In barca
non si è mai soli 09/02/99
Dalla
nostra partenza dall'Italia, cinque anni fa, non avevamo mai lasciato la
barca per periodi più lunghi di un giorno o due. Poi lo scorso ottobre
la decisione; una serie di motivi burocratici richiedono una nostra visita
in Italia.
"Dai
andiamo che rivediamo un po' di amici", "ma si che possiamo comprare anche
quei ricambi", "e la barca?!"
Ecco
il dilemma: la barca!.
"I marina
sono pieni di barche lasciate a svernare per lunghi mesi senza che nulla
accada". Si, ma quella non è la loro casa, il loro unico bene. Come
si fa a parcheggiare una barca come si fa con l'auto? Eppure è così,
non se ne può fare a meno.
Siamo
nel Rio Dulce, in Guatemala. Un piccolo marina, qualche pontile di legno,
pochi rubinetti d'acqua. Una natura rigogliosa con palme, orchidee e tanti
giacinti che galleggiano trasportati dalla corrente. La sveglia, la mattina,
con i gridi dei pappagalli che in coppia si muovono al levar del sole.
L'oceano,
a quaranta miglia di distanza, abbiamo quasi dimenticato come è
fatto. Siamo entrati e abbiamo risalito questo fiume pieno di vita lungo
le cui sponde si affacciano villaggi di indios che vivono ancora come secoli
addietro. Sembra che il tempo si sia fermato. Canoe ricavate da un tronco
scavato e tanti sorrisi di bambini che forse non hanno mai visto una televisione.
Arriva la sera, Il sole cala dietro la foresta umida accompagnato dai gridi
delle scimmie; questo è il Rio Dulce.
Si,
questo è il Rio Dulce, una sola strada che porta alla capitale;
arriva sull'agglomerato di case che si chiama "El Relleno". Ciò
che arriva qui, via strada, poi riparte e si distribuisce per cento miglia
di fiume solo con barche e canoe e, molto spesso, a remi; non ci sono altre
strade. E qui vicino il marina. Una laguna senza accesso da terra, se non
attraversando una palude. Si va e viene dalla terraferma con il gommone.
Suzanna, una francese capitata qui con la sua barca dieci anni fa' si innamorò
del posto e diede il via a questo marina che porta ancora il suo nome dopo
la sua morte, avvenuta due anni fa.
Abbiamo
deciso: andiamo. Quindici giorni per preparare la barca; sembra incredibile
ma è così. Quindici giorni per far si che non soffra di solitudine.
Questa è la prima volta. Ma in fondo non è sola ... in barca
non si è mai soli.
Ci spaventa
un poco dover tornare a combattere con uffici postali, banche e ministeri.
Oramai eravamo più abituati alle dogane, uffici immigrazione e shipchandler.
No, sicuramente non è sola, ci sono tanti amici con lei.
Amici
che, come noi, hanno mollato tutto e sono qui a compartire con la natura
questo angolo di paradiso. Lorenzo ed Ellen di "Arca", Renato e Mariapia
di "Martina", May e John di "Enigma" e poi Max che a bordo dell'Old Dream,
la barca del padre, deve sistemare alcune cose, mentre il Capitano, Emilio
sarà in Italia anche lui.
Alcuni
di loro non li rivedremo; al nostro ritorno avranno preso la via per Panama.
Partiranno appena il tempo indicherà che la stagione degli uragani
è passata e l'inverno ha preso il suo posto. Pochi giorni ancora,
tanto per sicurezza.
Qui
si è al sicuro. Qui non sono mai passati uragani. Lasciamo telefoni,
recapiti, ci assicurano... ci consolano "dai tornerete presto". Combattuti
tra la gioia di incontrare persone che non vediamo da anni e il dolore
di lasciare quelle con cui compartiamo la vita di ogni giorno. "Pilar II"
la nostra barca, tutto quanto abbiamo è lei e ciò contiene.
Con noi abbiamo solo pochi vestiti, i passaporti, e tanti ricordi di mare.
Tutto il resto e li, ormeggiato al molo del Suzanna's Laguna mentre il
nostro aereo si allontana.
E poi
i saluti, gli abbracci, le foto, le novità, qualcuno ti capisce,
altri no. Pazienza, comunque vada Pilar II è la che ci aspetta al
molo del Suzanna's Laguna a quaranta miglia dal mare.
Abbiamo
previsto tutto, fra poco torneremo e ci saranno tanti regali anche per
lei, soprattutto per lei. Anche Emilio tornerà insieme a noi; ci
telefona da Milano.
"Sai,
ha telefonato Max dal Rio, c'e' un uragano al largo dell'Honduras !". Mitch
e' nato e cresciuto su quell'oceano che è solo a quaranta miglia
dal Suzanna's laguna!.
E chi
lo dice che un miglio è sempre un miglio?
Improvvisamente
le nostre quaranta miglia sono diventate talmente corte che avremmo voluto
che fossero quattrocento. Iniziano le ricerche di informazioni e verita'!
Sul
Rio Dulce non hanno ancora linee telefoniche. In marina, però hanno
un cellulare. Lorenzo ci dice di star tranquilli anche se le previsioni
prevedono che passi proprio di li. Fa presto lui a dirlo, ma noi non dormiamo.
Ci dice
che insieme agli altri amici ci hanno preparato la barca, sgombrato la
coperta, rinforzato gli ormeggi, calate due ancore che avevamo nel gavone.
"State
tranquilli", è facile dirlo ma noi siamo qui davanti al televisore
mentre Mitch ha iniziato a seminare morte e distruzione. Passa un altro
giorno, chiamiamo ancora, proviamo per ore, altri numeri sul Rio ... tutto
isolato. Il panico. Un altro giorno e arriva un e-mail dal Venezuela.
Chicco
ci scrive dopo aver parlato con Lorenzo per SSB; "State tranquilli, forse
non ci prende in pieno. Piove tanto, il fiume è un metro sopra i
pontili. Manca cibo, benzina, elettricità e telefoni, acqua abbiamo
quella piovana.
State
tranquilli, ci siamo noi". I nostri pensieri vanno a tutti gli amici che
abbiamo conosciuto e vivono alle "Isole della Baya" in Honduras. Mitch
e sopra di loro, fermo da trentasei ore con i suoi centocinquanta nodi
di vento e pioggia indeciso che direzione prendere. Abbiamo passato sette
mesi con loro.
Li rivedremo?
Che cavolo ci stiamo a fare qui, a Roma?
Il nostro
mondo e la' con gli amici che hanno bisogno di noi .... no, forse siamo
noi che abbiamo bisogno di loro, qui ci sentiamo persi, impotenti mentre
tutto ciò che abbiamo è li, ormeggiato al molo del Suzanna's
laguna. Intanto i telegiornali inviano foto, filmati e notizie confuse
e slegate.
Confondono
luoghi e paesi come se la geografia fosse un utopia.
Basta
raccontare fatti e numeri, mostrare immagini che fanno presa sulla gente.
Qualche cosa da raccontare, sorgono come per incanto esperti di uraganologia
e catastrofologia che si mostrano in passerella e insegnano tutto!
Però
confondono il Belize con il Nicaragua.
Ancora
un giorno, ancora un altro, tanta rabbia, il problema adesso è l'acqua
che sale, sale ... ma fino a quando? Ancora Chicco che ha parlato con Lorenzo:
"State tranquilli l'acqua ha smesso di salire. Mitch è stato degradato
a tempesta tropicale, sotto i sessanta nodi. La corrente è forte
ma tutto è sotto controllo.
" Grazie
amici ... e scusateci di non essere li con voi. La gioia dello scampato
pericolo e la sensazione di aver abbandonato la barca e gli amici ci invadono
e ci confondono, ma la data impressa sul biglietto di ritorno ci rincuora,
fra pochi giorni si torna a casa.
Al nostro
ritorno non troveremo L'arca, il Martina, L'Old Dream. Sono partiti da
pochi giorni, prima che l'aliseo invernale renda troppo dure le duecento
miglia da fare contro vento.
Pilar
II ci aspetta al molo del Suzanna's laguna. Ancora un ancora da togliere
e due mesi di solitudine da lavare. Una nuova cucina e i ricambi del salpancore
per farci perdonare.
Alle
cinque l'appuntamento radio "ciao, Lorenzo; ciao Renato" "Roger, Flavio,
bentornati, scusate per l'ancora ma avevamo tante cose da preparare per
la partenza" "no amici, scusate voi, ci vediamo e fateci sapere delle San
Blas, dicono ci vivano indios stupendi e sia pieno di pesce". Togliamo
la nostra ancora e la puliamo dal fango. Togliamo anche quella dell' Hard
Time, il nostro vicino, ora non servono più.
Lui
tornerà fra una settimana. Facciamogli questo favore. Pilar II non
è mai stata sola.
In barca
non si è mai soli.
Gli
Uragani
La scelta
di navigare nella fascia tropicale presuppone che ci si abitui a fare i
conti con le stagioni e i periodi soggetti agli uragani. Mentre in Mediterraneo
ci viene più naturale navigare ed accordarci con le stagioni in
ragione dei cambi di temperature, durata della luce giornaliera e regime
dei venti, ai tropici tutto è un altro discorso.
Vari
fattori sono da prendere in considerazione; vediamo di analizzarli un attimino
insieme e più specificatamente alla zona Atlantica dove, maggiormente
sono fondate le nostre esperienze.
Durante
tutto l'anno ai Caraibi, con poche variazioni nelle differenti stagioni,
ci si trova in regime di Alisei.
Questi
importantissime venti, che per secoli hanno caratterizzato la navigazione
e quindi gli scambi est/ovest, sono i nostri migliori alleati sempreché
impariamo a conoscerli e sfruttarli. Essi attraversano l'oceano Atlantico
da est verso ovest (nella fascia dei tropici) iniziando a formarsi sin
dal largo delle coste africane.
In verità
questi movimenti di aria sono in continua circolazione oraria sull'intero
oceano e quindi a nord della fascia tropicale i venti "ritornano" verso
est con molte più variazioni alla regola per una serie di fattori
che, al momento, non ci interessano e sarebbe troppo complicato prendere
in considerazione.
Per
chiarire meglio quello che poi dirò vediamo di affrontare un altro
fattore che regola la meteorologia dei tropici. È la famosa ZIC
o meglio "zona di convergenza intertropicale". Questa è una ipotetica
fascia più o meno a cavallo dell'equatore dove si incontrano gli
alisei dell'emisfero nord con quelli dell'emisfero sud. La posizione di
questa fascia si sposta durante l'anno avvicinandosi di più all'emisfero
che trovasi in estate.
Questa
zona è caratterizzata da venti irregolari e tempo perturbato. Lo
spostamento verso nord, durante la nostra stagione estiva, fa si che nel
mar dei Caraibi l'aliseo tenda a provenire leggermente più da sud,
mentre durante l'inverno tende a orientarsi leggermente più da nord.
Tutto
questo semplicemente per dire che, ai Caraibi, possiamo contare su venti
che spirano dai settori orientali per tutto l'anno. Magari più sostenuti
e settentrionali in inverno e più leggeri e meridionali in estate.
Sembrerebbe
un paradiso! Purtroppo, d'estate, bisogna far conto con un'altro fenomeno
ovvero le tempeste tropicali. Secondo le zone della terra vengono chiamate
con vari nomi; willy-willy, cicloni, tifoni. Ai Caraibi si chiamano uragani
ma il meccanismo che li causa è sempre lo stesso.
Durante
l'estate di quel dato emisfero, il sole, fortemente a picco, fa si che
scaldi molto la superficie del mare e crei un intensa evaporazione, quindi
delle nuvole e pioggia.
Capita
che in una certa zona e per una serie di fattori concomitanti la pioggia
intensa, nel condensarsi, scalda l'aria circostante che, sale e crea una
depressione.
Questa
fa affluire ulteriore aria umida che, a sua volta, si condensa e incrementa
la depressione.
Praticamente
si crea un vortice che si autoalimenta con l'afflusso d'aria stessa.
Per
effetto della rotazione terrestre, questa depressione, acquista anche un
movimento traslatorio verso ovest.
In Atlantico
si classificano tropical storm queste depressioni che presentano venti
fino a 64 nodi.
Purtroppo,
a volte, questi fenomeni si ingigantiscono, il vento aumenta, prendono
il nome di uragani....e sono guai.
Il vento
in certi casi può anche raggiungere i 130/150 nodi e il mare che
alza è veramente pauroso.
I danni
che questi mostri creano quando colpiscano la terraferma, siano isole o
continenti, sono enormi. I servizi marittimi americani, collegati con guardia
costiera ed aviazione, seguono continuamente lo sviluppo e l'evoluzione
di questi fenomeni e, durante la stagione degli uragani, speciali bollettini
vengono divulgati con ogni mezzo: radio, tv, SSB, ecc.
Purtroppo
come la maggior parte dei fenomeni naturali la loro evoluzione può
essere prevista entro certi limiti.
In genere
si formano in Atlantico, intorno ai dieci gradi nord e prendono direzione
ovest ovest/nordovest. All'avvicinarsi al continente americano, in genere,
piegano verso nord e poi nord/est scemando poi fino a spegnersi.
Alcuni,
fortunatamente piegano prima di raggiungere la catena delle Antille o le
passano a nord. Purtroppo, altri, l'attraversano causando ingenti danni
alle isole colpite. Ancora peggio alcuni arrivano a colpire il continente
dove poi perdono di intensità per mancanza di umidità rilasciata
dall'acqua di mare.
In tarda
stagione si possono formare, senza alcun preavviso, uragani all'interno
del mar dei Caraibi. Mitch è stato proprio uno di questi e si è
formato di fronte alle coste del Nicaragua.
Dopo
essersi spostato quasi in cerchio ha preso direzione nord, poi ovest e
poi addirittura sud colpendo le coste dell'Honduras e, stranamente, ha
continuato con venti intorno agli ottanta nodi per lungo tempo attraversando
tutto il paese.
Regresso
a Tropical storm ha risalito il Guatemala e il Messico riuscendo in mare
aperto più a nord. L'intensità e il numero di uragani che
si formano durante una stagione ai Caraibi è vario e in certi anni
particolari può capitare che non se formino neppure.
Molto
dipende da quanto si è scaldata la superficie dell'acqua durante
la stagione. Tanti skipper ben più navigati hanno già scritto
in merito e ottimi testi sono in commercio su come affrontare l'evenienza
di un uragano con la barca.
Leggerli
può solo che essere istruttivo e di aiuto, anche se la mia politica
è quella di evitarli allontanandosi per tempo dalle zone a rischio.
Per
fare ciò, ai Caraibi si consiglia di scendere di latitudine il più
possibile. Molte barche che passano l'inverno alle Antille, d'estate (il
periodo più a rischio va da luglio a ottobre) si spostano a Trinidad
o in Venezuela.
Ovviamente,
sia per la stagione, sia per l'avvicinarsi alla ZIC, si avrà comunque
tempo più piovoso, più caldo e meno vento.
Noi,
in centroamerica, abbiamo optato per il Rio Dulce per vari motivi. Principalmente
è da tener presente che gli uragani, nel raggiungere la terraferma,
perdono di intensità e si smorzano (in genere) per la mancanza dell'umidita'
e il calore rilasciato dall'acqua.
Infatti
Mitch toccando le coste dell'Honduras è passato da 130/150 nodi
a 60/80 nodi.
Il fatto
è che questo è stato l'uragano più forte che si sia
mai registrato nel Caribe.
Altro
motivo della nostra scelta è da ricercarsi nelle quaranta miglia
di distanza dal mare; oltre al vento, distruttivo di per se stesso, ciò
che caratterizza questi fenomeni è l'innalzamento del livello dell'acqua
(anche di tre/quattro metri) e l'enorme potenza delle onde che si formano.
Mentre
ciò può essere cruciale in un comune riparo in costa, entroterra,
in un fiume, non arriveranno mai le onde causate da centinaia di miglia
di fetch.
Resta
sempre il fatto che ogni fenomeno della natura può essere imprevedibile
e qualche volta pericoloso. Chiunque, come noi, decida di vivere il mare
e la natura a bordo di una barca deve essere pronto a convivere ed affrontare
queste inattese situazioni.
Basta
essere coscienti di cosa ci può aspettare e saper affrontare ogni
eventuale emergenza con calma e serenità. D'altronde, guidando a
centoventi km/orari sull'autostrada, può scoppiare una gomma; ma
non per questo le autostrade sono vuote ... se ben ricordo.
E allora,
amici, buon vento a tutti
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