di EDO AZZOLINI
Il 26 luglio, libero da tutti gli impegni (si fa per dire!) correvo in auto sull'Aurelia verso Porto Baratti in mezzo ad acquazzoni ritmati da tuoni tremendi. Il 27 mattina correvo invece, sullo "Zot" il mio Piviere 1968 numero 19, in direzione di Porto S. Stefano, uno dei luoghi di appuntamento dei gruppo dei «pivieristi». Non volevo tardare. Il primo incontro è sempre determinante per il buon avvio di una crociera composta da vari equipaggi: la precedente esperienza ce lo aveva dimostrato. Alle 16 dò fondo alla Pilarella in Porto Vecchio ma di pivieristi neanche l'ombra.
Poi, nello sfondo delle colline di Talamone, una vela e un profilo ormai stampato negli occhi. E' un Piviere a bulbo, vele candide e colori brillanti, che stringe il vento con grinta e velocità. Riconosco Enzo Casini e Andrea, suo figlio (ormai più bravo del padre): è dunque il «Coralba 2'», il 150' Piviere varato dalla Cbs, che va ad ormeggiarsi tra due corazzate private, dagli ovvii superpotenti motori, che caricano batterie, scaricano di fianco e rompono i timpani.
Più tardi, è ormai sera inoltrata, altri incontri: i romani Marina e Marcello Petrignani con Vittore Rossi di Piombino, Giampiero Ticciati che farà parte con Fabio Rossi dell'equipaggio dello «Zot» e, a Porto Ercole, Massimo Bondì con un equipaggio tutto giovane (Emanuele, Daniele e Claudio) e affamato, appena giunto da Fiumicino. La sua barca, il «Pilgrim», tutta bianca e teck, ha faticato a uscire da Fiumara (Fiumicino), intoppata per lungo tempo a causa di una barra che libeccio e scirocco avevano ingigantito. Poi, finalmente, con mare meno rotto ma sempre mosso, la partenza: ore di navigazione, un sacco di vele perduto, una bella tirata.
E infine due cari amici di Roma, Clara e Sergio Beato, in vacanza a Porto S. Stefano che invito all'impresa: accettano subito e saranno con noi fino al Giglio.
Anche questa volta sullo «Zot» siamo in cinque. Non mi preoccupo. Sul Piviere tutto è possibile, lo spazio non manca. Giampiero, per un paio di notti, dormirà nel pozzetto, sotto un buon tendalino. E' un ex contadino, pieno di volontà, di passione marinara, di idee superbe (redige un giornale locale che da lunghi mesi svolge una tenace battaglia contro le termo-centrali elettriche che intendono utilizzare la nafta, inquinante e tremenda per i gas di scarico in mare e in aria): ha portato una tanica di 30 litri di ottimo vino proveniente dai colli toscani fumanti di soffioni. E non se la prenderà se la tanica resterà con noi in tuga mentre lui riposerà nel pozzetto.
Il 28 luglio ci dà una mattinata stranamente grigia con mare grosso e noioso. Il «Pilgrim» e il «Lighea», la barca dei Petrignani, con rotta 210' Porto Ercole-Giannutri riescono ad ingabbiare il vento. Lo «Zot» e il «Coralba 2'» hanno invece tutto di prua. Siamo dunque in quattro Pivieri a iniziare la crociera.
Casini intanto scompare alla vista, nella foschia. I collegamenti si esauriscono con tanti «Allò-Allò, qui «Zot», foulard rosso chiama Coralba 2', rispondi: passo». Questi primi collegamenti ci dicono invece che è sempre più difficile attuarli. Giri il bottone e una babele incredibile di voci, di break, di roger, di «io ti copro, tu mi copri» e così via coniugando, ti impediscono di entrare in quel benedetto canale che ti eri riservato. E poiché hai un aggeggio con due canali e l'altro è ancora più intasato, ti senti fottuto da certi radioamatori in banda cittadina che sembrano appiccicati a questi apparecchi sera, notte e mattina e che parlano, parlano, senza dir nulla!
Il tempo intanto si definisce e le alte pressioni si consolidano. Giannutri ci concede, ormai in pieno sole, alcuni bordi al traverso e di bolina stretta. E' la tensione della vela che prende e appassiona. Tutti ne siamo partecipi. Date a un Pìiviere un buon vento e diventa una barca incredibile. Gli ultimi tipi, in versione bulbo e nuovo piano velico, «mordono» in bolina come derive. Un rinnovato piano velico ha giovato anche alla versione a deriva basculante. Li osservo dallo «Zot» con deriva a baionetta in legno plastificato e vecchio piano velico, capace però di tenere testa agli ultimi scafi, e forse, superarli nelle andature larghe.
In Cala «volo di notte» nel golfo degli Spalmatoi ha inizio il nostro intenso ciclo culinario; le barche sostano vicine, diventano cucine e tavole comuni, non mancano quasi mai gli spaghetti alla marinara, con frutti di mare esenti da bacillo «virgola». E' un pomeriggio riposante, punteggiato da bagni ripetuti, sorsate di wisky e di vino rosso, chiacchierate da nulla. I seni nudi e abbronzati di alcune francesi che sostano accanto su una imbarcazione immatricolata Nizza sottolineano il senso di libertà di quei momenti e suscitano pensieri innocenti.
Al tramonto il mare è più disteso: ci attende Cala Maestra, dall'altro lato dell'isola. Tentiamo un pò di pesca alla traina sul lato del faro, dove il mare, sempre straordinariamente possente, ha creato cattedrali di roccia e stretti cunicoli dove si penetra soffiando come geiser.
La pubblicità propone Giannutri come «l'isola senza tempo». Balle. Poteva esserlo se il tempo non fosse scandito anche qui da lottizzazioni, da cose assurde e sbagliate, dal night, dallo snack-bar, dall'antica villa romana chiusa alle visite di privati (e lo Stato?) perché - così si giustificano - predatori di pietruzze di mosaico ne minacciavano il completo sfascio.
Ma se ci arrivate andate, come noi, in Cala Maestra. E' ancora il grande dono che offre Giannutri.
Eravamo proprio in Cala Maestra, la mattina seguente, quand'ecco ricomparire, provenienti dal Giglio, Enzo e Andrea Casini. Perché sono andati al Giglio? Mah! Proseguiamo da Giannutri al Giglio, poche miglia, in una mattina calda e stupenda.
Al Giglio Porto l'ambito onore di avere a fianco ormeggiato il «Rosetta», superbo ed elegantissimo clipper a scafo bianco e vele azzurre coperte da tela bianca, con marinai in azzurro la mattina e in bianco la sera, con tappeti a disegni bianco-azzurri accuratamente spolverati dal personale di bordo con spazzole a setole bianco-azzurre. E' una sinfonia bicolore dosata, organizzata, presuntuosa che contrasta con il campionario colorato dei Pivieri ormeggiati su tutti i lati del porto. La cui flottiglia si è accresciuta: ci hanno raggiunti le barche di Sandro Ranzo (con lui Chiara, Letizia e Giulio, suo figlio, di due anni e mezzo: la mascotte della crociera); di Bezzi (con sua moglie e due figli) e di Argiuna Mazzotti, con il figlio.
Ci troveremo tutti a casa di Rosetta, a Giglio Castello, in lieta brigata. C'è anche Renato Bulleri della CBS, che non ha voluto mancare all'appuntamento. Rosetta ci aveva promesso festa grande e saporita e ha mantenuto la parola. La lasciamo abbracciandola con un arrivederci in Fiumara.
Trascorriamo la giornata successiva a Campese, sull'altro versante dell'isola, dando fondo a ridosso del faraglione prima, nei pressi della torre medicea poi, per passare la notte.
Salpiamo verso Montecristo, con buon vento di prima mattina. Sono ore sotto vela in rotta con la bussola, calcoli di scarroccio e deriva e collegamenti ad ogni ora. Il gruppo dei sette Pivieri è fantastico. Il profilo di Montecristo si disegna, prima su Punta del Diavolo poi il resto fino alla vetta: il picco del segnale. Siamo in rotta perfetta: 265'. Questo blocco di granito sembra però irraggiungibile: c'è tutto il tempo per fissare negli occhi e nella mente, per sempre, il fascino di quest'isola al largo.
Lo «Zot» entra per primo in Cala Maestra, l'unica veramente verde e abitata da guardie forestali che controllano, per conto della Regione Toscana, la flora e la fauna (capre, conigli selvatici, coturnici, foca monaca) di quest'isola. Non potendo vederla nel suo interno, decidiamo di visitarla dal mare. Saltiamo sulla barca di Marina e Marcello e costeggiamo a lungo, trainando, fino a Cala Corfù. Ne valeva la pena: calanche e calette si susseguono, la roccia a mare e i picchi di granito in alto creano dopo il tramonto decise e fredde brezze discendenti, più tardi in cielo stellato che solo nelle isole al largo è dato vedere, alcuni pesci a bordo per una buona zuppa in banchina. Gli amici già riposano e noi cerchiamo di prolungare questa bellissima serata di Montecristo.
Sappiamo che tra poche ore lasceremo l'isola. Lo abbiamo deciso con senso di responsabilità perché sappiamo che cosa significa essere da queste parti quando si muove il mare e si rompe il tempo. Ma nella partenza del mattino c'è egualmente in tutti noi, profondo, il rammarico di lasciarla. In rotta, con Pianosa alla sinistra, saremo in molti a voltarci continuamente per guardare quel cono pietroso diventare azzurrino, rimpicciolire e sparire.
Enzo, intanto, è partito deciso e tiene la testa del gruppo. Ma è completamente fuori rotta rispetto a Fetovaia, sull'Elba, che già si intravede. Un nostro collegamento riesce a raggiungerlo prima che tocchi Lacona. Cominciano le correzioni di rotta del gruppo in testa. A Fetovia attracca per primo il «Pilgrim», la barca di Bondì. Mazzotti cerca antibiotici per suo figlio: il terribile tafano di Montecristo ha fatto la sua vittima, nonostante che il giovane dormisse con un passamontagna. Crucciato e enfiato il giovane Mazzotti resta in tuga e perderà la bella serata comune al ristorante dove ci cucinano sapientemente un notevole esemplare di dentice.
La mattina il bollettino annuncia venti da sud ed è Mazzotti che ci sveglia e ci fa notare il groviglio nuvoloso che ci sovrasta. Avevamo detto di seguire il versante orientale dell'Elba. Poco male. Si salpa e ci spostiamo sull'altro, nella calanca di S. Andrea dove sosteremo due giorni dando spazio a un tour in pullman che ci porta a Poggio, Marciana Alta, sul Capanne, Punta Polveraia, Seccheto, Chiessi, Pornonte, Marina di Campo (dove incontriamo Beppe Frascari, pivierista anche lui che si unirà ai Ranzo per la Corsica), Porto Azzurro, il Volterraio, Portoferraio (qui salutiamo amici fiorentini sul loro «Superjet» che vennero con noi, in Corsica, lo scorso anno), Procchio, Biodola, Marciana Marina. Una buona parte dell'Elba su quattro ruote. E' una parentesi che fa piacere a tutti.
Cala S. Andrea segna il termine della crociera di gruppo. Il «Charadrius» come ho detto, proseguirà per la Corsica, Casini ha un incontro con i «Fratelli della Costa» e deve, absolutely, giungere in tempo a Punta Ala. Bezzi e Bondì devono rientrare e li salutiamo con tutti gli equipaggi, davanti alla Biodola. Lasceremo il «Lighea» a Cavo per rientrare a Golfo Baratti ma con Marina, Marcello e Vittore passeremo insieme il resto di agosto. Le nostre crociere prevedono anche questo: non vivono di regolamenti rigidi e prefissati. Si discute e si traccia un itinerario, poi si va avanti decidendo di comune accordo, volta per volta, arrivederci tutto compreso.
Ma anche quest'anno, grazie al «Piviere», una bella crociera, con vecchi e nuovi amici. Qualcuno ha pensato di assegnare a questa barchetta il «Nastro d'oro Eleganza Mare 1973». Nessuno ha ancora pensato di conferirgli il Premio Amicizia. Se lo merita, per tutte le amicizie che riesce a creare e consolidare. Lo faremo noi, nei prossimi mesi.