a cui andrebbe ritirata la concessione per lavorare. Un minimo di cervello ci vuole per far qualsiasi cosa.

Ciao Fabio
buon senso? insufficiente! di Luigi (16/03/2008 22:47:21)

Fin da bambino mio padre mi ha fatto guardare al mare sempre con un certo timore reverenziale e, di conseguenza, con il dovuto rispetto.

Anche nelle giornate estive piu' soffocanti, quando la debole brezza pomeridiana non riusciva neanche ad incresparlo, mio padre parlava a me e mio fratello dei pericoli che in esso si nascondevano.

La deriva è stata, per lui, la palestra su cui formarci a questa cultura, insegnarci questo rispetto; per noi, io e mio fratello, la deriva è stata la palestra dove esercitarci...una vera maestra di vita.

Una tranquilla veleggiata estiva era l'occasione per apprendere, elaborare, ripassare...l'antica arte di andare per mare...Questa formazione si è poi completata con il cabinato, con il corso per la patente, con la piccola crociera costiera etc...

Non sono quindi d'accordo con Alfredo, non basta il buon senso: per adare per mare bisogna avere disciplina, metodo, bisogna studiare, bisogna formarsi, occorre serietà, impegno, dedizione, rinuncia. Anche per prendere il pattino sarebbe bene avere questo bagaglio culturale ben vivo dentro di sè...anche solo per fare una nuotata dove magari non si tocca...

Non voglio fare generalizzazioni o parlare per archetipi, ma per la mia esperienza (vedi le cose dette sopra) la piccola nautica è per vocazione piu' consona per favorire questo apprendimento, questo percorso, ed è quindi auspicabile che le due cose possano camminare insieme ed essere da noi "promosse" insieme nelle pagine del circuito.

Luigi
Buon senso ed oltre di Alfredo Vincenti (17/03/2008 19:47:36)

Carissimo Luigi,

sono completamente d’accordo con quello che scrivi, ma il mio pensiero era rivolto ad un altro concetto. Tutto sommato, rileggendo il mio scritto, direi che ho sbagliato termine e mi sono spiegato male. Forse più che buonsenso avrei dovuto usare senso di responsabilità., per sé e per glia altri.
Sicuramente sarò condizionato dal lavoro che faccio ma penso che obbligare la gente a prendere la patente e fare corsi vari di tecnica marinara o meno non sia sufficente a impedire incidenti. Il mio pensiero è che la tecnica, da sola, non basta. Ci vuole anche la capacità mentale di applicarla quando serve. Grande tecnica e grande esperienza possano anche portare a una falsa sicurezza.
Per portare le barche non occorre essere né ingegneri, né meccanici e nemmeno capitani, perchè tutte queste belle certifizioni non eliminano il rischio di fare disastri.
Vediamo se riesco a spiegarmi decentemente.
Per portare una cabinatino da crociera a veleggiare sottocosta non serve patente nautica. Supponiamo invece che un signor X abbia anche il diploma di capitano di lungo corso, abbia fatto un sacco di regate in mezzo al mediterraneo. Un giorno di tramontana esce col natante a vela, con un equipaggio composto da moglie e due figli adolescenti. Il mare sottocosta è calmo, il porto è a 2 miglia, il vento è teso ma non troppo. Si stanno tutti divertendo. Il vento sta aumentando ed il prudente skipper decide di rientrare. Ad un certo punto cede un arridatoio, forse non sostituito per tempo, e l’abero viene giù di lato, restando attaccato al fianco della barca, rischiando di creare una falla nello scafo e di farlo affondare. L’esperto skipper cerca subito la tronchese nella cassetta degli attrezzi, ma non la trova, perché qualche giorno prima l’ha prestata e non è stata rimessa a posto. Ma lo skipper oltre che essere esperto è anche un duro è in qualche modo riesce a liberarsi dell’albero mentre moglie e figli si lasciano prendere dal panico e urlano e piangono. Mettiamo che il nostro eroe riequilibri la barca e accenda il fuoribordo. Quello è revisionato di recente, per cui parte al primo colpo, ma siccome è sottodimensionto per vento e mare contro, non è sufficente per rientrale. A questo punto resta che chiare i soccorsi.
Porto iella?. No, è che sò che un incidente è il risultato di uno o più fattori negativi. A posteriori si può solo dire, con un notevole margine di errore, quale era la condotta giusta per evitare quell’incidente e forse, ripeto forse, altri simili.

In sintesi, non è sufficiente il buon senso per andare per mare. Ma oltre la tecnica, l’insegnamento e l’esempio occorre il buon senso, o più correttamente il senso di responsabilità per sé e gli altri.

Un altro esempio: nessuno ha mai dubitato della capacità marinara di Eric Tabarly, eppure è morto per una caduta in mare, probabilmente perché non usava la cintura di sicurezza.

Domanda: è sufficente la cintura di sicurezza per non morire in mare? Probabilmente no, però riduce il rischio.

Ultimo esempio e poi mi fermo. Questo pomeriggio ho rinnovato la patente dell’auto. Sono stato all’ACI, ho pagato 68,00 euro e sono stato davanti ad un medico. Mi ha forse visitato per sapere se ero idoneo a guidare una automobile, che in mano ad un alcolizzato, ad un drogato o ad un cardiopatico grave può diventare un arma terribile? Mi ha chiesto se facevo uso di droghe (no!), se facevo uso di alcolici (sono astemio) o se sono iperteso o ho problemi di circolazione (il cuore è l’unica cosa sana che ho). O.K. Conclusione: è tutto lasciato al mio senso di responbilità, per cui è una mia decisione se guidare o meno quando non mi sento bene. Se esco di strada e ammazzo qualcuno, dopo e solo dopo, andranno a verificare il mio stato di salute.

Carissimo Luigi,

sono d’accordo con te se dici la piccola nautica favorisce un graduale apprendimento,
che saltare le tappe è inutilmente pericoloso, e che l’esperienza fatta con persone di intelligenza e buon senso aiuta lo sviluppo del senso di responsabilità.

Un caro saluto

Alfredo

Ps.
Di mestiere non faccio il “cassamortaro”
ops.... di Alfredo (17/03/2008 19:51:01)

Sgrammaticato, confuso e pasticcione.
Chiedo venia, ma per me usare la tastiera è un problema.
Buona la prossima.

saluti

Alfredo

Cabinatino disalberato di Pino (17/03/2008 20:41:10) giuseppe.pollera@fastwebnet.it

Abbiamo concluso che all'equipaggio del cabinatino disalberato non resta che chiamare i soccorsi, forse a due miglia dal porto basta un cellulare, ma a distanza maggiore dalla costa serve un VHF, se l'albero è giù, sta in acqua anche l'antenna, a quel punto o c'è un'antenna di emergenza, per esempio sul pulpito di poppa o c'è in barca un VHF portatile, meno di 100 euro, sul Torakiki un portatile c'è!
Buon Vento, Pino
Non ci si improvvisa velisti di Francesco (17/03/2008 21:01:26) francescolenzi@tele2.it

Non ci si improvvisa velisti. Che si sfrutti il vento per far muovere un’imbarcazione o per solcare le onde con una tavola a vela, dobbiamo ricordare che il nostro campo di gara è sull’acqua, su un elemento soggetto a tutte le influenze meteorologiche, da trattare sempre con rispetto e attenzione. Ecco perché chi pratica queste discipline, prima che uno sportivo, deve essere un marinaio. Certo, nel primo caso dobbiamo saper effettuare manovre più complesse, ma anche il wind-surf è uno sport che può diventare rischioso, se non si conoscono e non si rispettano alcune regole elementari dell’andar per mare (e per lago).
In secondo luogo, dobbiamo fare i conti con il fatto che la vela non è uno sport che si impara in poco tempo. Pazienza, studio, pratica, esperienza sono alcuni dei presupposti per acquisire padronanza della disciplina. Anche se l’idea di viaggiare per miglia e miglia sospinti dal vento ci emoziona ancor prima di mettere la prora fuori del porto.
Ma “armare e alzare la randa”, “armare il fiocco”, “prendere l’abbrivio e rallentare”, “governare la barca” sono azioni non semplici da realizzare e persino da capire, se prima non impariamo i tanti, affascinanti termini del linguaggio di un vero velista. Chi non si mostra curioso e colpito nel sentir parlare di gomena e randa, di prua e di poppa, di cima e di boma…e chi non ha mai pensato: però, deve essere divertente! E’ vero. E’ proprio divertente.....

Estratto da Francesco Lenzi dal Portale Istituzionale della Regione Umbria per il Turismo: http://www.ospitalita.umbria2000.it/


di Fabio (17/03/2008 22:03:11)

Ecco uno di quei bei scambi di idee che rendono così diverso e così piacevole il nostro forum. Mi pare che a ben vedere siamo tutti d'accordo: la nautica come la vediamo noi non è solo un passatempo, nè uno dei tanti modi che ci sono per stordirsi di emozioni. E' un piacere che mette alla prova l'intelligenza.
Ciao a tutti.


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