Si
parte, Grenada ci aspetta.
Ci giriamo
a guardare e, di poppa, vediamo Santo Antao sulla nostra scia. Siamo combattuti
tra la tristezza di aver lasciato queste meravigliose isole e l'eccitazione
della traversata che abbiamo davanti.
In fondo
è per questo che siamo partiti: i Caraibi, i Tropici ...
Parole
che risuonano nella nostra testa da oramai qualche anno stanno per prendere
forma e divenire realtà. Una realtà che sempre ci dipingiamo
con i nostri colori e che poi magari risulta essere con altre sfumature
o forme.
In questo
momento veramente vorrei essere pittore per poter esprimere con un pennello
quello che stiamo provando, quello che si vede, cio che si sente. Più
di duemila miglia di mare davanti alla prua. Duemiladuecento miglia di
acqua, di cielo, di vento.
Tanto
tempo per pensare, tanto tempo per sfruttare questa breve, ma intensa,
parentesi di vita fatta di scotte, vele, pesci volanti , tramonti e albe.
Uno scorcio di tempo che scorre sull'acqua insieme alla nostra fida barchetta,
spinti solo dal vento, dalle onde e dalla voglia di andare, andare e non
fermarsi piu'.
Siamo
soli e al tempo stesso accompagnati dall'orologio del firmamento che, con
le sue stelle, da sempre scandisce i giorni, le settimane e i mesi. Sono
loro che da sempre portano per mano i marinai di tutto il mondo. Siamo
partiti il giorno 3 dicembre da Capo Verde.
Tre
barche di amici: Il Creme Caravelle, L'Atuna e noi. Destinazione Grenada.
Creme Caravelle
L'isola
più meridionale della catena delle Antille.
Perchè
Grenada è difficile dirlo.
Non
conosciamo ancora niente dei Caraibi e, quando eravamo ancora in Mediterraneo,
un amico, che naviga solo, ci ha dato appuntamento per Natale a Grenada.
Girando così in barca ci si ritrova spesso a dare appuntamenti a
sei mesi di distanza quando sappiamo che i programmi possono essere cambiati
mille volte. Forse il fatto che dovevamo comunque deciderci per un'isola
da cui incominciare abbiamo mantenuto fermo questo appuntamento. Scopriremo,
in seguito, che ciò invece non è stato fatto dal nostro amico.
Se avessimo
scelto un'isola più a nord, come ad esempio Martinica, avremmo risparmiato
una cinquantina di miglia. Atterrando, invece a Barbados ne avremmo accorciate
anche centocinquanta. Da notizie raccolte però, Grenada sembrava,
fra tutte, la più selvaggia, la più vera; "e allora si!"
ci siamo detti, tuffiamoci direttamente nel profondo dei Caraibi.
Intanto
però, Grenada è la', molto oltre l'orizzonte. Un puntino
sulla carta. Un puntino come tanti altri che potrebbero sembrare uguali
ma che invece vivono cadauno di un'anima propria.
Basta
zumare quel puntino, sempre più, ancora un po' e allora si vede
che il puntino inizia pulsare e a prendere vita, colori e profumo di terra,
di alberi e di fiori.
Zumando
ancora, si può veder muovere i suoi abitanti e poi si sentirà
anche la musica e un calore di vita che trascende da tutto il resto che
era la fredda carta dove riposava il puntino. Fino a che il famoso puntino
si è trasformato in un panorama fantastico che ci avvolge con le
sue bellezze fino ad inglobarci in lui... anche noi ora facciamo parte
di quel puntino che altro non era che una serie di numeri impostati sul
GPS.
Anche
questo è una traversata in barca a vela. La materializzazione di
un sogno, giorno a giorno che ci si avvicina e si trasforma in realtà.
Non sarebbe lo stesso arrivarci in aereo; poche ore, un film che già
abbiamo visto, qualche forchettata di cibo dentro una scatoletta non più
grande di un pacchetto di sigarette e confezionato duemila kilometri prima.
Poi
la voce maliziosa dell'hostess che ci dice che stiamo atterrando sul puntino
e noi costretti a crederci perchè lo dice lei. Poi scaricati in
un aeroporto uguale a quello di partenza. Solo i funzionari della dogana
sono più scuri ... ma lo sapevamo, era sul depliant.
Bisogna
provarlo per capire che i due puntini non sono gli stessi e i nostri occhi
non vedono le stesse cose. La differenza che c'e' ad assaporare quel sorso
di vino che la sapiente pazienza e immenso amore del contadino ha saputo
trasformare da pochi chicchi d'uva, o bersi rapidamente una gassosa, appena
stappata, prima che le bollicine scappino lasciando il posto ad un liquido
insipido e creato artificialmente per chi ha comunque poco tempo per gustarlo
a fondo.
Il Creme
Caravelle è davanti a noi, qualche miglio.
L'Atuna,
invece, è subito sceso di latitudine.
Siamo
partiti da un paio di giorni e dopo poche ore già eravamo tutti
fuori vista. Ma la radio a onde corte ci riunisce tutti i giorni, tre volte
al giorno. Ci scambiamo impressioni, ricette, notizie. L'amico Pierluigi
ci assisterà per tutta la traversata. Tutti i giorni la sua voce
esce dalla radio a ricordarci che in Italia ci sono i nostri amici, lui
per primo.
Ci arrivano
i saluti, mandiamo nostre notizie, la nostra posizione viene appuntata
su un foglietto che domani verrà sostituito da un altro e poi un
altro ancora. Anche Claudio, un altro amico, viene in radio a salutarci,
siamo commossi, dice che ci verrà a trovare. Altri amici che abbiamo
conosciuto strada facendo, stanno ora traversando, vengono in radio e tutti
insieme ci auguriamo buon vento e ci diamo appuntamento a domani, stessa
ora, stessa frequenza. Poi un clic, la radio smette di gracchiare e siamo
di nuovo soli. Noi e la nostra barca, le sue vele e il vento che le sostiene
e tutta la forza spirituale di questo oceano che docile ci culla mentre
il nostro puntino si avvicina sempre piu'.
Dopo
i primi due o tre giorni che ci vogliono ad abituarci, la vita a bordo
prende il suo ritmo normale, se normale si può chiamare muoversi
e vivere con il suolo in perenne movimento. Pilar ha deciso di occuparsi
della cucina per tutta la durata della traversata e questo, a dire il vero,
non mi dispiace. È vero che una volta abituati al movimento si può
cucinare praticamente con quasi ogni tempo, ma, è pur vero che comunque
non è tra le cose più divertenti.
Comunque
lei è svelta e, fin dall'inizio, ha capito il trucco; piatti unici,
semplici, nutrienti e soprattutto rapidi da preparare.
La mattina
una colazione a base di biscotti, latte, caffè o fette di torta
di banane industriata da Pilar per dar fondo al casco che va rapidamente
maturando.
Il pranzo
è il pasto forte del giornata. Lei riesce a fare ogni giorno una
cosa differente: pasta, riso, vegetali e molto pesce (dorado) che non manca
mai di abboccare alle nostre traine.
La sera,
l'idea e' di fare uno spuntino, ma dopo i primi giorni di buoni propositi,
questi spuntini aumentano sempre di volume sino a divenire sostanziosi
pasti.
Comunque
il proposito sempre mantenuto è quello che la cucina deve essere
chiusa, ordinata e pulita prima del calar del sole. Questo per praticità
e risparmio energetico. Forse questa è stata la più bella
idea e alla sera seduti in pozzetto, prima di iniziare i turni notturni,
ammiriamo il sole che lentamente si tuffa in questo oceano acceso dalla
sua stessa luce.
Ci saluta
ricordandoci che qualcun altro, da un'altra parte del globo, sta aspettando
la sua rinascita, oggi come ieri e come domani; una rinascita perpetua
che da la vita e la organizza. Come la da a noi e ci organizza le nostre
giornate lasciandoci comunque ora in compagnia dei suoi custodi; la luna
e le stelle che nella loro vita oscura ci lasciano il tempo per pensare,
per riflettere sopra la nostra giornata.
Ci accorgiamo
allora quanto è bello vivere e aspettare ancora il sole che torni
per il suo giro; perchè sappiamo che tornerà e noi lo accoglieremo
ancora a braccia aperte per un nuovo giorno, su questo mare che ci permette
tutto ciò.
Perchè
la vita è bella ma dura quel che dura; ogni giorno che abbiamo passato
rinchiusi dentro a quattro mura non abbiamo salutato il sole e non lo abbiamo
visto tornare ... e questi giorni non c'e' li ridarà più
nessuno perchè sono andati per sempre nell' oscurità tenebrosa
di un neon acceso, magari seduti dietro ad un telefono che squilla e squilla
a ricordarci che in fondo siamo ancora vivi ... basterebbe non rispondere.
Ma rispondiamo, perchè il nostro capo e il capo del nostro capo
ha deciso per noi e la società ha deciso per tutti dimenticando
per sempre quanto il sole e la luna siano grandi, potenti ma anche deboli
perchè bastano quattro mura per spegnerli per sempre. Intanto un
altro giorno è passato ed un'altro ancora.
Il Creme
Caravelle sempre avanti, l'Atuna sempre a sud e il nostro puntino sulla
carta che, piano piano, sta' prendendo forma materializzandosi insieme
al nostro sogno.
Come
saranno le palme ? E le spiagge ? quasi le vediamo; "ancora un po' di pazienza"
ci sussurra il vento e noi gli crediamo e con pazienza ci organizziamo
per i turni notturni.
Si dorme
quattro ore ed altre quattro, in pozzetto, si vigila per eventuali cambi
di vento o navi che passano. Qualche volta al cambio turno si da una cazzatina
ad una scotta o rollatina alla vela se il vento è rinforzato ma
per il resto è tutto calmo.
La sesta
notte passa con una leggera apprensione per la notizia di un container
galleggiante avvistato da una barca francese. Per radio ne è stata
data la posizione sul net spagnolo. Siamo vicini ma l'oceano è tanto
grande che le possibilità di urtarlo sono minime anche se comunque
reali. Ad ogni modo non ci si può fare niente. Di notte non sarebbe
possibile avvistarlo per tempo; neanche se decidessimo di star seduti sul
pulpito.
Il pilota
automatico continua a timonare la barca da quando siamo partiti. Il suo
instancabile occhio elettronico non vede ostacoli, non legge carte ma è
pur sempre il miglior membro dell'equipaggio che ci permette di dimenticare
completamente il timone per dedicarci a tutto il resto, non ultimo la lettura.
Divoriamo libri a più non posso, mai avevo assaporato e goduto letture
come da quando siamo in barca.
Ancora
più, in questa traversata, riusciamo ad avere tanto tempo per noi
che sfruttiamo principalmente per la lettura.
Un paio
di volte al giorno il tavolo di carteggio mi ruba dieci minuti per aggiungere
una crocetta su questa carta, calcolare i progressi e vedere che la corrente
continua ad aiutarci. 120, 136, 140, e così via. Oggi addirittura
168 miglia nelle ventiquattro ore.
Certo
che siamo fortunati, Tony più a nord, partito dalle Canarie, sta
consumando tutto il suo gasolio e così anche Thomas. Noi abbiamo
bisogno di solo un paio d'ore di motore al giorno; in folle, per ricaricare
le batterie.
Di solito
sono io che mi subisco il suo rumore durante il primo turno notturno, tanto
mia moglie ha il sonno pesante e non viene disturbata nei suoi sogni.
Oggi
per la prima volta abbiamo compagnia di notte. Al calar del buio, notiamo
una luce bianca di prua. Proviamo a chiamare sul sedici, niente. Durante
tutta la notte la lucetta si avvicina ci passa a dritta e poi di poppa.
Probabilmente una barca a vela, di poco più lenta di noi. Con la
luce del giorno la fiammella sparisce, domani non riapparirà: buon
vento amici e grazie della compagnia. Ancora un giorno, siamo ben oltre
metà strada.
Il Creme
Caravelle sempre avanti, l'Atuna un poco indietro e ancora a sud. La Silvia,
da bordo dell'Atuna ci dice che Elisa, la grande, fa un po' di capricci
mentre Andrea, non camminando ancora, si è creato il suo regno in
cuccetta protetto dal telo antirollio e contornato di giocattoli.
È
finito il pane comprato a Capo Verde e Pilar sforna una pagnotta calda
e fumante..."poteva finire prima quel pane insipido e pieno di grasso!"
Questa mattina l'alba ci ha portato un dorado di oltre un metro. Un'ora
per tirarlo a bordo e tanta eccitazione. Ma la sua morte ci lascia un po'
di rammarico e tristezza per il resto del giorno. La sua bellezza e i suoi
colori sembrano creati apposta per sfrecciare in simbiosi con questo oceano;
lo vediamo spegnersi sdraiato sulla poppa della barca, "scusa amico! Forse non è stato giusto".
Neanche
il sapore della sua carne in forno con le patate ci fa dimenticare che
poco prima era un re e il mare il suo regno. Forse un piatto di pasta sarebbe
andato bene uguale. Per i prossimi giorni la lenza rimarrà a bordo
... anche perchè venti kg. di pesce in filetti sono tanti da finire
e il frigo di bordo fa quel che può.
Impareremo
più tardi a fare il pesce sott'olio da conservare per giorni e luoghi
di ...magra. A proposito di frigo, è ora di metterci la bottiglia
che abbiamo riservato per quando avvisteremo terra. Ci siamo riproposti
di aprirla e scolarcela qualunque sia l'orario, anche se dovesse sostituire
il caffè mattutino. È così è; avevo da poco
finito il mio turno e mi ero addormentato profondamente. "Flavio, corri fuori" mia moglie mi chiama.
Sprizza
gioia da tutti i pori e mi passa il binocolo per vedere quella fioca fila
di lucine poco alte sull'orizzonte. Ci abbracciamo, gridiamo di gioia come
bambini. Grenada e la'. Il nostro sogno divenuto realtà, il nostro
puntino inanimato che si materializza in un pulsare di vita.
Sotto
quelle lucine ci sono loro, anime vive del nostro sogno ignare della gioia
che noi stiamo vivendo. Loro dormono e aspettano il giorno per riprendere
la vita quotidiana dopo il giusto riposo. La ci sono loro, qui ci siamo
noi e, in mezzo, ancora poche miglia.
Dietro
la poppa però c'e' tutto un mondo che sempre porteremo dentro di
noi. Un spettacolo intenso sul quale mai calerà un sipario. La radio
che gracchia, le notti stellati, i tramonti infuocati, il pane sfornato
e la morte del dorado. Poi ancora le nuvolette dell'aliseo che si rincorrono
in cielo come per gioco, i groppi con la loro pioggia, le onde che sono
state gentili con noi, le nostre cuccette sfatte, il tavolo di carteggio
e le crocette sulla carta, oggi mettiamo l'ultima ... no non è mai
l'ultima. C'e' sempre un'isola oltre l'orizzonte e l'isola più bella
è sempre la prossima.
Salta
il tappo della bottiglia, ci laviamo con lo spumante delle Canarie. Tanti
altri l'hanno fatto, ma questa volta la bottiglia è la nostra e
non c'e' la toglie nessuno.
Si leva
il sole che spegne le lucine ma illumina le montagne di Grenada. Il verde
della foresta tropicale, il celeste del mare e le palme. Non ricordo più
come le avevo immaginate. Erano belle prima come lo sono ora dal vero perchè
quel conta è che sono le nostre palme, i nostri Caraibi, dopo la
nostra traversata e non quelli imposti da quel depliant dietro il vetro
dell'agenzia.
Siamo
qui con la nostra barca e il nostro sogno, immersi nel sogno, tutto il
resto non conta niente. L' ancora si tuffa a riposare su un letto di sabbia
bianca, la strana immobilità della barca ci fa girare indietro a
cercare le onde. Altre barche intorno a noi, un gommone rosso si avvicina,
Luciano e Sonia vengono a bordo, ci abbracciamo, domani abbracceremo quelli
dell'Atuna.
Il groppo
che ci ha colto nell'entrare nella baia di Secret Harbour ha riempito l'aria
di un odore di terra bagnata, di muschio. Alle nostre orecchie arriva una
strana musica mai sentita prima, è una steel band che si prepara
per il Natale.
Quasi
non ci crediamo siamo parte del puntino che era su quella carta. Questa
notte sognerò un dorado che mi dice "non ti crucciare, ero parte del sogno ed è giusto così ". Per mangiare anche in traversata.
L'Atuna a Grenada
Preparare
la barca per una lunga traversata non è un impresa particolarmente
difficile; semmai, bisogna fare i conti con il fatto che saremo in un altro
paese, parlando un'altra lingua e senza tutti i negozi che già conosciamo
bene al nostro lato.
Direi
però che questo, forse è il lato piu divertente della cosa.
Presupponendo dal fatto che la barca sia già in buone condizioni
di manutenzione e attrezzata di tutto punto vorrei qui analizzare solo
ed esclusivamente ciò che riguarda la cambusa e lasciare il resto
per un prossimo discorso. Quello che vi dirò, ovviamente, sono nostre
idee personali e lungi da essere considerate legge. Anzi, direi, anche
con mia moglie, qualche volta non siamo d'accordo su qualche particolare
... in fondo due più due, in barca, non fa sempre quattro.
La cambusa
gioca un ruolo abbastanza importante nell'impresa.
Io mi
sono fatto delle idee un po' particolari e spero di riuscire qui a spiegarle.
Tenendo presente che tutto ciò che mandiamo nello stomaco è
un piacere (non solo il caffe') vediamo di organizzare la cambusa secondo
i gusti e costumi dei partecipanti e lasciamo un po' dietro ciò
che leggiamo sui manuali datati.
Chiarisco
con un esempio. Ricordo una frase (non me ne voglia chi l'ha scritta):
" i cavoli verza sono un buon apporto vitaminico, durano settimane o anche
mesi, soprattutto se si ha cura di consumare, mano a mano, le foglie esterne"
ora vediamo di analizzarla.
Per
quanto riguarda il discorso vitamine, forse, chi la scrisse, si ricorda
delle traversate di Colombo, lo scorbuto e via dicendo. Penso che con tutta
la birra che si carica in barca (chi non lo fa scagli la prima pietra)
questo sia l'ultimo dei nostri problemi.
Il fatto
di consumare poche foglie esterne per volta forse può andare bene
a chi si porta in barca la gabbia con i canarini; io ho sempre visto equipaggi
che di verze se ne mangiano una a testa. Però, il problema principale
è che quando noi imbarchiamo le verze, ci vanno sempre a male per
il semplice fatto che non ci piacciono e non le mangiamo.
Insomma,
con tutte queste stupidaggini che ho detto volevo solo far notare che è
meglio imbarcare ciò che piace e mangiamo volentieri. Non conosco
persona a cui non piacciono le patate.
Sono
buone sempre, anche solo lesse e riesce a cucinarle anche chi non ha mai
visto una pentola. Noi ne comprammo un sacco da venticinque kg alle Canarie
e rimpiango di non averne presi cento con quel che costano ai Caraibi.
Basta
lavarle e asciugarle bene prima di riporle al buio in un posto ventilato.
Le carote sono sempre un buon complemento anche se diventano subito molli.
I pomodori,
in barca, sono una leccornia salvo quando vanno a male senza accorgesene,
allora procurano crisi isteriche a chi deve pulire.
Imbarcateli
in quantità, ma poco maturi e controllateli uno a uno continuamente.
Le banane, soprattutto in casco sono un "must" e fanno parte del folclore
ma siate pronti a mangiarle tutte insieme quando matureranno.
Sempre
i famosi manuali dicono che si possono mantenere tagliate a fette, fatte
seccare stese su panni e vassoi, al sole di giorno e ritirate di notte,
facendo attenzione agli insetti e senza metterci i piedi sopra. Ma chi
ha scritto quei manuali non si è accorto che ai tropici l'unico
frutto presente tutto l'anno, economico e abbondante sono le banane?
Comunque
se vi va di fare i guardiani alle fette di banane su una barca che rolla
fino a mettere la falchetta in acqua... be! Fate pure.
Frutta
tipo, mele, arance, mandarini, limoni è sempre ben accetta da tutti
e facile da trovare alle Canarie. Direi, per ovvie ragioni, di lasciar
perdere insalate in foglie salvo gustarvene un bel piatto la sera prima
di lasciare il marina.
Anche
per quanto riguarda le uova è proprio il caso di dire che le abbiamo
provate tutte: la vaselina, la bollitura di un minuto... lasciate perdere,
si mantengono a lungo così come sono; anche un mese, basta che siano
fresche e ogni tanto giriate i contenitori perchè non stiano sempre
dallo stesso lato. State pur sicuri che se non le consumate tutte in traversata,
al vostro arrivo saranno comunque più fresche di quelle che comprerete
nei negozi delle Antille.
Non
è una battuta, è la verità.
Pane
quanto volete e mangiatelo finche non inizia ad ammuffire poi...imparate
a farlo in barca: ne riparleremo. Adesso vediamo il discorso del classico
supermercato.
Qui
bisogna aprire una parentesi.
Se la
barca lo permette direi che bisognerebbe pianificare gli acquisti anche
in rapporto a dove andremo, quanto ci staremo e quanti saremo. Alle Grenadine,
per esempio, si trova poco e tutto costa mediamente il doppio che alle
Canarie.
In Venezuela
si trova tutto ma certe cose importate sono care. Noi siamo di bocca buona
e ci accontentiamo ma certe cose fanno proprio piacere.
Imbarcammo
prima di partire ben quaranta litri di olio di oliva. Ricordate, una volta
lasciate le Canarie, non riuscirete a trovare un litro d'olio a meno di
nove/dieci dollari.
Anche
la pasta, per cosi' dire italiana, in giro se ne trova poco ed è
sempre cara, mediamente il doppio di quanto siamo abituati a pagare.
Si trova
ovunque pasta locale ma non la regalano e fa schifo. Il burro non si trova
sempre; imbarcatene abbastanza di quello in scatola, si mantiene per anni.
Attenzione
ai pelati, se non ne comprate abbastanza arriverete a barattare la vostra
randa per una scatola di quelli buoni.
Il riso
lo troverete sempre e, a volte, molto buono. Olio di semi anche. Se vi
piace l'aceto buono compratene abbastanza.
Lenticchie,
fagioli e ceci sono molto comodi in barca peccato che richiedono qualche
ora di ammollo. In pentola a pressione si può superare il problema
allungando la cottura ma li mangeremo ... spappolati.
Se avete
il frigo a bordo, portatevi salumi, affettati o meno, formaggi, patè
e intrugli vari in quelle confezioni sottovuoto. Sono un buon complemento
per gli spuntini e in caso di sciopero del cuoco. La birra fa sempre piacere
ma se è fresca. Altrimenti fa schifo. Per quanto riguarda il latte,
noi, dopo tanto tempo, siamo definitivamente passati al latte in polvere.
Non
è troppo caro occupa poco spazio (un grande barattolo da 2,5 kg.
rende 20 litri), si trova ovunque, non va a male e, soprattutto, si evita
di doversi bere a forza un litro di latte perchè qualcuno voleva
solo un caffè macchiato.
A proposito,
un termos di caffè o di cioccolata calda preparato la sera prima
di chiudere la cucina, aiuta meglio a passare le ore di guardia. Il discorso
vino è un tantino delicato per noi italiani. Semplicemente non riusciamo
a farne a meno, almeno molti di noi.
Compratene
quello che vi occorre per la traversata e tutto quello in più che
riuscite a stivarne. Poi lo pagherete a peso d'oro e quando lo trovate.
Alle Canarie si acquista il famoso "Don Simon" bianco, rosso o rosato.
È abbastanza buono e soprattutto viene in cartoni facili da stivare.
Tutte le barche ne stivano molto ed è un segno di riconoscimento
dei nuovi arrivati ai Caraibi: basta vedere i famosi cartoni gialli nell'immondizia
che sbarcano.
A proposito
dell'immondizia vorrei dirvi come ci siamo organizzati durante la traversata.
Tutti i rifiuti organici vanno a mare. La carta uguale.
Le bottiglie
rotte affondano anche loro. Le latte anche, avendo cura di romperle perchè
affondino rapidamente. Rimane solo la plastica che se ben stivata occupa
poco spazio e le buste puzzolenti, lavate prima di riporle.
Siamo
arrivati a Grenada con due soli sacchetti di plastica regolarmente gettati
nel secchio di fronte alla dogana. Per quanto riguarda il discorso dell'acqua
minerale, se non bevete l'acqua del serbatoio, fate voi i conti secondo
i partecipanti.
I famosi
manuali parlano di due litri a testa al giorno, può darsi, ma in
traversata si lavora poco e non si suda, il vero caldo lo si trova solo
alla fine... fate voi. Fate in maniera che tutto ciò che viene a
bordo venga stivato con ordine e oculatezza. Il famoso detto che in barca
"ogni cosa a suo posto, ogni posto per la sua cosa" non è stato
inventato per romperci le scatole a noi disordinati; probabilmente è
il frutto di qualcuno che durante qualche traversata si ritrovava sempre
a dover preparare colazioni o pranzi scavando nei gavoni alla ricerca di
pacchi di biscotti o latte di pomodori introvabili.
Dopo
un po' si rischia di aggiustare la dieta a ciò che si trova in quel
momento mentre la ricercatezza che tanto vorremmo riposa all'insaputa sotto
casse di birra o con i filtri della nafta. Dimenticavo: un prosciutto spagnolo
appeso da qualche parte in barca sarà forse meno folcloristico del
casco di banane e più mediterraneo che atlantico ma quanto è
più buono!!!
Di banane
ne mangerete abbastanza dopo.
Buon
vento, Flavio e Pilar
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