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E' arrivato il momento: dobbiamo gettare a mare l'autogonfiabile. E' lì, in coperta, quella bianca scatola rassicurante che tutti sperano di non usare, e che, scaramanticamente, ben pochi si preoccupano di saper usare. Gianfranco si muove deciso, afferra l'estremità della cima che sporge dall'autogonfiabile, ne estrae qualche metro e la assicura ad un grosso golfare in coperta, poi afferra la grossa scatola, pesante una quarantina di chili e la getta in mare. Sono al suo fianco, e la osservo galleggiare. La voce di Gianfranco mi guida sicura: afferro la cima che assicura l'autogonfiabile e tiro fin quando non sento resistenza, allora do uno strattone. La cima scivola tra le dita e lo strattone risulta inefficace, Gianfranco mi incita, riprovo, e finalmente sento il botto, l'involucro si apre in due, si sentono le bombole d'aria in azione, e la zattera prende forma. Mentre il contenitore ormai inutile si allontana galleggiando, ci accorgiamo (io con una punta di orrore, Gianfranco con la sua solita flemma) che la zattera si e' gonfiata sottosopra: bisogna ribaltarla. Dalla barca salto su quello che e' il fondo della zattera, c'è una cimetta bianca che passa da un lato all'altro e che serve proprio a questo scopo, mi faccio scivolare da un lato in acqua (e' fredda!) tenendo sempre in mano la cimetta, aiuto il movimento rotatorio della zattera spingendo coi piedi, e in un baleno e senza fatica la zattera si e' messa nella sua posizione corretta. Ora pero' arriva la parte più difficile: salire sulla zattera dall'acqua. C'è una scaletta di corda per agevolare questa operazione, infilo il piede nel gradino, mi aggrappo al tubolare dell'entrata, uno due tre... macché, sembra facile, ma non lo è affatto. Di nuovo la voce di Gianfranco mi da' le indicazioni giuste, cerco di afferrare con le braccia il tubolare nella parte interna più vicina al fondo, uno due tre... è fatta, sono dentro, ansimo come una locomotiva, ma ce l'ho fatta. Non posso fermarmi, la voce di Gianfranco non mi dà tregua: cerco le valvole di sicurezza che stanno sfiatando e le chiudo con gli appositi tappi, recupero la scaletta, sistemo il piccolo anulare con la cima galleggiante in modo che non intralci, trovo il coltello che servirà a tagliare la cima che assicura ancora la zattera alla barca. Sarebbe anche ora che Gianfranco mi raggiungesse sulla zattera, ma lui non ci pensa neanche. No, non e' che il suo amore per la barca sia cosi' travolgente da non volerla lasciare, e' che Gianfranco Giunti gli autogonfiabili li costruisce, li vende e con molta disponibilità fa delle utilissime dimostrazioni pratiche come questa. In questo caso ha accolto la richiesta degli organizzatori della selezione istruttori della Uisp Lombradia, e' venuto a Portovenere dalla Eurovinil di Grosseto portandosi una ciambella autogonfiabile e una zattera. Ha spiegato, ha risposto a domande e poi ha simulato una vera emergenza e io ho fatto da cavia di fronte ad un folto gruppo di futuri istruttori che assistevano attenti alle operazioni dal moletto su cui eravamo ormeggiati. La simulazione non si e' fermata qui: prima di passare alla esercitazione con i razzi, ho anche dovuto fare la prova di scuffia: chiusa dentro la zattera sono stata "ribaltata", e ho potuto constatare che uscire dalla zattera in questa scomoda posizione è più facile di quanto sembri. Mi sono così resa conto che usare la zattera e' facile a patto che uno sappia esattamente che cosa fare senza doversi leggere le istruzioni nel momento del pericolo. La regola, valida per tutti ma ancor più per chi in barca ci va come istruttore, è sempre la stessa: tenersi informati, controllare sempre che tutto sia in ordine ed efficiente, non lasciarsi sfuggire occasioni per assistere a dimostrazioni, e poi sperare di non dover mai mettere in pratica.
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