di L.P.
Molto prima di fare la "conoscenza" col Piviere, leggendo di mare e d'avventure, la mia attenzione è stata sempre attirata dalle gesta di quei formidabili marinai che si sono spinti attraverso gli oceani a bordo di piccoli yatch da diporto.
Tutte queste storie hanno un comune denominatore: le potenzialità offerte dalle piccole barche a vela al confronto con i blasonati e ben più lunghi "Ocean Cruisers". Tutto ciò non fa che rafforzare la mia convinzione del concetto del " Piccolo è Bello!".
Di seguito una raccolta di testimonianze, di racconti ...di esempi illuminanti !
<< Due buone cuccette asciutte, due stufe, un gabinetto, una tavola per carteggiare, provviste abbondanti. Che cosa può desiderare di più un marinaio?>> - si chiedeva Patrick Ellam mentre il suo sloop Sopranino, di 6 metri, usciva dalla Manica diretto a Plymouth, alla partenza della regata di "Santander".
Sopranino (il cui nome deriva dal più piccolo strumento a fiato) partito successivamente da Falmouth in Inghilterra il 6 settembre '51 si diresse sulle coste spagnole e poi portoghesi; dopo aver attraversato l'Atlantico visitò il Venezuela e risali gli Stati Uniti fino a New York dove i suoi due uomini di equipaggio, Ellam e Mudie, arrivarono il 6 gennaio '53.
Tra le testimonianze di piccole barche, quella descritta da Guzzwell in "Trekka intorno al mondo" edito Mursia è senza dubbio quella che più mi ha colpito. Nella primavera del 1953 John Guzzwell approntò la costruzione del suo Trekka, uno Yawl di 6,25 metri progettato da J. Laurent Giles. Con questa barca circumnavigò in solitario il globo stabilendo, all'epoca, il record della imbarcazione più piccola, percorrendo 3.000 miglia in un viaggio che durò ben quattro anni. |
<<...avevo un'idea abbastanza precisa del tipo di barca che mi sarebbe servita. - dice - Doveva essere robusta e tuttavia molto leggera, tale che in una tempesta si lasciasse sollevare sulle creste delle onde; non pesante, quindi, ne' pigra. Doveva essere anche piuttosto piccola, poiché avrei dovuto governarla da solo e, naturalmente essendo piccola, sarebbe risultata di costruzione più rapida, più facile e più economica...
(...)
...non considero il Trekka come il tipo ideale di imbarcazione per un viaggio intorno al mondo; ma, prima di cancellarlo dall'elenco di progetti di successo, vale la pena considerarne i vantaggi assieme ai difetti.
Innanzi tutto non v'è dubbio che il Trekka rappresenta all'incirca l'investimento più modesto in fatto di yacht destinati a circumnavigare il mondo. A differenza di molti suoi predecessori era nuovo di zecca quando partì da Victoria nel settembre 1955, e quando Vi fece ritorno quattro anni dopo era virtualmente nelle medesime condizioni....
(...)
...Gli amici da me incontrati mi hanno sempre invidiato la quantità ridicola di lavoro che serviva per mantenere Trekka in buon ordine, a confronto di quella richiesta dalle loro barche più grandi.
In alcuni porti gli yacht che vogliono ormeggiarsi a banchina o effettuare, come nel caso di Panama, il transito di un canale, sono soggetti al pagamento di tasse. Queste sono di solito calcolate in base alla lunghezza o alla stazza e la tassa di 2.16 $ (nel 1953 N.d.R.) dimostra in che cosa consiste il vantaggio di Trekka nei suoi rivali più grandi. Molti viaggi iniziati in maniera promettente finiscono poi col fallire per il fatto che l'equipaggio non può permettersi di mantenere la propria imbarcazione. Le vele costano denaro e naturalmente più grandi sono più alto è il costo. Il gioco di vele di cotone che il Trekka usò per quasi tutto il viaggio intorno al mondo costò solo 29 sterline e 10 scellini per la randa, le trinchettine e la mezzanella. Quante altre barche avrebbero potuto procurarsi un gioco di vele a quel prezzo?
Quanto alla manutenzione bastava appena mezzo litro di smalto per i fianchi e poco più di un litro per l'antivegetativa per l'opera viva. E' ovvio che cio' non richiedeva da parte mia tutto il tempo che altri yachtsmen erano costretti a dedicare alle loro barche. Di conseguenza quando ero in porto mi rimaneva più tempo da trascorrere a terra sia per visitare le curiosità locali sia per andare a trovare gli amici, giacché il motivo per cui la maggior parte di noi va in crociera è che, una volta arrivati in un posto, desideriamo vedere tutto quello che esso ci può offrire. Eppure quante volte mi e' capitato di sentire di equipaggi che hanno trascorso tutto il tempo in porto a riparare le attrezzature danneggiate durante l'ultima traversata.
Per un viaggio in solitario, pertanto, il Trekka non rappresentava forse una scelta tanto cattiva come qualcuno potrebbe pensare. In mare dette prova di essere una piccola eccellente barca marina, effettuando delle ottime traversate in numerose occasioni, senza richiedere nel contempo un'eccessiva attenzione da parte del suo equipaggio (Guzzwell viaggiò solo nella sua circumnavigazione del '53 N.d.R.).
Naturalmente lo svantaggio principale del Trekka era dato dalla mancanza di spazio. Esso si manifestava particolarmente nei porti, mai in mare. Nei porti la ristrettezza dello spazio diventava un inconveniente per lo più a causa delle consuetudini "terraiole". Indossare una giacca e un paio di calzoni richiedeva l'abilita' di un contorsionista, e gli impianti igienici non erano poi così facili da usare come in mare aperto!
Una delle cose di cui sentivo la mancanza era la possibilità di restituire l'ospitalità ad amici che si erano dimostrati molto gentili con me a terra. Se fossi stato in grado di invitare alcuni di costoro in un saloncino più spazioso l'avrei fatto ben volentieri; ma più di due persone nel Trekka non ci sarebbero state. Tuttavia in più di una circostanza riuscii a portare in giro degli amici per un pomeriggio, il che avrebbe significato un mucchio di lavoro su uno yacht più grande, mentre sul Trekka inferire le vele mollare gli ormeggi era semplicemente una questione di minuti>>
Una bella, lucida, testimonianza sulle doti d'alto mare, ma anche diportistiche e costiere, e su quali vantaggi un piccolo yatch può offrire rispetto ai canonici 30/34 piedi!
Il 30 aprile 1970, a ventuno anni, Robin Lee Graham diventa il più giovane navigatore solitario del tempo ad aver circumnavigato il Globo. L'impresa è descritta in "Uomini e Navi" edito dal National Geographic. Partito da Los Angeles il 27 luglio 1965, a soli sedici anni, con l'intenzione di percorrere le 2.230 miglia che lo separavano da Honolulu, la Dove, uno sloop di sette metri in vetroresina con fuoribordo di soli 6 cavalli, dimostrò durante il viaggio ottime doti veliche ed una particolare attitudine a tenere. Così il primo sogno di Robin di vedere le isole del pacifico si trasformò nel progetto di circumnavigare il globo. La Dove, pur disalberando due volte, superò le tempeste del Pacifico, dell'Indiano e dell'Atlantico e portò il giovane a spasso per gli oceani fino alle Barbados dove fu rivenduta per acquistarne una di nove metri.
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<<Il tempo passava veloce; ero di tre anni più vecchio e un po' più alto che all'inizio ed ero anche diventato troppo grande per la Dove; inoltre non credevo che avrebbe resistito ad un altra brutta tempesta.
Ero quasi tentato di abbandonare ogni cosa, ma non potevo dimenticare di aver fatto 22.300 miglia, tre quarti del giro del mondo, ed anche i quarti peggiori!.
Dovevo finire, con una barca più grande (...)
Salpai verso le Barbados, l'ultima tappa della Dove. Da lì sarei volato negli Stati Uniti per cercare la barca che volevo, lunga più di nove metri per essere sicura anche in una tempesta, ma meno di dodici per essere manovrabile da una persona sola (...)
Da St. Thomas volai alle Barbados e ritornai alla piccola Dove. Sembrava un giocattolo. Patty e io ci lavorammo per quattro settimane, riparando e verniciando, e poi vi mettemmo un cartello con scritto in vendita che faceva quasi male.>>
Dovevo finire, con una barca più grande (...) Salpai verso le Barbados, l'ultima tappa della Dove. Da lì sarei volato negli Stati Uniti per cercare la barca che volevo, lunga più di nove metri per essere sicura anche in una tempesta, ma meno di dodici per essere manovrabile da una persona sola (...) Da St. Thomas volai alle Barbados e ritornai alla piccola Dove. Sembrava un giocattolo. Patty e io ci lavorammo per quattro settimane, riparando e verniciando, e poi vi mettemmo un cartello con scritto in vendita che faceva quasi male.>>
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<<Ho navigato con le mie barche, dalla più piccola sino a quella di 70 tonnellate, su molti mari, ma quella che mi ha dato le soddisfazioni maggiori è stato un piccolo yawl con il quale ho fatto crociere di migliaia di miglia lungo le coste di diversi paesi europei, visitando remoti isolotti, porticcioli da pesca, stretti e poco profondi fiordi battuti dal vento, inaccessibili agli yatch più grandi>>
"The Falcon on the Baltic" di E.F.Knight
<<C'era posto per stare disteso e dormire e posto per sedere...cosa può desiderare di più un uomo ?>>
Arthur Ransome
Infine il più grande navigatore-scrittore che il nostro tempo ci abbia mai regalato: Bernard Moitessier.
Mai Moitessier nelle appendici tecniche dei suoi libri ci consiglia una barca piccola, al di sotto dei nove metri. In lui l'idea di navigare per gli oceani con meno di 9 -10 metri non balena mai; ma è pur vero che non tutti noi siamo alla ricerca di una barca per le "Blue Water"!.
Anch'io ritengo che, se dovessi scegliermi la barca per una traversata oceanica, non la vorrei sotto i 12 metri. Ma è proprio cio' che Moitessier dice avendo in mente l'oceano che si può tradurre nel nostro contesto, per i nostri mari e per i nostri scopi.
Da "Un Vagabondo dei Mari del Sud", edito da Mursia
<<Vorrei che la mia prossima barca fosse più piccola possibile: diciamo da 8,50 metri a 9,50 metri fuori tutto... (Moitessier all'epoca non sapeva che avrebbe armato il Joshua ! n.d.r.) >>
Da "Tamata e l'Alleanza", edito da Editrice Incontri Nautici
<< Le dimensioni della barca
Attenzione...non troppo grande! Gli occhi più grandi della pancia...questo si paga quasi sempre molto caro, in denaro e grattacapi. Una barca di nove o dieci metri può tracciare una superba scia.
Qualche esempio in mezzo ad altri: Legh II, circa 9 metri, giro del mondo in tre tappe per i tre Capi; Suhail, 10 metri, i tre Capi senza scalo; Damien, circa 10 metri Groenlandia, amazzonia, i tre Capi e la terra Adelia; un Vertue, meno di 8,50 metri, i tre Capi.
Ancora numerosissime barche ben più piccole hanno fatto il Giro del Mondo per la rotta classica degli Alisei, o doppiando Capo di Buona Speranza. Certo un quattordici metri è più confortevole e veloce di un nove o dieci metri ma la differenza di prezzo all'acquisto (o nella costruzione, se non si costruisce da soli), e la manutenzione durante l'uso è colossale. (...) >>
Novembre 2001
L.P.