Sono un marinaio e non sono abituato ad andare in montagna d'estate. Ma mia moglie ci teneva tanto e c'era l'occasione di dedicarmi all'altra mia passione: la bicicletta. Così ho trascorso un bel fine settimana in Alto Adige e ho ricavato alcune osservazioni che forse potrebbero essere utili a qualche amministratore di località marine non ancora completamente sfregiate dall'edilizia selvaggia e dai megaporti turistici. 1) Costruire sì, ma secondo canoni e regole prestabilite. La libertà è importante, ma quando l'esercizio della mia libertà invade quella degli altri deve incontrare dei limiti. In Alto Adige si vedono parecchie gru: non rinunziano a costruire. Ma è evidente che gli architetti non sono liberi di tradurre in cemento qualsiasi loro bislacca pensata (come la torre di Fuskas che volevano costruire nel mare davanti a Savona, ad esempio): li si costruisce solo rispettando lo stile locale, rispettando determinate distanze, etc. Il risultato sono paesi che crescono in modo armonico, ben inseriti nell'ambiente circostante. 2) Recuperare l'esistente dismesso per nuove funzioni. Tre esempi. - A Dobbiaco c'era un enorme “Grand Hotel” dei primi del ‘900, che probabilmente non ce la faceva più a reggere. Non lo hanno lasciato lì a marcire come accade, ad esempio, da decenni per un edificio dello stessa epoca nel pieno (caotico) centro di Rapallo, né è stato trasformato in miniappartamenti destinati a rimanere inutilizzati per gran parte dell'anno, ma è stato riutilizzato per nuove funzioni d'uso collettivo. Una parte è divenuta uno bellissimo ostello della gioventù, aperto anche alle famiglie, che permette soggiorni spartani ma più che decorosi a prezzi contenuti e garantisce al paese la presenza costante di centinaia di turisti (che spendono sul posto). Un'altra parte è utilizzata per mostre e concerti (che attirano i turisti più anziani). Il parco dell'hotel è diventato un giardino pubblico. - La val Pusteria è percorsa da un'antica linea ferroviaria risalente al 1871. Da tempo quella linea aveva perso interesse commerciale. Invece di chiuderla o farla andare in malora è stata ristrutturata per usi turistici e di trasporto locale. In ogni paese, anche piccolissimo, c'è una stazioncina con annesso noleggio di biciclette. La valle è divenuta un paradiso per il cicloturismo: noleggi una bici, vai dove vuoi senza preoccuparti del ritorno. Quando sei stanco lasci la bici alla stazioncina che scegli e te ne torni indietro in treno. Se invece usi la tua bici, la carichi sul treno che è predisposto per questo servizio. Risultato: migliaia di turisti in più a basso impatto ambientale. Analoga operazione è stata fatta in Val Venosta salvando un'altra antica ferrovia. - Le vecchie stradine agricole e quelle di servizio della ferrovia sono state trasformate in piste ciclabili. 3) Si incentiva l'uso della bicicletta e del treno, ma le macchine rimangono. Quindi non si ha paura a fare tutti i parcheggi che occorrono per evitare che le auto vengano parcheggiate dove capita, con evidente danno ambientale (non solo di tipo estetico). Provo a trasferire questi concetti in un “ambiente marino” che mi è familiare: la zona del Golfo di Baratti. 1) Pista ciclabile sulla “Principessa” da Piombino a San Vincenzo. Recupero ad uso pista ciclabile delle stradine della zona. 2) Il campo agricolo malamente adibito a parcheggio sulla Principessa all'imbocco della strada che conduce alla spiaggia (spesso semivuoto perché lontano dal mare), ampliato sistemato come si deve e con annesso noleggio di biciclette (a centinaia, perché ce ne siano davvero per tutti, come in Alto Adige): parcheggi lì, senza ingolfare la splendida stradina che porta alla baia e i relativi parcheggi e su una sicura pista ciclabile in pochi minuti sei al mare. 3) Baracche in muratura in stato di semiabbandono sulla spiaggia di Baratti riconvertite in ostello della gioventù. 4) Abbattimento dell'inutile e obbrobrioso molo in legno non finito e sua sostituzione con due o tre moletti galleggianti. 5) Ricostruzione in pietra del frangiflutti del primo novecento, che “sopravvive” a pelo d'acqua. 6) Sistemazione delle costruzioni (quasi tutte di proprietà demaniale) sul lato del porticciolo. Una parte potrebbe essere destinata ad usi commerciali (alberghetti, appartamentini) per ripagare le spese. Il resto dovrebbe essere destinato alle attività che già ci sono e che rendono “vivo” il borghetto. 7) Destinazione di una parte della lunghissima spiaggia a stabilimento balneare in concessione con l'obbligo per i concedenti di tenere pulita e mantenere tutta la spiaggia. Moltiplicate questo modo di operare per migliaia di chilometri di coste e avrete un turismo marino meno aggressivo e devastante di quello che conosciamo.
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