Le
isole dei sogni
Partiamo da "Segret Harbour", Grenada con le ultime luci della sera, che ci permettono di destreggiarci
tra i reef all'uscita della baia. Sono molto insidiosi ma oramai li conosciamo
come le nostre tasche e, soprattutto, il canale principale è indicato
da boe. Ci teniamo larghi da un' isoletta che forse sarebbe meglio chiamare
un grande scoglio. Poi rotta diretta sulla penisola del Paria in Venezuela.
Siamo abbastanza eccitati, sarà il nostro primo contatto con il
Venezuela. Da sempre l'America Latina ha destato in me una attrazione particolare e finalmente, eccoci, domani ci saremo. Siamo partiti di conserva con il
"Grande Zot" che oramai da quindici anni incrocia le acque del Caribe e
può considerarsi un pioniere fra gli Italiani. Giancarlo e Pupa
sono due persone fantastiche e un'allegra compagnia. Saranno indimenticabili
le serate passate in pozzetto con loro a parlare del più e del meno
accompagnate dai famosi Ti Punch della Pupa. Ore di serenità e amicizia
fatta di semplicità, allegria e voglia di vivere. La notte cala
lasciandoci sotto un cielo scintillante di stelle e un dolce aliseo che
ci spinge su un mare calmo. Una di quelle situazioni idilliache che poche
volte capita di poter sfruttare. Una perfezione di elementi che ci fanno
sentire bene e in pace con il mondo. Noi e la nostra barca che va sola
verso il porto che noi sogniamo, il vento che ci accompagna dolcemente,
il mare che ci culla quel minimo senza infastidirci, le vele gonfie di
aliseo, due amici a tiro di VHF con cui scambiare due parole ai cambi di
turno. Il vento ci accompagna per tutta la notte sempre più o meno
costante. Alle prime luci dell'alba siamo in vista della costa del Paria,
il Venezuela. Ancora due ore ed entriamo nella baia di Puerto Santos, larga
oltre un miglio e totalmente riparata dall'aliseo. È formata da
una lingua di sabbia, esattamente semicircolare, che protende dalla costa
rocciosa. Il fondo di fango è buon tenitore e degrada dolcemente
fino alla spiaggia lungo la quale sorge il villaggio di pescatori che contorna
tutta la baia. L'acqua è sporca, di un marrone che sembra fango
e puzza in maniera incredibile. Il fatto è dovuto ad una fabbrica
di lavorazione delle sardine che scarica i rifiuti direttamente nella baia
e noi siamo capitati in piena stagione di lavorazione e pesca. Questo piccolo
problema tecnico, comunque, non oscura l'incanto del posto. Lungo tutta
la baia sono ormeggiate decine di barche da pesca Venezuelane, sulla riva
è un continuo brulichio di gente indaffarata. L'intera baia sembra
invasa dai pellicani attratti dagli scarichi della fabbrica di sardine.
Venendo da Grenada la prima tappa, geograficamente ovvia, sarebbe dovuto
essere l'arcipelago delle "Testigos" ma li non esiste un vero e proprio
posto di frontiera.
Non è possibile, quindi, fare l'entrata ufficiale
nel paese. Esiste comunque un distaccamento militare locale che controlla
i documenti e rilascia un permesso per due o tre giorni alle barche di
passaggio. Questo gruppo di isole è talmente bello che vorremmo
passarci almeno due settimane. Questo è il motivo della nostra scelta
di andare prima in costa dove provvedere a fare i documenti di entrata
al paese (cosa peraltro abbastanza laboriosa in Venezuela) e, ovviamente,
provvedere al rifornimento della barca di prodotti alimentari e... combustibili
(a buon mercato) per andarcene poi a Testigos. Una volta espletate le formalità di entrata non c'è limite al tempo di permanenza nell'arcipelago. Qui a Porto Santos provvediamo a cambiare dei soldi (al cambio nero) da certi conoscenti di Giancarlo e Pupa e poi prendiamo un bus locale che
in mezz'ora ci porta a Carupano. Questo è il porto ufficiale di
entrata e si trova a circa dieci miglia sottovento a Porto Santos. Ci si
potrebbe andare con la barca ma si tratta di un ormeggio rollante, scomodo
e non molto sicuro per barche a vela, quindi lo evitiamo. Iniziamo la nostra
tiritera tra ufficio doganale, immigrazione, capitaneria di porto, ufficio
delle tasse per le marche e via dicendo. Un paio di bus e anche un due
chilometri a piedi. Siamo fortunati e in giornata stessa riusciamo ad avere
il nostro permesso di navigazione e passaporti firmati. A volte non tutte
le cose vanno così dritte, capita che l'assenza di un funzionario
o la mancanza di un modulo o altre stupidaggini faccia si che arrivi l'orario
di chiusura degli uffici e ... "usted regrese manana". Torniamo in barca,
dove la Pupa e Pilar ci aspettano per friggere un secchio di sardine che
certi pescatori gli avevano regalato. Il giorno seguente provvediamo a
fare il pieno di Gas, Benzina, Gasolio, birre, rum e tanti prodotti freschi
che qui costano molto meno. (Allora la benzina e il gasolio costavano circa
25 lire al litro e una bombola di gas da dieci litri si riempiva con 300
lire). All'alba del nostro terzo giorno in Venezuela tiriamo su l'ancora
di mattina presto per far rotta sulle "Testigos" che distano circa quaranta
miglia e purtroppo le dobbiamo fare di bolina ma con poco vento. Nelle
ultime quindici miglia facciamo anche uso del motore per contrastare una
forte corrente (due nodi) che ci farebbe scarrocciare troppo. D'altronde
dobbiamo assolutamente arrivare di giorno perché non ci sono fari
e il passaggio di entrata è abbastanza insidioso per le forti correnti
tra le isole. Alle tre del pomeriggio il Grande Zot, che ci aveva lasciato
indietro, ci comunica, per VHF, che è già ancorato. Scapoliamo
la punta di Testigo Grande e ne vediamo i suoi caratteristici alberi di
legno. Ci dirigiamo all'ancoraggio e la Pupa è in acqua pronta ad
aiutarci. Il posto è paradisiaco e quasi non crediamo ai nostri
occhi. Praticamente l'ancoraggio è una baia nel canale che separa
"Testigo grande" e "Iguana". Proprio sulla prima, dal lato sottovento,
si trova ciò che localmente è denominata "la cascata di sabbia"
Questa è stata creata con il tempo dal vento che solleva la sabbia
da una grande spiaggia sottovento e la deposita su un calanco sulla cresta
della collina. Da li scivola dall'altra parte creando questo strano effetto.
Proprio li sotto buttiamo l'ancora in cinque metri di fondo e la Pupa,
a nuoto, ci va a legare una cima agli alberi a terra. Siamo fermi a pochi
metri dal "Grande Zot" su un fondo di sabbia con un'acqua così trasparente che possiamo vedere l'ombra della nostra barca. Miriadi di fregate e sule volteggiano sulla nostra testa e pesci multicolori incrociano sotto la
nostra chiglia. Davanti a noi vediamo il mare increspato dal vento ma noi
ne siamo totalmente riparati. Sulla riva, a pochi metri da noi, un gruppo
di capre selvatiche si aggira alla ricerca di erba tenera. Tutto l'arcipelago
è formato da quattro isole principali. Tutte sono collinose e ricoperte
da una vegetazione bassa e tenace al sole e salmastro. Ci sono tre villaggi
di pescatori, una chiesa e una scuola elementare con una sola maestra.
Niente telefono, niente elettricità e gli approvvigionamenti e le
comunicazioni con il continente sono mantenute dai pescatori stessi quando
vanno a portare il pesce per la vendita. Tutto questo è "Testigos".
A cinquanta metri si ormeggia un peschereccio locale e un ragazzotto simpatico
viene con una barchetta a remi a regalarci un tonno di una decina di chili
. Gli diamo un pacchetto di sigarette e un pezzo di pane appena sfornato,
va via entusiasta. La Pupa non aspettava altro per provare la sua ultima
ricetta cinese pescata non so dove e che richiedeva tonno fresco. Dieci
minuti e i filetti sono fatti e poi tutti in acqua a rinfrescarci un poco.
Prima di notte arriva un "pegnero" (così chiamano le imbarcazioni
locali simili ai nostri gozzi ma con la poppa tagliata per utilizzare il
motore fuoribordo). A bordo tre giovanotti in calzoncini corti e petto
nudo si presentano; sono del distaccamento locale della guardacoste e ci
vengono a dare il benvenuto. Li facciamo salire a bordo e accettano una
birra, sono felicissimi che possiamo parlare in spagnolo e tra mille scuse
ci dicono che dovremmo andare a firmare il registro presso il loro ufficio
a "Iguana" l'isoletta di fronte; senza fretta, però, va bene domani.
Aggiungono anche che ci verrebbero a prendere loro per accompagnarci, però sono a corto di benzina e non ne avranno altra fino al prossimo cambio di personale fra un paio di settimane, quando arriverà la nave militare con i rifornimenti per il distaccamento. Li invitiamo per cena, il tonno
è grande, ma devono andare; il VHF alla base è rotto e non
possono avvisare, sarà per un'altra volta. Andiamo in tavola, il
pesce è ottimo e poi salta fuori la chitarra per festeggiare in
musica l'arrivo in questo paradiso non ancora contaminato dalla civiltà.
Carenare per il mondo
Prima della partenza dall'Italia, una delle nostre preoccupazioni era il fatto che prima o poi avremmo dovuto provvedere al carenaggio oltre che portare avanti la manutenzione della barca e... magari chissà in quali paesi
e con quali difficoltà !!! Piovvero consigli da amici che sapevano
tutto senza essersi mai mossi da dietro la scrivania (di professori, comunque,
ne è pieno il mondo). Rivenditori di pitture antivegetative mi dissero
che le uniche possibilità oltreoceano era l'utilizzo di gru con
cavi di acciaio rugginosi e taglienti al posto delle fasce. Altri che il
costo di alaggio e varo all'estero ci avrebbe messo sul lastrico. Sempre
secondo gli addetti ai servizi solo in Europa si poteva avere buona antivegetativa.
Credo sia ovvio che un minimo di paura dell'ignoto si infonda dentro di
noi tutti e si cerchi di preventivare al massimo le possibilità
di manutenzione della barca, ma tutto ha un limite. D'altronde l'acquisto
di ricambi, vernici e attrezzature è direttamente proporzionale
al costo degli stessi. Vediamo di analizzare con un attimo di attenzione
i fatti e decidere al meglio in ragione delle nostre possibilità,
manualità e tempi di crociera. Carenaggio e pitture antivegetative
Dalla nostra partenza dall'Italia abbiamo alato la barca alle Canarie,
a Martinica, due volte a Trinidad, in Venezuela e fra meno di due mesi
lo faremo in Honduras. Mediamente il costo dell'operazione è sempre
circa la metà (o anche meno) di quanto ci costava in Italia. Fino
ad ora abbiamo sempre trovato cantieri forniti di Travel lift che è
molto più idoneo, sicuro e meno dannoso della gru che utilizzavamo
a Fiumicino. Abbiamo dovuto togliere l'albero a S.Lucia per una piccola
riparazione alla base di appoggio che, poteva aspettare, se il costo della
stessa fosse stato pari che in Italia. Il fatto che togliere e rimettere
l'albero ci costò 100.000 lire compreso tre giorni di ormeggio al
cantiere con acqua ed elettricità e quindi, perché aspettare? Con una cifra ancora inferiore, in Honduras, è nostra intenzione
tirare giù, di nuovo l'albero e sbarcare il motore per un controllo
generale. Vi assicuro che la gru che utilizzeremo (già abbiamo fatto
un sopralluogo) farebbe invidia a molti cantieri Italiani di prim'ordine.
Antivegetative: Anche questo è un tasto delicato da toccare. In
Europa, come in USA ci si trova di fronte a tanti nomi marche, colori,
promesse miracolose etc. Attenzione a non cadere in tranelli e pensate
un attimo ai seguenti fatti. A) la legislazione sulla produzione di vernici
per barche da diporto limita enormemente l'impiego di sostanze velenose
nelle pitture. (Cosa non uguale per le vernici prodotte per uso industriale)
B) quasi tutti i prodotti Europei sono formulati per acque molto più
fredde di quelle che incontriamo ai tropici e, quindi, con una crescita
di organismi marini limitatissima in proporzione. Magari partirete dall'Italia
con tante belle mani di antivegetativa, cara come l'oro, che negli anni
passati tanto vi ha ben servito durante le vacanze estive. Dopo la traversata
atlantica vi riposerete qualche giorno in una bella baia dei Caraibi e
nel ripartire la vostra barca non camminerà più, metterete
la testa sott'acqua e vi verrà da piangere nel vedere tutto quel
ben di dio che è cresciuto sulla carena. A noi è successo;
sono altre acque, altre temperature. Dopo vari carenaggi ci siamo resi
conto che, in fondo, è sempre meglio cercare di utilizzare pitture
antivegetative per uso industriale, praticamente quelle delle navi. Ci
sono anche ottimi prodotti per uso specifico diportistico ma comunque costano
mediamente il doppio se non di più. Oramai anche la cantieristica
industriale sta passando alle antivegetative ablative ovvero autopulenti.
Ciò significa che la maggior parte delle pitture per navi sono autoleviganti
anche se leggermente più tenaci di quelle nate appositamente per
il diporto. Si sente dire che a per via di lunghe navigazioni e traversate
si finisce per consumare tutta l'antivegetativa se del tipo autolevigante.
Non è vero niente. Basta tre buone mani e una o due in più
alla linea di galleggiamento di ablativa e andrete avanti tutto l'anno
senza problemi. Non pensate, ovviamente, di procrastinare molto oltre l'anno
il seguente carenaggio. Qualsiasi antivegetativa, per buona che sia, non
può durare molto di più in acque tropicali. Ovviamente potete
anche andare avanti pulendo la carena a intervalli regolari con spazzola
e tanto fiato nei polmoni. Teoricamente potreste andare avanti così
all'infinito, dipende dalla voglia di faticare che avete. Certo è
che ai tropici bastano quindici giorni, e in certe lagune con acqua più
stagnante anche una settimana per riempire la vostra carena di tanti bei
denti di cane e animaletti vari, tenaci e così attaccati che vi
procureranno tante antipatiche escoriazioni alle mani, quando cercherete
di eliminarli. Se potete permettervela (mi riferisco al costo, ma soprattutto
allo spazio) vi verrà utile una bombola con erogatore che vi aiuterà
molto in questo compito. In giro si trova sempre da ricaricarla presso
centri sub.. Anche molte barche private, in genere grandi e di gente che
ha la passione per le immersioni hanno a bordo un compressore per la ricarica
delle bombole. Non dimenticate che la stessa bombola, un giorno, potrebbe
tirarvi fuori d'impaccio con un'ancora o una catena impigliati sul fondo.
I ricambi: Tutta la zona del Caribe è sempre ben servita da corrieri
internazionali quali Fedex, DHL, UPS etc. In pochi giorni si può
far arrivare un pacco da ogni parte del mondo. A questo punto la lista
dei ricambi da tenere a bordo va redatta in relazione alla probabilità
di rotture del pezzo, allo spazio disponibile, al tempo disponibile per
effettuare la riparazione e al proprio budget. Cerco di chiarire con un
esempio. Era mia intenzione di acquistare, in Italia, un motorino di avviamento
di ricambio del mio motore. Il costo, non avendolo trovato usato, era di
1.500.000 lire. Soprassedei e trovai che alle Baleari un rivenditore Bosch
me lo poteva procurare per circa 900.000 ma occorreva qualche giorno. Non
potevo aspettare e quindi lasciai perdere di nuovo. Sono ora passati cinque
anni e ancora non mi è servito e se mai si dovesse guastare ci sono
buone possibilità di ripararlo presso locali meccanici. Diciamo
che ritengo corretta la mia scelta di non acquistarlo fatta a suo tempo.
Il discorso può essere differente per una barca da charter o il
cui armatore ed equipaggio non ha molto tempo a disposizione per navigare.
In questo caso il costo del fermo barca in attesa del ricambio o della
riparazione può essere superiore alla spesa che non si era effettuata
a priori. Bisogna inoltre tenere presente che nei paesi maggiormente sottosviluppati la proporzione tra il costo della mano d'opera e il costo dei ricambi è totalmente differente; in Italia a nessuno verrebbe in mente di passare
ore a contare le spire di cavo di un alternatore in corto e poi passare
alla sua ribobinatura quando con poche centinaia di mila lire lo possiamo
sostituire con uno nuovo. Ma qui, dove siamo ora, ci prenderebbero per
pazzi se ci vedessero buttare quell'alternatore che per un locale vale
oro. Per quanto riguarda tutte le attrezzature tipicamente nautiche possiamo
avere molto facilmente accesso al mercato americano tramite organizzazioni
di vendita per corrispondenza con cataloghi zeppi di prodotti e redatti
in maniera chiara. D'altronde è risaputo che il mercato Americano
è all'avanguardia nel campo e quindi non preoccupatevi di non trovare
la cima, il GPS, o quel passascafo che vi manca. Il suo prezzo, salvo casi
particolari, non sarà mai superiore e molto spesso di gran lunga
inferiore all'equivalente Italiano e la qualità, garanzia e servizio
reso, impeccabili. Fanno eccezione alcuni prodotti che però si possono
contare sulle dita della mano; tanto per fare esempi direi che tra questi
sono i salpancore, le cucine e la catena per ancora. Chi poi includesse
gli Stati Uniti fra le sue rotte arriverà ad ubriacarsi tra le offerte,
l'usato e gli avanzi di magazzino che possono incontrarsi nel mondo statunitense
del usa e getta. L'unico rischio è che, ubriacati dal prezzo e varietà
di prodotti, si rischia di comprare l'utile e superfluo, magari spendendo
il doppio del necessario. Quello che può risultare difficile trovare
oltreoceano è tutto ciò che riguarda la viteria con misure
e passo metrici. Comunque, in linea generale, le comuni ferramenta non
hanno viteria di inox e per questo vi dovete rivolgere ai negozi specializzati.
In ogni posto dove andrete ad alare la barca troverete sempre qualcuno
che si offre per aiutarvi (a pagamento s'intende) nei lavori di carteggiatura,
lavaggi, pulizie ecc. Solitamente si tratta di manodopera non specializzata
ma a buon mercato, anche se molto spesso vengono chieste delle cifre alte
soggette a trattativa. Ritengo sia giusto non sovrapagare queste persone
per una questione di etica e di rispetto al costo della vita locale oltre,
naturalmente, per contenere le nostre spese. Non bisogna credere che stiamo
sfruttando queste persone solo perchè vengono pagate, magari 4 o
5 dollari al giorno come qui in Guatemala o in Honduras; non avrebbero
comunque mai guadagnato di più lavorando localmente e probabilmente
sarebbero senza lavoro. Qualche volta accettare di far fare a terzi questi
lavori, quando comunque lo potremmo fare noi stessi, può risultare
un risparmio di tempo e quindi di soldi abbreviando i tempi di stazionamento
in cantiere. Bisogna però seguire bene i lavori che si affidano
e essere molto chiari nel dare le istruzioni. In genere queste persone
non sono molto preparate tecnicamente e, se lasciate senza guida e controllo,
potrebbero, senza volerlo e anche con buone intenzioni, prendere decisioni
proprie ed effettuare lavori scadenti, se non sbagliati e magari da rifare
o riparare. Tra le cose interessanti che abbiamo visto in giro vale la
pena menzionarne qualcuna. A Puerto la Cruz in Venezuela esiste un ricambista
auto che è specializzato in guarnizioni di ogni genere. Portategli
una testata, uno scambiatore di calore o cos'altro vi viene in mente e
il giorno seguente vi farà trovare la sua bella guarnizione nuova
costruita espressamente su misura e, nel frattempo, avrà anche provveduto alla rettifica del pezzo. Sempre in Venezuela, questa volta a Cumana, esiste un fabbro specializzato nel variare il passo e modificare ogni tipo di
elica; possiede un grande stock di eliche usate e, bene o male, riesce
sempre a trovare e modificare l'elica giusta per il cliente. A lui si rivolgono
tutti i pescatori venezuelani. Anche a Trinidad esiste uno specialista
di linee d' asse. Io ho passato ore ad ammirare il suo operato (mentre
attendevo che finisse di rettificare la mia elica e asse) ed ho visto cose
fantastiche. Gli venivano portate eliche a cui mancava una pala e lui provvedeva
a ricostruirla, saldarla e poi ore per rettificarla e bilanciarla di nuovo.
Altri gli chiedevano di ridurre il diametro dell'elica. Li l'omino si metteva
su uno speciale tavolo di riscontro con compasso e matita e ridisegnava
la nuova elica sulle pale vecchie. Da li iniziava tutto il lavoro di taglio
e rettifica fino a tirare fuori il prodotto che sembrava appena uscito
dalla fusione. Comunque, in generale, il mondo è più pieno
di meccanici e shipchandlers di quanto non si immagini. Bene o male si
trova sempre quello che ti può cambiare quella lamiera usurata,
riparare il frigo o rifarti una resinatura. Basta avere tempo, pazienza
e voglia di non arrabbiarsi.
Buon vento a tutti da bordo del "Pilar II" |