Ciao Piviere,
ti scrivo questa mail con la speranza che possa essere pubblicata nel sito, come articolo sul Piviere:
Ermanno.Capozzi@leasys.com
Ormai c'eravamo, era giunto il tempo, dovevo vendere il mio Piviere 660.
A dodici anni avevo comprato la mia prima deriva, un glorioso FJ, poi un dinghy, tutte barche sulle quali l'entusiasmo, la mia passione per il mare, il vento avevano pieno sfogo; l'emozione di una planata con onda lunga, la bolina stretta da tenere con la barra che impazzisce, ed il vento che urlava sotto la randa e nel fiocco che faceva strillare di gioia me e quei pochi amici veri che riuscivo a trascinare su quei piccoli gusci.
Poi venne il lavoro e con il primo stipendio fu il momento del primo cabinatino, un Canaro 520 con deriva mobile e fuoribordo di 2 cv con il quale feci la prima "grande" crociera. Con due pazzi amici andammo fino a Procida, in una crociera fantastica di urla e risa, entusiasmo incosciente e speranza nel trovare molto vento e onde grandi ed urlanti.
Infine venne lui, il "Piviere 660", ormeggiato elegantemente, come solo lui sa fare, ad una banchina di Fiumara; era stupendo con lo scafo rosso ed i suoi interni di mogano e teck, che faceva piacere toccare ed odorare. Appena la vidi, mi resi conto che il proprietario avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cifra, ed io gli avrei dato tutto ciò che avevo, ma lui capì, e leggendomi negli occhi me la diede a meno di quanto gli offrivano altri, ed il segreto era nel nome che lui gli aveva dato: "Terza Mania". Seguirono quattro anni di crociere all' Elba (in 5 !!!) a Ponza, ed in giro un pò dovunque perché il vero piacere era stare su di lui, in quel pozzetto così accogliente, su quel ponte così piatto e spazioso dove decine di amici si sono alternati ad urlare e ridere, a strillare al mare la nostra gioia.
Ma ormai, come dicevo, era giunto il momento di vendere "Terza Mania", perché nella mia vita era arrivato un altro amore, mio figlio, e come si sa i bambini non si portano in barca perché c'è la pappa da preparare, i pannolini da cambiare, e mille altre cose tutte incompatibili con la nautica.
Dopo un annuncio su un giornale, trovo subito il compratore, e così in una triste domenica d'inverno ho appuntamento con un amico per le ultime foto prima di cedere la gloriosa "Terza Mania". Ma......se è vero che "la vela è un dono di Dio ai suoi figli più belli", il Piviere è un dono ai più belli tra i belli, e così fui assistito da qualche divinità nel trovare, proprio il sabato prima di cedere il mio "Piviere" la soluzione al mio problema. Per non vedere più il mare che ormai mi feriva ricordandomi ciò che avrei dovuto fare il giorno successivo, mi reco in campagna per un week end, ad Orvieto, e da lì, a Bolsena, sul lago ed a Capodimonte, dove fui illuminato dallo splendido porto che ha risolto il problema ed ha evitato il triste abbandono dell'amata barca.
Il lago era calmo ed amico, (sopratutto agli occhi di mia moglie) e riuscii quindi a convincerla che forse lì avremmo potuto portare anche il bimbo, seppur piccolo. Fu presto fatto ed in una settimana il mio Piviere 660 era già sul camion destinazione Lago di Bolsena.
Navigando sul lago con mia moglie e mio figlio piccolo di pochi mesi, ho scoperto una nuova dimensione della vela, la vela in punta di piedi. Diversa dall'entusiasmo delle derive, o dall' affascinante scoperta nelle crociere, ma altrettanto magica. Nel lago tutto è calmo e prevedibile, ma la natura è più vicina e ne sei circondato. Sei immerso nel silenzio delle campagne che ti circondano, e sotto di te senti l'acqua dolce, nel sapore e nella sua musica, che ti passa sotto, senza fretta.
E' un concerto strano e affascinante tra terra ed acqua che compongono una melodia di ritmo continuo e lento. Si esce dal porto, e si è in "mare" aperto, appena spento il motore, il bimbo si addormenta cullato dal dolce rollio continuo e sereno. Con il bimbo che dorme si deve stare in silenzio, per non svegliarlo ed ogni manovra ed ogni movimento a bordo devono essere calibrati con cura, devono essere pensati in anticipo, e la magia è infinita.
Si apre alle nostre orecchie tutto un mondo di suoni che non conoscevamo. In quell'atmosfera irreale si ascolta la barca che naviga, il winch sibila, lo scafo canticchia pigro, la scotta appena sfiorata ci ringrazia con un acuto dolce; riuscire ad ascoltare il rumore della vela ad ogni minimo cambiamento di vento, ed avere come sfondo il grido dei gabbiani, con insieme il soffio del vento sui campi di grano della costa, è magico e si ottiene solo se si pratica la vela.........in punta di piedi.
gennaio 2003
E.C.