IL VECCHIO E IL MARE
Non si incontravano mai.
Ognuno faceva una rotta sempre diversa nell'immenso mare.
Talvolta accadeva che la prua dell'uno incontrava la scia
lasciata dalla prua
dell'altro. Neppure il lieve sussulto della barca, costituiva una
possibilità, seppur remota, di incontro.
Ma era nell'aria un confronto, un dialogo, una spiegazione...
E quando le trame dell'universo lo consentirono, i due si
trovarono a faccia a faccia, ignari rappresentanti di due mondi
distinti, separati da sempre da un
abisso di reciproca incomprensione, a rendere conto l'uno all'altro
di una eterna battaglia, mai combattuta sul campo, sempre
rinviata, sempre iniziata e mai conclusa.
Uno era vecchio, come tutte le cose da sempre esistite, portava
sul volto e sul collo le rughe dell'eterno soffrire che solo il
mare sa scavare,quello delle lotte per la fame, delle magre
consolazioni che esso offriva con parsimonia, con gelosia forse,
ma anche con costanza, quasi che a lasciarsi derubare dei suoi
tesori, fosse rassegnato, ma ancora deciso ad opporre una tenace
resistenza .
L'altro lo era meno, ma anch'egli non più con la baldanza dei
verdi anni;
si trovò li a quell'appuntamento a cui con solennità si era da
tempo preparato.
Il vecchio tiro l'ultimo spezzone di rete e con esso la misera
ricompensa per la dura fatica.
Guardando il fondo argenteo della rete alzò gli occhi verso l'altro
e sommessamente ,quasi parlando con se stesso, dice.
" - Sempre di meno, mare maledetto".
Da sopra la sua barca a vela l'altro accenna a un movimento di
aiuto, di
condivisione alla pena del vecchio, ma il gesto si arrestò nell'aria
quasi
consapevole improvvisamente della sua inutilità.
"Non bisogna maledire il mare, bisogna maledire noi stessi,
il mare è la vittima e noi siamo i colpevoli della sua avarizia"
Il vecchio alzò il pugno, adirato, poi trattenendolo immobile
nell'aria parlò.
Stavolta fiumi di parole ,di condanne represse nel tempo,
sgorgarono delle sue labbra, accuse da sempre taciute uscirono
dal suo petto,come se secoli di dolore trovassero in quel travaso
un ristoro lungamente cercato.
"Tu, tu sei maledetto, uomo, tu hai distrutto l'antico patto
che c'era tra noi,
mio padre e il padre dei miei padri hanno versato fiumi di
lacrime e di sangue in questo mare che adesso tu tratti come se
fosse un posto di piacere e di diletto.
Tu hai annientato il sacrificio dei miei padri, hai reso vana la
loro storia e il loro martirio.
Il mare è un mostro che vuole le sue vittime, loro ci morivano,
quando lui lo voleva,ma in cambio ci dava il pesce e con quello
potevamo sfamare i nostri figli. I patti erano chiari una volta,
prima che voi veniste a deridere, a dissacrare la nostra alleanza.
L'altro, il velista, stava curvo, le accuse del vecchio lo
avevano impietrito; lui
si era sentito fino ad allora un paladino un difensore delle
stesse cose che adesso il vecchio lo accusava di aver corrotto.
"Ascolta vecchio, tu hai ragione a pensare che lo specchio
dell'alleanza si e ormai rotto. Quello che dici è vero, il mare
non vuole più parlare con gli uomini: offeso ha ritirato il
patto che aveva con noi, ma ti sbagli a considerare me la causa
della sua ira. Io lo amo ancora e lo rispetto come facevano i
tuoi padri.
Quello che gli chiedo non è il pane per i miei figli, io gli
chiedo solamente di
ridarci la tregua dalla morte e il piacere della vita. Io gli
chiedo di mostrarmi i suoi tramomti, i suoi colori, i suoni,anche
le paure di una volta, ma non per soffrirne, per rispettarle e
per poterne custodire il segreto da rivelare ai nostri figli;
Anch'io soffro e fatico, ho scelto questo modo per muovermi nell'acqua
che è quello dei nostri padri e con ciò ho inteso onorare la
fatica del loro vivere".
Il vecchio strinse le labbra mentre disse:
"La tua sofferenza è vana perché non serve a nulla.
Il tuo muoverti da un punto all'altro e un sacrilegio perché non
vai in nessun posto,perché per te andare per mare è solo un
capriccio, perché non c'è sacrificio nel tuo andare e venire.
Tu hai abolito lo scambio che il mare chiedeva: lui voleva la
vita per darti la vita. Tu non gli dai nulla e pretendi il
piacere".
Tacque poi, ma solo perché l'ultima lacrima delle sue inaridite
pupille,richiedeva una pausa come commiato
Poi riprese
"Te l'ho gia detto :il mare non è un luogo di diletto. La
vostra colpa è che voi l'avete trasformato in bestia
addomesticata, come un animale portato allo zoo, per mostrarlo ai
vostri figli come si fa con un giocattolo,una volta pericoloso ma
adesso imbavagliato, senza gli artigli, addomesticato e deriso.
Le noccioline che
gli date per cibo sono le vostre immondezze, i vostri petroli, le
vostre carcasse di plastica galleggianti; voi lo sfidate perchè
vi sentite al sicuro dalla sua ira e se inferocito qualche volta
si ribella, volete ancora azzittirlo con i marchingegni diabolici
che ancora una volta lo privano delle sue vittime, e per questo
lui affama le nostre famiglie"
L'altro accorato:
"No, no, ascolta. Il mare non è una bestia affamata di vite,
lui ha le sue regole quelle che tuo padre ti ha insegnato, ma
adesso tu non puoi più insegnarle ai tuoi figli perché tu stai
morendo, ma io farò ricordare queste regole, li trasmetterò ai
miei figli,solo così il mare non morirà.
E' vero,noi siamo il mostro,noi affamiamo i figli del mare, noi
uccidiamo la sua vita.Ma ci siamo trasformati in mostro perché
siamo nemici, perché noi due non ci incontriamo, perchè nel
nostro futuro manca il nostro passato.perchè tu non sei accanto
a me.
Ascolta, l'allenza ora deve nascere tra noi, tu e io assieme,solo
assieme potremo combattere il mostro che siamo restando nemici.
Tu sei la storia e io sono lo
strumento per continuarla.
Ma devi rinunciare all'idea che nel mare si deve solo soffrire.
Devi rinunziare all'idea di nutrirlo col dolore e il sangue.
Io anche devo rinunziare a qualcosa.
Devo rinunziare alla sfida ,al pavoneggiamento alla continua
ricerca di ciò che lo addomestica, che lo snatura, che lo fa
assomigliare alla terra, con le sue false sicurezze, i suoi idoli
da consumare...
Non voglio che si trasformi in una oasi di svago. Questo lo
credono soltanto alcuni nostri fratelli che dobbiamo convincere.
Ma io e tu assieme! "
Il vecchio adesso è pensieroso, guarda ancora una volta il
misero risultato della sua fatica e poi con un sospiro rantoloso,
scuote il capo e dice.
" Lo so che io sto morendo, e so anche che con me sparirà
qualcosa che non potrà più tornare, ma una cosa ti voglio
ancora dire. I miei padri non parlavano col mare usando le parole
della scienza. Essi credevano nelle leggende e nei miti e
nelle storie dei loro padri.
E per questo sentivano la sua voce.
Se tu vuoi veramente che questa voce parli ancora, devi imparare
a udirla.
Se vuoi, è così che mi potrai avere al tuo fianco.
Io ti racconterò delle favole, ti insegnerò come si può
credere alla magia.
Le parole che mio padre mi ha insegnato sono parole magiche, solo
così si può chiedere al mare di dirti ciò che ha da dirti e
anche di darti qualcosa.
Tu non gli chiederai il pesce,lo so!
Tu gli chiederai soltanto di portarti con se.
Ma prima devi imparare come occorre parlargli. Non ci sono numeri
nelle sue parole, solo magia, cose misteriose, a volte paurose,
sempre inafferrabili,
lui custodisce i nostri morti e parla con le loro voci, la musica
che ti piace ascoltare è quella del loro mormorio;
lui custodisce i segreti della vita ma la vita è mistero e il
mistero deve restare tale per nutrire i tuoi sogni;
nei suoi abissi vanno le nostre paure, quelle che ci rendono
uomini, e lui deve trattenerle queste paure. Altrimenti quando
dovrai allontanarle da te non saprai dove vanno.
E quando lo interrogherai con le parole che ti insegnerò lui non
ti risponderà, ma tu saprai lo stesso che le tue paure si
trovano in fondo al mare.
E li trovano quiete".
Si allontanò il vecchio, spingendo con le ultime forze sui
remi.
Stranamente la sua barca non lasciava traccia sull'acqua.
Come mare che scivola su se stesso.
L'altro capì allora che il vecchio mare gli aveva parlato e che
le cose che aveva ascoltato erano l'ultimo rantolo della sua
saggezza.