L'isola
delle spezie
Volevamo
un salto nel più profondo dei Caraibi ? eccoci accontentati. Giriamo
frastornati per le strade affollate di St. George, la capitale di Grenada,
l'isola delle spezie.
Niente
è come avevamo immaginato e tutto è ancor più emozionante
del previsto. D'altronde, a dire il vero, sino ad ora, e da quando abbiamo
iniziato a pianificare la nostra partenza, non ci eravamo mai soffermati
a pensare come potevano essere i posti, la gente i panorami.
Le nostre
menti erano rivolte perlopiù verso la preparazione tecnica della
barca ed eravamo molto occupati a risolvere tutte le altre questioni "terrene"
che, come potete immaginare, incombano sopra la testa di chi parte.
Qui,
su questa isola delle Antille ci si è aperto un mondo totalmente
differente; nonostante i computer e i motori turbo, in questo luogo il
tempo sembra si sia fermato centinaia d'anni addietro. Arriviamo al mercato
e siamo colpiti da questo caleidoscopio di colori.
Papaie,
manghi, avocado, banane di varie forme e colori, piccoli frutti di un rosso
acceso, altri, gialli, a forma di stella, arance verdi e granchi blu, pesci
piccoli, pesci grandi e frutti di mare mai visti.
Con il
tempo impareremo a conoscere tutto ma la frenesia è tanta... chiediamo,
tocchiamo, assaggiamo ...ma ci vuole tempo e noi ne abbiamo tanto ....ma
forse ancora non ce ne rendiamo conto. Lungo le strade dei negri rasta
con la caratteristica acconciatura e lo sguardo simpatico vendono cappelli
di lana fatti a mano, sigarette di foglie di eucalipto, lavori in pelle
e le immancabili magliette nere con l'effigie di Bob Marley.
Entriamo
nella parte chiusa del mercato e subito ci rendiamo conto perchè
chiamano questa "l'isola delle spezie". A parte l'odore che avvolge tutto
il mercato, e qui dentro ancor più ci colpisce, siamo stupiti dalla
quantità di spezie che un isola può produrre. Non per altro
la "nutmeg" (noce moscata) è il frutto nazionale di Grenada e figura
al centro della loro bandiera.
È
domenica, passiamo davanti ad una chiesa dove si sta celebrando un matrimonio.
Ci soffermiamo a sbirciare anche se ci sentiamo di troppo vestiti da turisti,
in calzoncini corti e armati di macchina fotografica. Un sorriso invitante
o meglio accondiscendente di una signora ci fa subito sentire a nostro
agio e ci soffermiamo un poco. Uomini e donne di colore vestiti in maniera
impeccabile con pizzi, cappelli a larghe falde, scarpe lucide da abbagliare,
pantaloni e bluse che sembrano presi da un negozio di costumi antichi.
Anche
i bambini, e sono tanti, vestiti come manichini assistono composti alla
cerimonia. Dall'interno della chiesa arriva, forte, un canto di gioia.
Un coro formato dalla moltitudine di parenti e amici che si unisce alla
felicità della giovane coppia.
Proseguiamo
ancora; ci fermiamo a bere un cocco, il nostro primo e vero cocco. Ma come
si farà ? il venditore ci fa subito capire che è facile;
con due colpi di machete ben assestati apre un foro in un grande cocco
e lo porge ad un ragazzo davanti a noi che, senza perderne una goccia,
si scola il contenuto dissetante in pochi secondi. È il nostro turno
e siamo un po' delusi quando insieme al nostro cocco ci vediamo consegnare
anche una cannuccia di plastica. La stessa cannuccia che serve a bere la
coca-cola ... siamo turisti, tutto di noi lo indica e non lo possiamo negare.
Incredibile
la quantità e la bontà di questo nettare e il sapore della
sua morbida polpa interna. Tutta la città è un andirivieni
di "steel band" montate su camion aperti che suonano motivi Natalizi. Musica
nuova alle nostre orecchie che ci comunica tutto il senso di gioia e amore
alla vita di questo popolo con vecchie storie di schiavitù e sofferenze.
Storie vecchie ma che ancora portano segni di se nelle costruzioni coloniali,
nei bastioni, nelle divise dei poliziotti e nelle buche della posta. Identiche
a quelle inglesi e dello stesso colore rosso.
Una
sosta al Grenada Yacth club per ricaricare le nostre batterie interne con
una birra gelata e soffermarci a pensare che si, siamo qui, ai Caraibi;
dall'alto di questa terrazza guardiamo la nostra fida barchetta ormeggiata
nella tranquilla laguna. Vicino a lei altre barche, altre storie, altre
rotte; barche di genti lontane, culture diverse, lingue differenti, tutti
sotto questo grande cielo.
Tutti
siamo qui, in pace con noi stessi e con il mondo, felici della nostra scelta
e liberi di volare a nostro piacimento verso il prossimo orizzonte in qualsiasi
momento ce ne venga voglia. Intanto beviamo la nostra birra ghiacciata
e guardiamo il sole che tramonta inondando il mare con il suo rosso fuoco.
Qui
non sentiamo le grida di chi soffre per guerre fratricide, ideali stupidi
e lotte di potere; lotte che porteranno il mondo all' autodistruzione e
all'annullamento dei valori umani. Pensiamo di aver trovato la pace in
questi luoghi, ma non è così; la pace è sempre stata
dentro di noi tutti, basta farla affiorare che sia ai Caraibi o al polo
nord.
La barca,
l'oceano, le traversate, il mercato di St. George, l'ormeggio in laguna
sono solo mezzi che ci aiutano a ritrovare la nostra pace. Sta poi a noi
riconoscerla e goderla capendo che la vita è bella e i giorni e
gli anni passati lontano da questa pace, sono persi per sempre.
Il sole
è calato, ci avviamo lentamente verso il molo dove abbiamo lasciato
il gommoncino. Due bambini nudi che giocavano a tuffarsi dal nostro gommone
ci guardano con senso di colpa, gli sorridiamo, siamo amici nonostante
le nostre facce bianche, si tuffano ancora e agitano le loro manine in
segno di saluto mentre noi torniamo a bordo.
È
ormai notte e domani è Natale.
Lo festeggeremo
insieme a quelli del Creme Caravelle e dell'Atuna. Il nostro primo Natale
al caldo. Qui non ci sono pupazzi di neve ne tantomeno le renne. Ma "Santa Claus" (come chiamano loro Babbo Natale) arriva ugualmente portando i suoi doni a chi li sappia apprezzare e chi li ha guadagnati.
A noi ha portato una buona barca, tanta acqua per farla navigare e tutta la
voglia di festeggiare insieme ai nostri amici.
Tirando bordi per le Grenadine Lo stato di Grenada, il più meridionale nella catena delle Antille, è formato da Grenada, Carriacou, Petite Martinique e alcune isolette e scogli minori. Ognuna di queste isole presenta un suo carattere ben definito che le differenzia e le marca dalle altre. Grenada,
la più grande, sede della capitale, St. George; è un isola
vivace, molto attiva.
Tutti
e tutto sono sempre in movimento. Di origine vulcanica le sue vette si
innalzano ed emergono tra le nuvole che sempre la sovrastano.
Molto
umida è per gran parte ricoperta da foresta pluviale. Vale la pena
un giro all'interno per scoprire le sue cascate, fiumi e laghetti dove,
dopo tanto mare, vi potrete rinfrescare con tuffo in acqua dolce.
Lungo
le sue coste ci sono vari ormeggi per accontentare ogni gusto. Potete entrare
nel "Lagoon" di St. George dove l'acqua sporca e stagnante non vi permette
di bagnarvi dalla barca. Troverete, pero', riparo da ogni vento e tempo.
Un marina,
che ha visto tempi migliori, ma non troppo caro vi permette di lasciare
la barca sicura per eventuali giri a terra o rimpatri con aereo. Sempre
qui, nel marina, troverete gli uffici doganali e di immigrazione dove fare
le pratiche di entrata. Comunque anche alla fonda, potete dormire sonni
tranquilli. Un altro grosso vantaggio di questo ormeggio è che praticamente
si è in città con tutti i suoi rumori ma anche tutti i suoi
negozi. Con il gommone si può attraccare direttamente al moletto
privato del "Foodland" dove, come dice il nome, potete fare la migliore
cambusa della zona e senza troppa fatica, basta attraversare la strada.
Se poi
proprio avete nostalgia del bagno a mare basta uscire con il gommone e
subito a sinistra in dieci minuti sarete alla spiaggia di Grand anse, la
più bella e più grande spiaggia di Grenada.
Stufi
della città e del suo ritmo potete andare a riposarvi in una delle
tante baie che si aprono verso sud. Prickly Bay e la prima che incontrerete.
Molto pittoresca qui troverete lo "Spice Island marine service"; piccolo
complesso con marina, travel lift e annessa zona per i lavori. Il suo ristorante,
molto romantico ma un po' caro, è uno dei migliori della zona. Purtroppo
se soffia sudest l'ormeggio si fa rollante.
Segue
poi Mt.Hartman bay, molto riparata, pochi accessi via terra e racchiusa
da mangrovie è sede di una base della Mooring. Fate un po' di attenzione
all'entrata tra i reef che anche se segnalata da varie boe potrebbe indurre
in errore.
Da qui
passando per uno stretto canale tra i bassifondi non più lungo di
mezzo miglio arriverete all'ormeggio di "Hog Island". Anche questo molto
riparato ha un incanto tutto suo. Potete scendere con il gommone sulla
spiaggia di questa isoletta privata, girarla a piedi e anche organizzarvi
una grigliata sulla spiaggia. Troverete delle panche e tavolini abbandonati
di quando, un tempo, qualcuno tento' di far funzionare un bar.
Seguendo
abbiamo ancora un'altra isoletta, Calivigny, dove potrete ancorarvi al
suo lato di nordovest. Per i rifornimenti potrete andare con il gommone
a Wooburn, un villaggio di pescatori che dista meno di un miglio. Non avrete
molta scelta, ma i prodotti di prima necessità non mancano e, se
volete un pollo, dovete aspettare che gli tirino il collo e ve lo spennino.
Se poi
proprio vi occorre qualche cosa di particolare potete prendere al volo
uno dei tanti pulmini collettivi che in quindici minuti vi scarichera'
davanti al "Foodland".
La baia
seguente è "Port Egmont", considerata da tanti un "Hurricane Hole".
Praticamente si ormeggia in uno slargo tra le mangrovie. Purtroppo è
troppo calda perchè non entra un filo di vento. Anche sul lato ovest
troverete un paio di ormeggi riparati ma con molta profondità.
Scopriteli
da soli costeggiando le rive di questa isola lussureggiante; al mattino
presto con nuvole di vapore che salgono dalla terra, vedrete ... è
un incanto.
In tutta
l'isola troverete ristoranti per tutti i gusti e tasche e non sto ad elencarli.
Però se volete qualche cosa di particolare andate da Mamma's che
vi servira' una trentina di assaggini più o meno locali che comprendono
tra l'altro carne di armadillo e vegetali sconosciuti.
Non
mancate di fare una visita al bar del "Povero Alberto" lungo la banchina
del Carenage. Alberto è un carissimo amico che ha deciso di buttare
più o meno definitivamente l'ancora in questo posto e ora la barca
la usa come casa. Il suo bar, nato sotto gli occhi di tutti noi che passavamo
continuamente a fargli visita, è sempre una esplosione di vita e
di gioia. Non sto a raccontarvi come si guadagno' il soprannome di "povero"
ma vi assicuro che di povero non ha niente ... e non parlo solo di conti
in banca.
Una
traversata di una trentina di miglia vi porterà a Carriacou. Partite
presto che la bolina non ve la toglie nessuno; la corrente nel canale tra
le isole può raggiungere anche i tre nodi e questo potrebbe costringervi
a tirare bordi fino all'arrivo. All'arrivo getterete l'ancora a "Tirrel Bay" e scoprirete l'incanto di questa isola. Ferma nel tempo, i suoi abitanti
vivono al ritmo del riposo. Sembrerebbe che qui anche gli orologi girino
più lenti.
Il villaggio
di Hillsborough ricorda quasi una cittadina del "Far West" e quando andrete
a fare le pratiche di entrata o uscita dallo stato (secondo se andate a
nord o ne venite) prendetela con calma ci vuole il suo tempo. Potrete fare
il giro dell'isola in mezza giornata visitando tutto senza fretta affittando
una macchina o con un taxi locale. L'ormeggio è sicurissimo e al
massimo, con nordest, potrebbe essere un poco rollante nella parte sud
della baia.
Fatevi
indicare il sentiero per andare al "Cassada Bay resort" una passeggiata
che vi ripaghera' con una vista incantata sui reef che si estendono al
nord della isola. Se non vi va di cucinare andate ad uno dei ristorantini
che si trovano nella baia e potrete mangiare aragoste e "lambi" cucinati
abbastanza bene. Se non vi rimorde la coscienza, questo è forse
l'ultimo posto dove potrete mangiare spezzatino di tartaruga. Non sempre
ne hanno e poi non sarebbe permesso.
Non
dimenticate di fare una scappata a Sandy Island. La classica isoletta dei
fumetti lunga trecento metri, tanta sabbia bianca, e un ciuffo di palme.
Dista un paio di miglia da Tirrel Bay ed è l'ideale per una scappata
giornaliera. Siccome è considerata parco, teoricamente non ci si
dovrebbe passare la notte ormeggiati e comunque l'ormeggio è un
po' esposto.
Voglio
raccontarvi una curiosita'; qui, a Carriacou, in un negozietto abbiamo
trovato la "Sambuca Molinari" ! sembra impossibile.
Forse
una spiegazione c'e' ed è la seguente: esiste un afflusso di provvigioni
più o meno regolare su questa isola (in Italia si chiama contrabbando)
che arriva dal Venezuela con barche da pesca che portano anche carburanti,
birra ed altri generi che in loco costano anche un decimo che alle Grenadine.
La terza
isola è Petite Martinique che pur non avendo particolari attrattive
turistiche vale la pena visitare se non altro per godersi una passeggiata
lungo le stradine che dal molo principale dipartono per l'interno. L'ormeggio
è a volte affollato da barche da lavoro e da pesca ma un angolo
tranquillo si trova sempre. Ciò che maggiormente vi colpira' è
la cordialita' e la disponibilita' dei suoi abitanti, la bellezza delle
sue case in legno e la quantità di bar che vendono rum.
Solo
da pochi anni questa isola è stata raggiunta dal telefono e dall'elettricità'.
I locali vivono di pesca e costruzione di barche in legno. Petite Martinique
non è porto di entrata e quindi, teoricamente, venendo da nord non
potreste fermarvi se non prima aver fatto l'entrata a Carriacou. Ugualmente,
venendo da sud, dovreste tirar dritto se già avete fatto l'uscita
prima....vedete voi.
Vorrei
dire che questo gruppo di isole sono tra quelle che più ci hanno
affascinato nella catena delle Antille. Pur essendo turisticizzate, come
tutti i Caraibi, possiamo dire che dal punto di vista nautico sono leggermente
fuori dalla grande massa. Solo e semplicemente perchè le grosse
compagnie di charter hanno le proprie basi a S.Lucia e Martinica in quanto
meglio e più economicamente collegate via aerea.
Comunque,
per noi marinai, l'isola più bella è sempre la prossima.
Un buon
vento a tutti da bordo del Pilar II
Flavio
e Pilar
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