Puerto
la Luz, trampolino di lancio per i Caraibi
Capolinea
di partenza, quasi obbligatorio, per tutte le barche di passaggio per i
Caraibi, le Canarie sono un gruppo di isole baciate dalla fortuna. Trattasi
di territorio Spagnolo a tutti gli effetti e, quindi, economicamente e
politicamente legato all'Europa. Si trovano ad una latitudine che pur non
essendo tropicale godono di un clima meraviglioso. Non fa mai troppo freddo
ne troppo caldo, quasi un'eterna primavera. Insomma che cosa vogliamo di
più per una sosta gradevole prima della traversata atlantica ?
Ci sono
varie possibilità di ancoraggio in baia e in marina nelle varie
isole. Un posto da non mancare, se non per la sua bellezza almeno per altre
sue peculiarità, è Puerto la Luz a Gran Canaria. Questo è
forse il più importante porto commerciale delle Canarie.
Riparato
da tutti i venti dal suo lunghissimo molo frangiflutti, vi fanno scalo
navi commerciali e militari, traghetti e .... anche noi diportisti. All'interno
del porto stesso un ulteriore molo ripara e delimita la zona da diporto
nonché il marina.
Si può
dar fondo nello specchio d'acqua antistante il marina e si è protetti
e sicuri. A tiro di città si può sbarcare e lasciare il dinghy
in marina oppure al molo della Texaco dove si può fare carburante,
acqua, riempire bombole del gas e recuperare ogni sorta di informazione
e consiglio dal simpatico gestore.
Normalmente
questo è il posto ideale per le barche in preparazione per la traversata
atlantica e, quindi, molti preferiscono portare avanti preparazione e rifornimenti
ormeggiati ad uno dei pontili del marina con tanto di acqua ed elettricità.
Bene
o male si trova sempre posto salvo gli ultimi giorni prima delle regate
transatlantiche tipo ARC in cui si ammucchiano centinaia di barche in attesa
del via. Comunque, anche durante quei giorni, al pontile 11 (riservato
al locale circolo nautico e scuola vela) probabilmente saranno capaci di
trovarvi un angoletto dove ormeggiare.
Una
volta usciti dal marina si è in piena città con banche, negozi
e supermercati ... insomma come a Roma o a Milano. Fare spese, soprattutto
la cambusa, prima della partenza è qui molto facile ed economico.
Per inciso, devo dire, che qui abbiamo fatto la nostra migliore e più
economica cambusa dalla nostra partenza.
Quasi
ogni supermercato (chiedere prima) vi consegnerà la merce acquistata,
direttamente in banchina. Per il resto si trovano meccanici, elettrauto,
qualche shipchandler (anche se non eccessivamente fornito). Ovviamente
inutile dire, per i patiti di vita mondana, che non mancano bar, ristoranti
e discoteche dove passare la serata. Al lato del marina si trova il cantiere
dove poter alare la barca per un rapido carenaggio prima della traversata,
montare l'ultimo modello di log o cambiare quel passascafo che potrebbe
disturbarci i sonni delle notti atlantiche.
I prezzi
sono accettabili e comunque di gran lunghi inferiori a cosa siamo abituati
a pagare in Italia per una alaggio e varo.
A questo
punto una parentesi: vorrei far notare che dalla nostra partenza (oramai
cinque anni) abbiamo alato la barca già cinque volte in posti e
paesi differenti e, ogni volta, abbiamo pagato al massimo la metà
di quello che pagavamo in Italia per la stessa operazione.
Questo,
certamente, non a scapito dei servizi o mezzi utilizzati.
Vorrei
far rimarcare che è consuetudine nei cantieri (boatyards) di quasi
tutto il mondo includere, nel prezzo di alaggio e varo, dai tre ai cinque
giorni di stazionamento a terra che risultano quasi sempre sufficienti
per il carenaggio.
Quello
che però contraddistingue maggiormente questo scalo è l'aria
che si respira: un aria gioiosa di gente di mare che (per molti è
la prima volta) si appresta a traversare il grande ... lago. Abbiamo passato
oltre un mese in questo posto e ci è volato. Abbiamo carenato, fatto
gli ultimi preparativi, la cambusa, visto arrivare barche, partire amici
e ne portiamo un dolce ricordo nel cuore.
Tutti
i giorni, almeno una volta, il suono di cento trombe ci distoglie dalla
nostra occupazione ... il saluto ad un altro che va ... "buon vento, amico!
ci vediamo dall'altra parte".
Ancora
un giorno o due, forse una settimana e le cento trombe suoneranno per noi
che andremo, andremo di la'. Intanto domani suoneremo ancora per il nostro
vicino e quello di fronte. Quest'atmosfera gioiosa, come un'eterna festa,
che impernia l'aria è ciò che contraddistingue questo scalo
e lo renderà indimenticabile e affascinante anche al cuore più
duro da intaccare.
A Puerto
la Luz si diventa tutti una famiglia, ci si aiuta, ci si consiglia, ci
si impara a conoscere. Tutto è trasformato in una grande cooperativa
che pareggia i livelli sociali. La partenza sognata Siamo a Gomera, nostro
ultimo scalo prima di lasciare le Canarie. Si dice che anche Colombo fece
acqua su questa isola prima di avventurarsi verso l'ignoto.
Come
noi molte barche rispettano la tradizione e fanno qui il loro ultimo pieno
prima della traversata. Il porticciolo è accogliente.
Si sta
alla fonda e si scende a terra con il dinghy curando di lasciare molto
lunga la sua cima di ormeggio e fissarla alta sul molo. Qui l'escursione
di marea è tale che si rischia, dopo la passeggiata, di dover immergersi
per andare a recuperare la cima oppure di ritrovare il dinghy appeso dove
prima c'era tanta acqua. Siamo qui anche per fare la nostra scorta di vegetali
freschi a buon mercato e della migliore qualità che si possano trovare
alle Canarie. Siamo tre barche italiane.
Noi
del Pilar II. Cinquanta metri più in la c'e' l'Atuna: a bordo Silvia
e Cristiano con Elisa di due anni e mezzo e Andrea che non cammina ancora.
Ci siamo conosciuti per radio durante la burrasca che abbiamo preso da
Gibilterra alle Canarie.
Ci siamo
poi incontrati a Las Palmas ed è nata una profonda amicizia e da
allora abbiamo sempre navigato di conserva. Ancora più in la c'e'
il Creme Caravelle. Luciano e Sonia li conosciamo ancora da prima. Una
mattina del mese di Agosto si ormeggiarono accanto a noi a Malta: "ciao,
anche voi Italiani. Da Dove venite?" "Dalla Grecia e andiamo ai Caraibi"
"Allora andiamo insieme !!" Siamo tutti quanti pronti e per l'ennesima
volta ricontrolliamo quella scotta o verifichiamo che le casse di birra
siano ben stivate.
Domani
faremo il carico di frutta e di acqua. Forse siamo un po' nervosi o forse
solo eccitati dall'idea della prossima partenza. Al bar della piazza, tutti
insieme, seduti di fronte a una birra, parliamo del più e del meno...ma
le nostre menti sono la in mezzo al mare cercando di scrutare oltre e anticipare
i fatti.
Le famose
onde lunghe, i lunghi giorni, i dorados e i pesci volanti...come saranno.
I libri già c'e' l'hanno anticipato ma ogni occhio vede in maniera
differente.
Così
lo scrittore le vede in un modo, il traduttore in un altro e il lettore
in un altro ancora. Poi arriva la realtà, la realtà vista
dagli occhi che sono dentro di noi e che ci presentano le cose sotto altri
aspetti. Questo è l'immagine vera, fatta di colori, odori, sensazioni
e sentimenti. Questo è ciò che rimane impresso nel nostro
cuore e che mai si potrà esprimere con una penna o catturare con
una foto.
giocando
con i tangoni
Una realtà
che prende forme diverse a seconda del momento, dello stato d'animo e dell'umore.
Insomma la famosa bottiglia che è mezzo piena per l'ottimista e
mezzo vuota per il pessimista. Un sacco di patate da dividere in due, un
casco di banane che come già sappiamo matureranno tutte insieme
... ma lo prendiamo uguale. Tante verze che si mantengono molto e un sacco
di arance perchè non manchino le vitamine ... anche se prima non
mangiavo mai frutta ne pensavo alle vitamine. E poi pomodori, cetrioli,
cipolle a profusione ... ma riusciremo a finire tutto?
Aspettiamo
che parta l'ultimo traghetto della giornata per poi poter accostare al
molo per fare acqua. Tre moduli da compilare con tutti i dati della barca,
seicento lire da pagare e il serbatoio è pieno.
Alla
sera ancora una birra allo Yacht Club con gli amici, una telefonata, saluti
e abbracci e a nanna che domani si va. È il 15 Novembre e l'alba
ci presenta una stupenda giornata soleggiata, tipica delle Canarie con
quel misto di odori di mare e di terra.
Poi
l'odore del caffè che sale dalla cucina; non so perchè ma
in barca il caffe' è sempre più buono e il suo odore ancor
di più. Una leggera brezza increspa le acque del porto dove ciondolano
pigre una decina di barche a vela.
Oggi
partiremo in tre ma domani gli altri ci seguiranno come noi seguiamo chi
è partito ieri. I pescatori sono già al lavoro da qualche
ora mentre le vie della città si animano di gente che, per noi,
è già molto lontana visto che da ieri sera abbiamo già
sgonfiato e legato in coperta il nostro gommone.
Solo
poche pompate basterebbero per ristabilire un ponte che invece dentro di
noi abbiamo oramai cancellato. Da ieri sera il nostro mondo è la
nostra barca, la nostra Pilar II e l'oceano che abbiamo di fronte e che
ci cullerà per chissà quanti giorni.
Duemilasettecento
miglia per Grenada o ottocento per Capoverde. Si deciderà per la
via dove andare. Siamo attirati molto dal quel gruppo di isole africane
e dalle notizie che ci arrivano; devono essere molto accoglienti. Abbiamo
però anche appuntamento con amici di altre barche per passare il
Natale alle Grenadine.
Vedremo
cosa ci dirà Eolo e la bussola che ognuno di noi si porta dentro.
La prima ancora a venire su è quella del Creme Caravelle, loro hanno
sempre fretta come se su una navigata di oltre duemila miglia fosse importante
la mezz'ora. La nostra, una volta tirata su, viene smanigliata dalla catena
e assicurata a piede d'albero.
PILAR
II alle Canarie
|
Si va!
Segue l'Atuna. Tanti "in culo alla balena" sul canale 9; dalle altre barche
ci salutano con colpi di tromba .. "arrivederci amici, ci vediamo di la".
Poco vento ma la direzione è giusta; il nostro Aliseo Portoghese
ha deciso di farci abituare gradualmente ai movimenti della barca e al
nostro nuovo mondo fatto di acqua, vento e solitudine. |
Passano
i giorni e a bordo si cucina, si legge, si dorme mentre il pilota automatico
instancabile guida, con il suo occhio elettronico, la barca verso la sua
meta. Siamo tutti vicino, poche miglia uno dall'altro.
Siamo
tutti scesi di latitudine come da manuale. Si gioca con lo spi, l'MPS e
intanto "Sao Vicente" è a poche miglia. Se non ci andiamo ora non
le vedremo più! Dai, allunghiamo solo di centocinquanta miglia!
Bene,
tutti d'accordo... al tramonto del settimo giorno buttiamo l'ancora nella
baia di Mindelo. Ci destreggiamo a motore tra chiatte, rimorchiatori e
barche a vela ancorate.
Il vento
è rinforzato ad oltre quaranta nodi nelle ultime due ore ma siamo
riparati dalla costa e non c'e' onda.
Ci avevano
avvisato di questo fenomeno locale.
Fatichiamo
un poco a rimontare la nostra ancora di sessanta libre sulla catena ma
poi siamo ripagati con uno stupendo tramonto africano che ammiriamo in
silenzio seduti in pozzetto sorseggiando un "Cuba Libre" per festeggiare
l'arrivo.
Siamo
contenti di essere venuti, staremo pochi giorni per non mancare al nostro
appuntamento di Natale a Grenada. Il nostro gommone è piccolo mentre
sull'Atuna hanno un gommone di tre metri e mezzo però il loro fuoribordo
è morto.
Il giorno
seguente, allora, decidiamo di ormeggiare le barche affiancate con le due
ancore afforcate.. e la cooperativa è fatta. Il loro gommone, con
il nostro fuoribordo, ci porta a terra e andiamo a fare le pratiche di
entrata. Una sosta al locale "baretto" per una birra ghiacciata e poi a
zonzo per le strade del paese.
Siamo
colpiti dalla estrema povertà di questa gente. Il nostro sacco dell'immondizia
viene passato al setaccio dai bambini e poco resta dell'originale contenuto.
Un gruppo
di loro ci accompagnerà per tutta la passeggiata, facendoci da guida.
Non conosciamo il portoghese ma con l'aiuto dello spagnolo e dei gesti
ci capiamo.
Si torna
a bordo, gli regaliamo qualche caramella e domani gli porteremo qualche
maglietta. Sono felici, anche noi lo siamo. Il ragazzo che ci ha fatto
la guardia al gommone dice che non gli dobbiamo niente, per ora. Vuole
essere il nostro uomo di fiducia per tutto il soggiorno e quando partiremo
lo ricompenseremo con ciò che vogliamo.
Così
è, ed ogni volta che scendiamo a terra lui e li' ad aspettarci e
ci aiuta a tirare sulla spiaggia il gommone. È veramente buona gente
e nonostante la povertà alla quale la storia e gli eventi politici
li ha costretti conservano tutta la loro ospitalità e dignità.
Domani
si parte, siamo tristi, ma soprattutto siamo dispiaciuti di non aver pianificato
per tempo una più lunga sosta in questo arcipelago. Abbiamo visto
questa isola ... ce ne sono altre e tutte promettono molto.
Se mai
ripasseremo dovremo dedicare molti mesi a questi posti.
Ma i
fatti cambiano la vita e la minestra riscaldata non è mai buona.
Porteremo sempre nel nostro cuore il caldo saluto del nostro uomo di fiducia
che indossa le scarpe che gli abbiamo regalato, forse le sue prime scarpe.
Il nugolo
di bambini che ci accompagnano portandoci per mano e il vecchietto con
la pelle cotta dal sole e dal vento che ci offre quattro sardine in uno
sciame di mosche.
Il pescatore
di aragoste che in cambio di una maschera ci ha fornito da mangiare per
una settimana. I colori dei fiori della piazza di Mindelo. I tramonti di
un giallo acceso che pensavamo esistesse solo nei film. Capiamo ora quando
sentiamo parlare di mal d'Africa ... e ne abbiamo visto solo una briciola.
Un angolo d'Africa Capo Verde è un arcipelago di quattordici isole
al largo della costa occidentale africana.
Separato
dalla stessa da un canale di circa trecentocinquanta miglia. Trattasi di
isole di origine vulcanica e un vulcano è tuttora attivo su "Ilha
do Fogo". Un tempo rigogliosamente verdeggianti la storia e la debennaggine
umana le ha portate a una deforestazione indiscriminata che ha fatto si,
che anche il clima variasse con gli anni.
Attualmente
queste isole sono molto secche e la carenza d'acqua, anche potabile, è
uno dei maggiori tra i loro problemi. Le poche coltivazioni di banane e
arance, una piccola industria di inscatolamento e un cantiere navale sono
le loro uniche entrate oltre alla pesca dell'aragosta.
Per
contro l'importazione di generi alimentari e ogni altra cosa pesa sul paese
e schiaccia la loro economia sempre più, rendendolo sempre più
povero. Sembra che ultimamente si stia sviluppando un certo turismo che
potrebbe portare una boccata di ossigeno alla popolazione.
Come
vi dicevo noi abbiamo avuto modo di visitare solo "Sao Vicente". Qui si
trova Mindelo, la capitale. "Ila do Sal" è forse l'isola più
importante in quanto sede dell'unico aereoporto internazionale. Consiglio
caldamente una sosta su queste isole alle barche dirette ai Caraibi.
Tenete
presente, però, che i servizi sono praticamente quasi nulli. A Mindelo
l'acqua arriva da un desalinizzatore che funziona un paio di ore al giorno
in orari non definiti. Di solito intorno alle undici di mattina.
Il locale
Club Nautico (Praticamente un baretto con bagni e qualche foto di barche)
vi permetterà di prendere l'acqua in taniche (gratis) sempreché
riusciate a trovarvi li al momento che arrivi. Benzina e gasolio si può
acquistare da una pompa a trenta metri da una spiaggia dove potete arrivare
con il dinghy.
Potete
cambiare valuta (solo dollari) in una banca locale prevedendo di passare
un paio di ore in fila. Non conterei molto sulla possibilità di
ritirare contanti con carte di credito. C'e' un mercato di vegetali molto
fornito. I prodotti sono tutti importati e cari che non vi dico. Tanto
per fare un esempio ci vogliono diecimila lire per un kg di frutta o di
patate o di cipolle e mille lire per la busta se non l'avete portata voi.
C'e'
un supermercato con prodotti, sempre importati, dove potete trovare parecchie
cose ma sempre molto care. Stranamente, mi ricordo, trovammo un formaggio
olandese ad un prezzo accettabile e ne stivammo qualche kg oltre a del
burro in scatola. Comprammo un cartone di uova perchè proprio ci
occorrevano ma ci vennero le lacrime agli occhi quando uno arrivò
a bordo rotto.
Un paio
di ferramenta possono fornire materiale di prima necessità. Dimenticavo;
se dovete telefonare lo potete fare da telefoni pubblici presso la locale
compagnia telefonica ma armatevi di pazienza: abbiamo speso anche mezza
giornata in attesa del collegamento senza poi nessun successo.
Però
ragazzi, se siamo arrivati qui è per cercare e conoscere altre cose
che non si vendono al supermercato ne si acquistano per corrispondenza.
Le abbiamo trovate, le abbiamo vissute, e nessuno potrà più
portarcele via.
Mi auguro
solo che il nostro uomo di fiducia e il vecchietto delle sardine rimangano
sempre tali e non si trasformino in un depliant turistico di qualche megalbergo
o di una compagnia di charter.
Buon
vento a tutti da bordo del "PilarII"
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