I marinai
hanno la memoria corta 15/01/99
Quante
volte l'abbiamo sognato, quante l'abbiamo sperato, ancor piu' volte l'abbiamo
pianificato... si, ed ora è gia di poppa.
Gia
quattro giorni ci separano dallo stretto di Gibilterra, le mitiche colonne
d'Ercole. Noi qui, nel nostro guscio, in balia di questo fronte che da
tre giorni ci sbatacchia e ci lava come mai. Non voglio pensare a quanto
più duro e demoralizzante sarebbe stato, se questo vento e questo
mare lo avessimo dovuto risalire.
Dove
è il nostro aliseo portoghese? Si! quello che si legge sui libri?
Erano forse più saggi gli antichi che assolutamente non volevano
avventurarsi nel mare oceano? Ma via, ora finisce, in fondo la chiamano
l'autostrada del mare, la rotta dei vecchietti, dicono che qui basta buttare
una bottiglia in mare e prima o poi si ritroverà arenata su una
spiaggia dei Caraibi.
Fanno
presto a dirlo: le bottiglie non soffrono il freddo, nemmeno la stanchezza
e non hanno bisogno di un pasto caldo da cucinare in condizioni proibitive.
Intanto
sono qui, seduto in pozzetto, in attesa che finiscono le mie due ore. Continuo
ad ammirare queste enormi onde che instancabili passano sotto la chiglia
e tentano continuamente di ingannare il nostro pilota e indurlo a straorzare.
Ogni volta sembra quasi che ci riescono ma alla fine mezzo giro di ruota
a dimostrare ancora che il nostro "Pil" è all'altezza della situazione...
e poi arriva la prossima onda che sembra sempre più alta e insidiosa.
Andiamo
avanti così da tre giorni mentre la pioggia, in pratica, non ha
mai smesso. Dobbiamo tener chiuso il tambucio perchè a vento non
piova dentro. Tra fuori e dentro ci saranno dieci gradi di differenza.
Ogni volta per uscire ed entrare ci vogliono venti minuti di contorsioni
per riuscire a vestirsi o spogliarsi in questa lavatrice.
Forse
avremmo dovuto aspettare ancora qualche giorno prima di lasciare Gibilterra.
Non è facile mettere insieme quel puzzle formato di fronti, correnti,
orari, perturbazioni, maree... indovinala grillo. Si fa quel che si può.
In fondo lo stretto lo abbiamo passato relativamente bene: poco vento,
leggera controcorrente a favore lungo la costa spagnola, giorno pieno per
seguire meglio il traffico di navi.
Anche
il vento ci è stato amico e ci ha spinto favorevolmente per quasi
tutto lo stretto. Solo nelle ultime miglia ha deciso di mollarci nelle
mani del nostro motore che ci ha portato al largo per poi tuffarci definitivamente
nella nostra avventura. Il nostro primo oceano, la nostra prima traversata
importante, sogni e piani nati dietro la scrivania o seduti in poltrona
con il libro di Moitessier in mano.
Eccoci,
questa volta i protagonisti siamo noi, siamo qui in mezzo all'oceano. Questa
parola che a scuola, da bambini, era così piccola e insulsa ora
si colora e, come per incanto, prende forme di delfini, onde, bianche vele,
tramonti da cartolina, palme e spiagge.
Ma non
è sempre così: oggi le onde sono di oltre quattro metri,
di vele solo un pezzetto a prua, tesa fino allo spasimo, imbacuccato fino
alle orecchie con la pioggia che martella sulla cerata.
Sono
ormai settantadue ore che il vento soffia tra i trentacinque e i quarantacinque
nodi da nordest. All'inizio ci aveva dato una strigliatina con trenta nodi
da sud ma, fortunatamente, dopo dieci ore, al passaggio del fronte, ha
fatto il salto come da manuale. Abbiamo allora tolto la randa e con pezzo
fiocco a prua abbiamo iniziato a farci portare su questo mare che, intanto,
ingrossava sempre più. Dopo un giorno che non mangiavamo o solo
spiluccavamo qualche crakers Pilar si è animata e, aggrappata con
unghie e denti, tra mille fatiche ha preparato una specie di pappone caldo
a base di riso, patate, carote e pelati: una delizia. In questi casi non
c'è niente di meglio che un pasto caldo per ridare forza e ritemprare
gli animi. Anche nei giorni seguenti non è mai mancato il piatto
caldo per riempire lo stomaco.
Gibilterra;
quattro giorni dietro. Gran Canaria; duecentocinquanta miglia avanti, quattrocentocinquanta
chilometri.
Quattro
ore con la macchina (se ci fosse una strada)... due giorni con il nostro
guscio e senza motel dove fermarci a riposare. Ma chi ce lo fa fare? Perchè
siamo qui?. Siamo forse masochisti?
Fa freddo.
Dove sarà Thomas, l'amico svedese partito insieme a noi. Lui è
solo, sarà ancora più dura. La sua barca è più
veloce, sarà forse arrivato? No, Luciano con cui abbiamo parlato
ieri da Gran Canaria ce lo avrebbe detto. Luciano e Sonia, loro si che
hanno avuto fortuna! Sei giorni con quindici nodi costanti da nordest e
mare piatto da giocare a carte in quadrato.
All'appuntamento
radio di questa mattina ci hanno detto che loro, in marina hanno sole e
brezza leggera. Beati loro che sono gia li. Quando arriveremo andremo anche
noi a comprare un prosciutto intero per festeggiare il battesimo con l'oceano...
ma che battesimo il nostro. Anzi hanno detto che se ci sbrighiamo ne lasciano
un po' del loro. Sdraiato in cuccia sembra sempre che le cose migliorino
ma se si prova ad alzare la testa ci si rende conto meglio di come il mare
sia ancora aspro con noi. Un'altro giorno è andato e un'altra notte
ci si profila davanti.
Un'altra
notte di preoccupazioni dopo che la scorsa notte Pilar, durante un suo
turno, si è ritrovata una nave a meno di un miglio. Era molto grande
ma, probabilmente, la pioggia battente e le onde altissime l'hanno tenuta
nascosta alla nostra visuale.
Quando
l'ha vista mi ha svegliato trafelata e ho subito acceso il radar. Sembrava
ferma e parallela a noi, è bastato orzare un poco e in mezz'ora
eravamo franchi. Tuttora pensiamo che loro ci avevano visto e abbiano rallentato
per farci passare.
Si,
qui in cuccetta il mare ci sbatacchia di meno ma dura poco solo due ore
e poi il richiamo sul ponte per il mio turno. Anche vestirsi, oggi sembra
meno complicato ... tiro fuori la testa e Pilar mi dice che forse potremmo
svolgere un po più di genoa; il vento sembra stabilmente calato
da un'ora e anche la pioggia ha smesso.
Sono
ancora stanco e decidiamo di aspettare l'alba, fra due ore. Dopo un'ora,
invece, gia' avevo aperto tutta la vela anche se il rollio su un mare che
andava calmando era molto forte.
L' alba!
Una di quelle vere, finalmente, con il disco del sole che sale dietro l'orizzonte.
Una
forma vaga, un'ombra di prua, lontana, le Canarie! le onde di quattro metri,
la pioggia martellante l'urlo del vento tutto un ricordo, è passato,
siamo qui su un mare ormai più calmo che ci stiamo lavando e pulendo
la stanchezza di quattro giorni con largo consumo d'acqua tanto questa
sera saremo in marina.
Il VHF,
muto da giorni, riprende vita. Mi sembra aveva detto sul canale 9?... "ciao
Luciano si siamo noi, si, cinque ore e siamo li ... hai detto sul molo
11 ? ok. Come li non ha soffiato !?." Seduti in pozzetto del "Creme Caravelle",
un bicchiere di vino in mano e un piatto di prosciutto, di quello vicino
all'osso. Con Sonia, Luciano e Thomas studiamo le carte dove tracceremo
la nostra rotta per i Caraibi, la nostra prima traversata atlantica, quella
vera, quella importante, dall'altra parte Grenada ci aspetta.
Dobbiamo
far carena, qui costa poco.. dove è il supermercato ? compriamo
a mezzi un sacco di patate?
Sai
con riso e carote in traversata e facile da fare e molto buono ... è
vero, noi marinai abbiamo la memoria corta.
Lo stretto
di Gibilterra Passare lo stretto di Gibilterra ovvero le poche miglia del
canale che separano il Mare Nostrum, il Mediterraneo dall'oceano Atlantico
non è poi una cosa particolarmente complicata. Semmai il fattore
psicologico, che ingrandisce i problemi, deforma le verità ed esalta
le gioie, può influire positivamente o negativamente.
La vela
e la navigazione sono fatte di tante cose tra cui l'appagamento di certe
soddisfazioni personali ovvero la gioia del raggiungimento di certi obbiettivi,
di certe mete.
Ecco
quindi che le colonne d'Ercole si possono considerare una meta forse la
prima grande meta di noi velisti mediterranei. Quindi il suo passaggio
dovrebbe giustamente essere una pagina d'onore sul nostro libro di bordo.
Tutto
questo per spiegare che, secondo il mio punto di vista, la fretta di andare,
di dire l'ho fatto, o, peggio ancora, la mancanza di tempo, tende a sminuire
e cancellare la soddisfazione di aver compiuto l'opera.
Conobbi
un armatore di una barca bellissima di 21 metri che alla veneranda età
di 75 anni ancora doveva, o meglio voleva, affannarsi a lavorare per continuare
ad appagare false necessità. La sua barca viaggiava molto e girava
per il mondo con grande soddisfazione per l'equipaggio che, ben pagato,
era in perenne vacanza.
L'armatore
non riusciva a passare più di cinque giorni a bordo per via degli
impegni che lo trattenevano. Aveva comunque deciso che voleva doppiare
Capo Horn. E fu così che fu programmato di trasferire la barca fino
ad un porto (di cui ora non ricordo il nome) poche miglia prima del capo.
L'equipaggio
avrebbe deciso quando sarebbe stato il giusto momento per doppiare l'Horn
ed avrebbe telefonato al ...Boss, che con un aereo privato, sarebbe arrivato
il giorno della partenza mentre l'aereo lo avrebbe atteso per riportarlo
a casa il giorno stesso dell'arrivo della barca dall'altra parte. Forse
un giorno o al massimo due.
Probabilmente
ora nello studio di questa persona, peraltro amabilissima, sarà
esposta la famosa targa di Capo Hornier in bella vista per chi, magari,
viene in studio per concludere affari e forse neanche sa dove è
Capo Horn.
Ma con
quale soddisfazione interiore lui, l'armatore, la porterà dentro
al cuore?. L'equipaggio, invece, composto di vari ragazzi simpaticissimi
non avrà la famosa targa ma, dentro di loro, sanno la verità
e godono di un sogno che nessuno potrà più rubargli.
Questo
per dire semplicemente godetevi questo momento. Studiatevi con calma il
passaggio e fermatevi a scambiare due parole con gli equipaggi delle altre
barche in entrata e uscita ... è qui dove noi abbiamo iniziato a
scoprire il vero mondo del "popolo delle barche" e dove abbiamo effettivamente
iniziato a respirare l'aria della libertà.
Forse
ho divagato un po' e ritorniamo a noi. Dopo aver traversato tutto il mediterraneo
si arriva al porto di Gibilterra riconoscibile dal largo per la sua famosa
Rocca che andrà aggirata prima di accedere ad una grande baia dove
si trovano ormeggiate molte navi alla fonda. Seguendo le carte e le guide
si puo optare per l'ormeggio ad uno dei tre marina o alla fonda vicino
alla pista dell'aereoporto.
Comunque
prima ci si dovrà' recare con la barca presso il molo della dogana
dove espletare le veloci formalità' burocratiche. Sconsiglio l'ormeggio
alla fonda per via di una serie di motivi.
Prima
di tutto è abbastanza complicato scendere a terra con il dinghy
e per tutto il porto sfrecciano veloci imbarcazioni a motore giorno e notte.
Il costo dell'ormeggio al porto non è alto e comunque inferiore
a quello che siamo abituati a pagare nei marina Italiani.
Gibilterra
è molto interessante da visitare anche via terra e anche di sera
per via dei suoi vari pub di stile inglese ma, con la barca alla fonda,
in un posto poco riguardato e insicuro ciò è sconsigliabile.
Noi
siamo stati al Marina Bay, accogliente, pulito, docce calde e personale
simpatico. Vari negozi vendono prodotti "tax free" e quindi via libera
agli approvigionamenti di sigarette e liquori a buon prezzo.
Un grande
shipchandler fornitissimo per far fronte ad acquisti di materiale nautico,
può ordinare e farvi avere più o meno ogni cosa vi occorra
per la barca. Dalla vite ad un intero albero.
Per
quanto riguarda gli alimentari, a parte i vari negozi, potete trovare un
supermercato rifornito ma abbastanza caro appena dall'altra parte della
pista dell'aereoporto.
Se però
volete rifornirvi di buoni vegetali a prezzi accessibili dovrete andare,
muniti di passaporto, alla "Linea" in territorio spagnolo; solo dieci minuti
a piedi dal marina.
Presso
ogni marina troverete esposte la tabella delle maree e quella delle correnti
e controcorrenti generate dalle maree stesse per il mese in corso.
Leggete
con calma le spiegazioni, magari fatevene dare una fotocopia si da poterla
studiare con calma a bordo anzichè in piedi di fronte ad una bacheca.
Ogni
giorno vengono anche esposte cartine meteo e previsioni fornite dal locale
ufficio meteorologico.
Per
il solo costo della telefonata urbana, potete chiamare l'ufficio meteo
stesso dove un paziente funzionario in perfetto inglese vi darà
tutte le spiegazioni e risponderà alle vostre domande.
La meteorologia
locale è molto influenzata dall'orografia e risente di fattori localizzati
nello stesso stretto, pertanto, fidatevi delle informazioni locali anche
se potrebbe sembrare che contrastino da quelle ricevute con altri mezzi:
meteofax ecc.
Unite
tutti i dati e non appena individuate il giorno e l'ora giusta ... andate,
l'oceano vi aspetta.
Un vecchietto
inglese, che aveva gia passato almeno sei volte lo stretto con la sua barca
di sei metri, mi disse che non capiva niente di meteo e non voleva saperne
di studiare la tabella delle maree.
Lui
aspettava sempre il giorno che parecchie barche mollavano gli ormeggi e
lui le seguiva; diceva che gli altri lavoravano per lui.
Buon
vento a tutti da bordo del "Pilar II" |