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Flavio e Pilar (terzo doc.)  
Puerto la Luz, trampolino di lancio per i Caraibi  

Capolinea di partenza, quasi obbligatorio, per tutte le barche di passaggio per i Caraibi, le Canarie sono un gruppo di isole baciate dalla fortuna. Trattasi di territorio Spagnolo a tutti gli effetti e, quindi, economicamente e politicamente legato all'Europa. Si trovano ad una latitudine che pur non essendo tropicale godono di un clima meraviglioso. Non fa mai troppo freddo ne troppo caldo, quasi un'eterna primavera. Insomma che cosa vogliamo di più per una sosta gradevole prima della traversata atlantica ?  
Ci sono varie possibilità di ancoraggio in baia e in marina nelle varie isole. Un posto da non mancare, se non per la sua bellezza almeno per altre sue peculiarità, è Puerto la Luz a Gran Canaria. Questo è forse il più importante porto commerciale delle Canarie. 
Riparato da tutti i venti dal suo lunghissimo molo frangiflutti, vi fanno scalo navi commerciali e militari, traghetti e .... anche noi diportisti. All'interno del porto stesso un ulteriore molo ripara e delimita la zona da diporto nonché il marina.  
Si può dar fondo nello specchio d'acqua antistante il marina e si è protetti e sicuri. A tiro di città si può sbarcare e lasciare il dinghy in marina oppure al molo della Texaco dove si può fare carburante, acqua, riempire bombole del gas e recuperare ogni sorta di informazione e consiglio dal simpatico gestore.  
Normalmente questo è il posto ideale per le barche in preparazione per la traversata atlantica e, quindi, molti preferiscono portare avanti preparazione e rifornimenti ormeggiati ad uno dei pontili del marina con tanto di acqua ed elettricità.  
Bene o male si trova sempre posto salvo gli ultimi giorni prima delle regate transatlantiche tipo ARC in cui si ammucchiano centinaia di barche in attesa del via. Comunque, anche durante quei giorni, al pontile 11 (riservato al locale circolo nautico e scuola vela) probabilmente saranno capaci di trovarvi un angoletto dove ormeggiare.  
Una volta usciti dal marina si è in piena città con banche, negozi e supermercati ... insomma come a Roma o a Milano. Fare spese, soprattutto la cambusa, prima della partenza è qui molto facile ed economico. Per inciso, devo dire, che qui abbiamo fatto la nostra migliore e più economica cambusa dalla nostra partenza.  
Quasi ogni supermercato (chiedere prima) vi consegnerà la merce acquistata, direttamente in banchina. Per il resto si trovano meccanici, elettrauto, qualche shipchandler (anche se non eccessivamente fornito). Ovviamente inutile dire, per i patiti di vita mondana, che non mancano bar, ristoranti e discoteche dove passare la serata. Al lato del marina si trova il cantiere dove poter alare la barca per un rapido carenaggio prima della traversata, montare l'ultimo modello di log o cambiare quel passascafo che potrebbe disturbarci i sonni delle notti atlantiche.  
I prezzi sono accettabili e comunque di gran lunghi inferiori a cosa siamo abituati a pagare in Italia per una alaggio e varo.  
A questo punto una parentesi: vorrei far notare che dalla nostra partenza (oramai cinque anni) abbiamo alato la barca già cinque volte in posti e paesi differenti e, ogni volta, abbiamo pagato al massimo la metà di quello che pagavamo in Italia per la stessa operazione.  
Questo, certamente, non a scapito dei servizi o mezzi utilizzati.  
Vorrei far rimarcare che è consuetudine nei cantieri (boatyards) di quasi tutto il mondo includere, nel prezzo di alaggio e varo, dai tre ai cinque giorni di stazionamento a terra che risultano quasi sempre sufficienti per il carenaggio.  
Quello che però contraddistingue maggiormente questo scalo è l'aria che si respira: un aria gioiosa di gente di mare che (per molti è la prima volta) si appresta a traversare il grande ... lago. Abbiamo passato oltre un mese in questo posto e ci è volato. Abbiamo carenato, fatto gli ultimi preparativi, la cambusa, visto arrivare barche, partire amici e ne portiamo un dolce ricordo nel cuore.  
Tutti i giorni, almeno una volta, il suono di cento trombe ci distoglie dalla nostra occupazione ... il saluto ad un altro che va ... "buon vento, amico! ci vediamo dall'altra parte".  
Ancora un giorno o due, forse una settimana e le cento trombe suoneranno per noi che andremo, andremo di la'. Intanto domani suoneremo ancora per il nostro vicino e quello di fronte. Quest'atmosfera gioiosa, come un'eterna festa, che impernia l'aria è ciò che contraddistingue questo scalo e lo renderà indimenticabile e affascinante anche al cuore più duro da intaccare.  
A Puerto la Luz si diventa tutti una famiglia, ci si aiuta, ci si consiglia, ci si impara a conoscere. Tutto è trasformato in una grande cooperativa che pareggia i livelli sociali. La partenza sognata Siamo a Gomera, nostro ultimo scalo prima di lasciare le Canarie. Si dice che anche Colombo fece acqua su questa isola prima di avventurarsi verso l'ignoto.  
Come noi molte barche rispettano la tradizione e fanno qui il loro ultimo pieno prima della traversata. Il porticciolo è accogliente.  
Si sta alla fonda e si scende a terra con il dinghy curando di lasciare molto lunga la sua cima di ormeggio e fissarla alta sul molo. Qui l'escursione di marea è tale che si rischia, dopo la passeggiata, di dover immergersi per andare a recuperare la cima oppure di ritrovare il dinghy appeso dove prima c'era tanta acqua. Siamo qui anche per fare la nostra scorta di vegetali freschi a buon mercato e della migliore qualità che si possano trovare alle Canarie. Siamo tre barche italiane.  
Noi del Pilar II. Cinquanta metri più in la c'e' l'Atuna: a bordo Silvia e Cristiano con Elisa di due anni e mezzo e Andrea che non cammina ancora. Ci siamo conosciuti per radio durante la burrasca che abbiamo preso da Gibilterra alle Canarie.  
Ci siamo poi incontrati a Las Palmas ed è nata una profonda amicizia e da allora abbiamo sempre navigato di conserva. Ancora più in la c'e' il Creme Caravelle. Luciano e Sonia li conosciamo ancora da prima. Una mattina del mese di Agosto si ormeggiarono accanto a noi a Malta: "ciao, anche voi Italiani. Da Dove venite?" "Dalla Grecia e andiamo ai Caraibi" "Allora andiamo insieme !!" Siamo tutti quanti pronti e per l'ennesima volta ricontrolliamo quella scotta o verifichiamo che le casse di birra siano ben stivate.  
Domani faremo il carico di frutta e di acqua. Forse siamo un po' nervosi o forse solo eccitati dall'idea della prossima partenza. Al bar della piazza, tutti insieme, seduti di fronte a una birra, parliamo del più e del meno...ma le nostre menti sono la in mezzo al mare cercando di scrutare oltre e anticipare i fatti.  
Le famose onde lunghe, i lunghi giorni, i dorados e i pesci volanti...come saranno. I libri già c'e' l'hanno anticipato ma ogni occhio vede in maniera differente.  
Così lo scrittore le vede in un modo, il traduttore in un altro e il lettore in un altro ancora. Poi arriva la realtà, la realtà vista dagli occhi che sono dentro di noi e che ci presentano le cose sotto altri aspetti. Questo è l'immagine vera, fatta di colori, odori, sensazioni e sentimenti. Questo è ciò che rimane impresso nel nostro cuore e che mai si potrà esprimere con una penna o catturare con una foto. 

giocando con i tangoni
giocando con i tangoni
Una realtà che prende forme diverse a seconda del momento, dello stato d'animo e dell'umore. Insomma la famosa bottiglia che è mezzo piena per l'ottimista e mezzo vuota per il pessimista. Un sacco di patate da dividere in due, un casco di banane che come già sappiamo matureranno tutte insieme ... ma lo prendiamo uguale. Tante verze che si mantengono molto e un sacco di arance perchè non manchino le vitamine ... anche se prima non mangiavo mai frutta ne pensavo alle vitamine. E poi pomodori, cetrioli, cipolle a profusione ... ma riusciremo a finire tutto?  
Aspettiamo che parta l'ultimo traghetto della giornata per poi poter accostare al molo per fare acqua. Tre moduli da compilare con tutti i dati della barca, seicento lire da pagare e il serbatoio è pieno.  
Alla sera ancora una birra allo Yacht Club con gli amici, una telefonata, saluti e abbracci e a nanna che domani si va. È il 15 Novembre e l'alba ci presenta una stupenda giornata soleggiata, tipica delle Canarie con quel misto di odori di mare e di terra.  
Poi l'odore del caffè che sale dalla cucina; non so perchè ma in barca il caffe' è sempre più buono e il suo odore ancor di più. Una leggera brezza increspa le acque del porto dove ciondolano pigre una decina di barche a vela.  
Oggi partiremo in tre ma domani gli altri ci seguiranno come noi seguiamo chi è partito ieri. I pescatori sono già al lavoro da qualche ora mentre le vie della città si animano di gente che, per noi, è già molto lontana visto che da ieri sera abbiamo già sgonfiato e legato in coperta il nostro gommone.  
Solo poche pompate basterebbero per ristabilire un ponte che invece dentro di noi abbiamo oramai cancellato. Da ieri sera il nostro mondo è la nostra barca, la nostra Pilar II e l'oceano che abbiamo di fronte e che ci cullerà per chissà quanti giorni.  
Duemilasettecento miglia per Grenada o ottocento per Capoverde. Si deciderà per la via dove andare. Siamo attirati molto dal quel gruppo di isole africane e dalle notizie che ci arrivano; devono essere molto accoglienti. Abbiamo però anche appuntamento con amici di altre barche per passare il Natale alle Grenadine.  
Vedremo cosa ci dirà Eolo e la bussola che ognuno di noi si porta dentro. La prima ancora a venire su è quella del Creme Caravelle, loro hanno sempre fretta come se su una navigata di oltre duemila miglia fosse importante la mezz'ora. La nostra, una volta tirata su, viene smanigliata dalla catena e assicurata a piede d'albero.  
 
PILAR II alle Canarie
PILAR II alle Canarie 
Si va! Segue l'Atuna. Tanti "in culo alla balena" sul canale 9; dalle altre barche ci salutano con colpi di tromba .. "arrivederci amici, ci vediamo di la". Poco vento ma la direzione è giusta; il nostro Aliseo Portoghese ha deciso di farci abituare gradualmente ai movimenti della barca e al nostro nuovo mondo fatto di acqua, vento e solitudine.
 Passano i giorni e a bordo si cucina, si legge, si dorme mentre il pilota automatico instancabile guida, con il suo occhio elettronico, la barca verso la sua meta. Siamo tutti vicino, poche miglia uno dall'altro.  
Siamo tutti scesi di latitudine come da manuale. Si gioca con lo spi, l'MPS e intanto "Sao Vicente" è a poche miglia. Se non ci andiamo ora non le vedremo più! Dai, allunghiamo solo di centocinquanta miglia!  
Bene, tutti d'accordo... al tramonto del settimo giorno buttiamo l'ancora nella baia di Mindelo. Ci destreggiamo a motore tra chiatte, rimorchiatori e barche a vela ancorate.  
Il vento è rinforzato ad oltre quaranta nodi nelle ultime due ore ma siamo riparati dalla costa e non c'e' onda.  
Ci avevano avvisato di questo fenomeno locale.  
Fatichiamo un poco a rimontare la nostra ancora di sessanta libre sulla catena ma poi siamo ripagati con uno stupendo tramonto africano che ammiriamo in silenzio seduti in pozzetto sorseggiando un "Cuba Libre" per festeggiare l'arrivo.  
Siamo contenti di essere venuti, staremo pochi giorni per non mancare al nostro appuntamento di Natale a Grenada. Il nostro gommone è piccolo mentre sull'Atuna hanno un gommone di tre metri e mezzo però il loro fuoribordo è morto.  
Il giorno seguente, allora, decidiamo di ormeggiare le barche affiancate con le due ancore afforcate.. e la cooperativa è fatta. Il loro gommone, con il nostro fuoribordo, ci porta a terra e andiamo a fare le pratiche di entrata. Una sosta al locale "baretto" per una birra ghiacciata e poi a zonzo per le strade del paese. 
Siamo colpiti dalla estrema povertà di questa gente. Il nostro sacco dell'immondizia viene passato al setaccio dai bambini e poco resta dell'originale contenuto.  
Un gruppo di loro ci accompagnerà per tutta la passeggiata, facendoci da guida. Non conosciamo il portoghese ma con l'aiuto dello spagnolo e dei gesti ci capiamo.  
Si torna a bordo, gli regaliamo qualche caramella e domani gli porteremo qualche maglietta. Sono felici, anche noi lo siamo. Il ragazzo che ci ha fatto la guardia al gommone dice che non gli dobbiamo niente, per ora. Vuole essere il nostro uomo di fiducia per tutto il soggiorno e quando partiremo lo ricompenseremo con ciò che vogliamo.  
Così è, ed ogni volta che scendiamo a terra lui e li' ad aspettarci e ci aiuta a tirare sulla spiaggia il gommone. È veramente buona gente e nonostante la povertà alla quale la storia e gli eventi politici li ha costretti conservano tutta la loro ospitalità e dignità.  
Domani si parte, siamo tristi, ma soprattutto siamo dispiaciuti di non aver pianificato per tempo una più lunga sosta in questo arcipelago. Abbiamo visto questa isola ... ce ne sono altre e tutte promettono molto.  
Se mai ripasseremo dovremo dedicare molti mesi a questi posti.  
Ma i fatti cambiano la vita e la minestra riscaldata non è mai buona. Porteremo sempre nel nostro cuore il caldo saluto del nostro uomo di fiducia che indossa le scarpe che gli abbiamo regalato, forse le sue prime scarpe.  
Il nugolo di bambini che ci accompagnano portandoci per mano e il vecchietto con la pelle cotta dal sole e dal vento che ci offre quattro sardine in uno sciame di mosche.  
Il pescatore di aragoste che in cambio di una maschera ci ha fornito da mangiare per una settimana. I colori dei fiori della piazza di Mindelo. I tramonti di un giallo acceso che pensavamo esistesse solo nei film. Capiamo ora quando sentiamo parlare di mal d'Africa ... e ne abbiamo visto solo una briciola. Un angolo d'Africa Capo Verde è un arcipelago di quattordici isole al largo della costa occidentale africana.  
Separato dalla stessa da un canale di circa trecentocinquanta miglia. Trattasi di isole di origine vulcanica e un vulcano è tuttora attivo su "Ilha do Fogo". Un tempo rigogliosamente verdeggianti la storia e la debennaggine umana le ha portate a una deforestazione indiscriminata che ha fatto si, che anche il clima variasse con gli anni.  
Attualmente queste isole sono molto secche e la carenza d'acqua, anche potabile, è uno dei maggiori tra i loro problemi. Le poche coltivazioni di banane e arance, una piccola industria di inscatolamento e un cantiere navale sono le loro uniche entrate oltre alla pesca dell'aragosta.  
Per contro l'importazione di generi alimentari e ogni altra cosa pesa sul paese e schiaccia la loro economia sempre più, rendendolo sempre più povero. Sembra che ultimamente si stia sviluppando un certo turismo che potrebbe portare una boccata di ossigeno alla popolazione.  
Come vi dicevo noi abbiamo avuto modo di visitare solo "Sao Vicente". Qui si trova Mindelo, la capitale. "Ila do Sal" è forse l'isola più importante in quanto sede dell'unico aereoporto internazionale. Consiglio caldamente una sosta su queste isole alle barche dirette ai Caraibi.  
Tenete presente, però, che i servizi sono praticamente quasi nulli. A Mindelo l'acqua arriva da un desalinizzatore che funziona un paio di ore al giorno in orari non definiti. Di solito intorno alle undici di mattina.  
Il locale Club Nautico (Praticamente un baretto con bagni e qualche foto di barche) vi permetterà di prendere l'acqua in taniche (gratis) sempreché riusciate a trovarvi li al momento che arrivi. Benzina e gasolio si può acquistare da una pompa a trenta metri da una spiaggia dove potete arrivare con il dinghy. 
Potete cambiare valuta (solo dollari) in una banca locale prevedendo di passare un paio di ore in fila. Non conterei molto sulla possibilità di ritirare contanti con carte di credito. C'e' un mercato di vegetali molto fornito. I prodotti sono tutti importati e cari che non vi dico. Tanto per fare un esempio ci vogliono diecimila lire per un kg di frutta o di patate o di cipolle e mille lire per la busta se non l'avete portata voi.  
C'e' un supermercato con prodotti, sempre importati, dove potete trovare parecchie cose ma sempre molto care. Stranamente, mi ricordo, trovammo un formaggio olandese ad un prezzo accettabile e ne stivammo qualche kg oltre a del burro in scatola. Comprammo un cartone di uova perchè proprio ci occorrevano ma ci vennero le lacrime agli occhi quando uno arrivò a bordo rotto.  
Un paio di ferramenta possono fornire materiale di prima necessità. Dimenticavo; se dovete telefonare lo potete fare da telefoni pubblici presso la locale compagnia telefonica ma armatevi di pazienza: abbiamo speso anche mezza giornata in attesa del collegamento senza poi nessun successo.  
Però ragazzi, se siamo arrivati qui è per cercare e conoscere altre cose che non si vendono al supermercato ne si acquistano per corrispondenza. Le abbiamo trovate, le abbiamo vissute, e nessuno potrà più portarcele via.  
Mi auguro solo che il nostro uomo di fiducia e il vecchietto delle sardine rimangano sempre tali e non si trasformino in un depliant turistico di qualche megalbergo o di una compagnia di charter.  
Buon vento a tutti da bordo del "PilarII"  
 
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