Un
aiuto dalla
nostra
cara amica. |
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Eravamo
in navigazione lungo la costa della penisola del Paria. Dopo la nostra
prima stagione estiva in Venezuela, stavamo facendo vela per Trinidad,
dove avremmo alato la barca per i consueti lavori di manutenzione e carenaggio.
Da qualche anno su questa isola, è sempre più fiorente una
attiva cantieristica da diporto.
Questo
tratto di costa è conteso tra l'amore e l'odio dei diportisti; a
seconda se lo si affronti verso est o verso ovest. Se date una occhiata
ad una carta, anche solo una comune carta geografica subito noterete il
perchè. Si tratta, questa, di una penisola, appartenente al Venezuela
con coste scoscese, pochi ripari ed esattamente orientata est-ovest. Ne
consegue che qui, l'aliseo, o lo si prende in poppa piena o, se si va verso
est ovvero verso Trinidad, esattamente di prua. In questo caso la speranza
è che il vento cali del tutto (spesso accade la notte) e ci permetta
di coprire queste centocinquanta miglia con l'aiuto del motore. Questo,
direte voi, non è affatto velico ... forse avete ragione, ma sentite
cosa accadde a noi.
Ci mancavano
solo cinquanta miglia alle bocche che immettono nel golfo di Paria, praticamente
a Trinidad. Erano dodici ore che con randa e motore lottavamo contro il
vento e la corrente contraria. Quando eravamo partiti da Carupano, ultimo
ormeggio riparato ed avamposto di partenza, prima di affrontare questo
ultimo tratto di costa, di vento ne soffiava ben poco e così andammo.
Ma poi, con il passare delle ore, è sempre più rinforzato
fino a venticinque ed anche trenta nodi. All'appuntamento radio delle sette
di sera comunicammo a certi amici che avremmo incontrato a Trinidad che
l'indomani saremmo arrivati e ci confermarono che avevano prenotato un
posto per noi al cantiere.
Terminate
le comunicazioni ci apprestavamo a prepararci per le guardie notturne.
Qui bisogna fare molta attenzione per via dei numerosi barchini e barconi
da pesca Venezuelani per i quali, le luci, sono un opzional spesso ritenuto
inutile, senza sapere cosa sono le precedenze e, molto sovente, senza guardare
dove vanno. Addirittura, se la giornata di pesca è terminata lontana
da un porto ove ripararsi, non fanno altro che spegnere il motore, coprirsi
con una coperta e dormire fino a che la luce del sole non gli annunci che
inizia una nuova giornata. In questi casi, e sempre che si abbia occhi
da gatto, l'unica luce che indichi la loro presenza può essere la
brace di una sigaretta accesa.
Bene,
ci apprestavamo a superare Capo Tres Puntas dopo il quale speravamo in
un calo della corrente che al momento doveva essere sui tre nodi. Il Gps
ci diceva che avanzavamo di un nodo.... be poteva anche essere peggio.
Tutto
in tratto una vibrazione e una puzza di gomma bruciata ci fa sobbalzare
e preoccupare. Apro il portello del motore e subito capisco che e' successo
.... orrore ! abbiamo bruciato le boccole dell'asse dell'elica!. Facciamo
il punto della situazione; eccoci quindi a poche centinaia di metri dalla
costa con venticinque nodi di vento in prua, una corrente a sfavore di
tre nodi e ... senza motore. Dimenticavo di dire che pioveva anche. Cinquanta
miglia ancora alle bocche. Questo era il punto! e con questo!? Siamo o
non siamo in una barca a vela? Così decidemmo di tirare su il fiocco
e cominciare a bolinare sperando di riuscire a coprire la distanza in qualche
modo. Riporto il punto del GPS sulla carta e via al pestaggio. Avremmo
poi risolto all'arrivo il problema del passaggio delle bocche dove il vento
è sempre nullo e la corrente imprevedibile in velocità e
direzione. Erano le sette di sera.
A mezzanotte,
dopo cinque ore di bordi, riportiamo il punto e con somma meraviglia ci
accorgiamo di aver avanzato di sole sei miglia buone. Non occorre una calcolatrice
per capire che di questo passo ci vogliono due giorni. In aggiunta, a questo
punto, cala anche il vento a dieci nodi ma rimane corrente e onda rabbiosa.
Prendiamo allora la decisione, peraltro sensata, che ogni marinaio non
vorrebbe mai prendere: Si torna indietro!
Per questa
volta il cantiere di Trinidad farà a meno di noi e andremo ad alare
la barca a Cumana' (da dove venivamo una settimana prima) dove c'e' un
cantiere di un simpatico Italiano: Giorgio. A dire il vero avevamo optato
per Trinidad per il solo fatto che avevamo appuntamento da li a una settimana
con un amico che aveva lasciato la barca per volare in Italia. Al ritorno
ci avrebbe portato alcune cose che gli avevamo chiesto compreso due pannelli
solari.
Quindi,
dietro front e vento in poppa per le centocinquanta miglia che mancavano
a Cumana.
La mattina
seguente, al solito appuntamento radio con il net degli Italiani, avvisiamo
gli amici di Trinidad dell'accaduto, dei nuovi programmi e gli chiediamo
di disdire la prenotazione del travel lift.
A questo
punto interviene in radio Roberto, svizzero, da bordo di "La signora dei
mari" di cui conoscevamo solo la voce per averlo sentito altre volte. Ci
dice che lui è al marina di Cumana' e non appena saremo li vicino
lo potremo chiamare per VHF, ci verrà a prendere con il suo gommone
con tanto di 25 HP e ci rimorchierà fino all'invaso del travel lift
del cantiere. Intanto andrà immediatamente ad avvisare Giorgio che
siamo in arrivo e senza motore. Premetto che il cantiere si trova in un
tratto di costa con bassofondo (un metro d'acqua) che si prolunga fino
a mezzo miglio dalla riva. Un semplice canale non più largo di cinque
o sei metri viene tenuto dragato da Giorgio e segnalato da una sola boa
all'inizio che, dal largo, immette direttamente allo scalo di alaggio.
Sperare di farlo a vela, neanche a pensarci. Bene, il primo problema l'abbiamo
superato prima ancora di affrontarlo. Grazie a Roberto! e grazie anche
alla nostra amica radio. Non finisce qua'. Ecco che (sempre in radio) interviene
Luigi, che, non appena viene a sapere che le boccole nuove le dovrò
far arrivare in qualche modo dall'Italia, subito ci offre il suo aiuto
ma ci dobbiamo sbrigare per non perdere il treno. Sua moglie, in quel momento
a Roma, sarebbe partita dopo due giorni per raggiungerlo (lui e la barca)
a Puerto La Cruz, che si trova a poche ore di autobus da Cumana. Ancora
un contatto radio con un altro amico in Italia ci permette far arrivare
i dati e l'indirizzo dove trovare le boccole alla persona che poi, giusto
in tempo, poté acquistarle e consegnarle a Silvana, la moglie di
Luigi. Morale della favola, in poche ore dall'incidente, e senza ancora
aver messo piede a terra abbiamo risolto tutti i problemi tecnici per poter
portare a termine la riparazione nel migliore dei modi. Tutto questo grazie
alla solidarietà umana di noi marinai e alla nostra amica radio
che noi amiamo e usiamo più di ogni altra diavoleria elettronica
a bordo.
Pochi
giorni dopo ci recammo con il bus (ci accompagno' anche Roberto e la moglie)
a Puerto la Cruz a ritirare le nostre boccole e festeggiammo, tutti insieme,
la partenza per Panama e poi il Pacifico di Luigi e Silvana. Veramente
lo avevamo già fatto venti giorni prima quando noi prendemmo la
via di Trinidad ma... in fondo è vero; è sempre un arrivederci,
mai un addio.
Comunicare
da bordo |
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Gli Americani
la chiamano "Ham Radio", gli impegnati "radio a onde corte" noi marinai
semplicemente, anche se erroneamente, SSB ma, in fondo, è sempre
la stessa cosa. Quello scatolone di metallo a prima vista ingombrante e
rumoroso con tanti pulsanti e pomelli, corredato di libro di istruzioni
che con tutti quei nomi e sigle strane ci rimbambisce e disorienta.
Noi la
abbiamo e dopo sei anni che navighiamo per il Mediterraneo e il Caribe
non potremmo farne più a meno. Abbiamo imparato ad usarla ed amarla.
È più facile di quanto si pensi e delle innumerevoli funzioni
di cui una radio è dotata è sufficiente conoscerne tre o
quattro e il suo uso è assicurato.
I modelli
sono tanti e non mi ritengo all'altezza di discuterne le qualità
delle varie marche. Oltre al fatto che la nostra la comprammo sei anni
fa e ogni anno escono nuovi modelli. Ovviamente dovrete scegliere tra i
modelli che si alimentano a 12 V e che nascono per uso veicolare o marittimo.
Proprio per l'uso veicolare ultimamente se ne vedono sempre di più
in formato "autoradio" che è apprezzabile per il montaggio in barca
dove gli spazi sono sempre limitati.
Fatevi
consigliare comunque da un amico radioamatore che bene o male si trova
sempre nel giro di conoscenze.
Il discorso
antenna è abbastanza complicato e dalle mie esperienze posso dire
che non è sufficiente leggere, informarsi e farsi consigliare. Bisogna
provare e riprovare le varie soluzioni possibili fino a trovare l'antenna
o le antenne più consone alle nostre esigenze. In barca sono tante
le varianti che influiscono, migliorando o peggiorando l'efficienza di
un sistema, che è molto difficile stabilire e progettare sulla carta
la nostra antenna. Con il tempo e l'uso copiando dagli altri o studiando
sistemi nuovi riuscirete sempre a trovare il giusto compromesso per le
vostre esigenze. Direi però di rimandare ad un altro momento questo
discorso che deve essere legato ad uno studio delle frequenze che poi useremo.
Purtroppo
la legge, come sempre, è contro di noi e la cattiva diffusione di
informazioni in merito ne è sua alleata. Quando partimmo non era
permesso avere una stazione (radio) mobile che trasmetta sulla frequenze
utilizzate dai radioamatori. A bordo si poteva installare solo modelli
per uso nautico di tipo "Approvato". Questa è la famosa parola fantasma
che fa lievitare il prezzo di un prodotto senza alcun motivo. In Italia
i famosi modelli "approvati" sono pochi e le ditte che li vendono ancora
meno. Un classico modello della Icom "approvato" costava in Italia circa
sette milioni quando partimmo. Lo stesso modello all'estero costava da
un milione e mezzo a due ma se importato parallelamente o illegalmente
non era, ovviamente, "approvato". Aggiungiamo poi il fatto che, essendo
regolare, non poteva trasmettere sulle frequenze che poi ci interessano
di più.
Si potrebbe
acquistare un modello per uso "veicolare" che viene regolarmente venduto
anche se la legge non permette l'uso di stazione (radio) mobile. Ma questi
non sono approvati? Forse è previsto che si possa installare su
una cinquecento e poi girarci dentro casa!! Costavano allora due milioni
in Italia e hanno anche più funzioni del modello nautico ed approvato.
Noi abbiamo uno di questi e funziona che è una meraviglia. Ovviamente
gli dedichiamo tutte le cure, peraltro semplici ed atte solo a preservarlo
il più possibile da colpi, bagni, sole ecc. In pratica è
montato dentro un armadio e per usarlo dobbiamo solo che aprire un anta
ed accendere il bottone.
Certo,
direte voi, oggi abbiamo i telefoni cellulari, satellitari e ben presto
anche qualche sistema di comunicazione interstellare. Tante promesse con
trucco. Telefonini sempre più economici, contratti allettanti, minuti
di conversazione gratis ma alla fine, chissà come, la bolletta è
sempre più salata mentre noi siamo costretti a parlarci telegraficamente
guardando l'orologio perchè non scatti il prossimo minuto. E questa
la chiamiamo libertà e progresso ? Fintanto ci sarà un amico
con cui scambiare due chiacchiere in frequenza io sarò sempre dall'altra
parte del microfono. Avremo tanto tempo per raccontarci cose frivole ma
avremo anche la possibilità di risolvere situazioni ben più
gravi di ciò che successe a noi... e, se ci serve un'ora per scambiarci
una ricetta per radio, beh! godiamocela appieno che di tempo ne abbiamo,
è nostro, nessuno lo sta cronometrando e non lo stiamo pagando a
tot dollari al minuto più IVA.
Buon
vento a tutti da bordo del PilarII
Flavio
e Pilar
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