IL SIG. SCIDA'

Il sig.Scidà invece la barca ce l'aveva...
Dico invece perchè vantandosene con i suoi colleghi di 
ufficio di quel felice acquisto
che era anche risultato un affare, non aveva mai 
mancato di far risaltare quell' "invece" dato che, come 
in altre circostanze simili, era la sua espressione 
preferita, tanto che qualcuno di nascosto lo aveva 
soprannominato il sig. "invece io ce l'ho". 
L'aveva comunicato a tutti i suoi colleghi invidiosi e da 
quel giorno non faceva che parlarne in continuazione, 
descrivendo con minuziosi dettagli mirabolanti veleggiate che
faceva ogni domenica, di regate ,di campionati che lo 
vedevano sempre tra le prime posizioni e di ogni altra 
vanteria immaginabile.
I suoi colleghi erano digiuni di queste cose e quindi 
bevevano di tutto convinti che l'amico fosse un vero 
privilegiato .D'altronde il sig Scidà si era da sempre 
guadagnato la fama di essere  un po' speciale, un pò 
snob ; già nel vestire era sempre un pò ricercato e 
siccome lo stipendio che prendeva era cosa notoria ,
si era naturalmente fatta strada la convinzione che fosse 
benestante in proprio.
Insomma il sig." invece io ce l'ho ",godeva di una 
immeritata reputazione di
collega un tantino facoltoso che si concedeva delle 
estrosità di solito estranee alla classe impiegatizia.
Nessuno si era mai sognato di chiedergli di partecipare, 
di essere coinvolto in una delle sue tante spacconerie. 
Nessuno era mai stato a casa sua, a vedere il fantastico 
stereo quadrifonico con lettore al laser, nessuno aveva 
mai potuto vedere il cavallo che aveva acquistato 
qualche anno prima e che doveva trovarsi in un 
maneggio esclusivo da qualche parte e nessuno osò mai 
chiedere neanche stavolta di poter partecipare alle 
ebbrezze tanto decantate della vela, candidandosi come 
eventuale ospite.
E per fortuna del sig.Scidà perchè con la fama di snob 
geloso ed esclusivo era riuscito durante tutti quegli anni 
a nascondere il fatto che quelle da lui raccontate erano 
tutte frottole. In realtà viveva molto modestamente in 
una vecchia abitazione frutto di un lascito, senza figli, 
con una moglie senza pretese e vivacchiava di queste 
gratificazioni vanagloriose, conducendo una vita 
tutt'altro che esclusiva.

Niente impianto megasonoro, niente cavallo e adesso 
niente barca.
O per meglio dire niente che corrispondesse a quel popò 
di veliero che il sig. Scidà aveva fatto credere di aver 
acquistato.
Era invece accaduto, a differenza delle volte precedenti, 
che al sig.Scidà era capitato una volta di inoltrarsi in 
quella zona del porto dove stavano i cantieri di alaggio 
delle barche da pesca e mentre gironzolava da quelle 
parti il suo occhio era caduto su un misero relitto, una 
vecchia costruzione in legno realizzata almeno 
trent'anni prima da dilettanti, armata a vela latina, 
andata in malora già da un decennio, che giaceva 
ammucchiato assieme a un cumulo di legna pronta da far 
ardere.
Al sig Scidà quella volta era venuta un'idea luminosa.
Per aggiornare il suo repertorio di vanterie l'occasione 
di fregiarsi di armatore gli
era passata altre volte per la testa, ma lui era cosi tanto 
bravo a raccontarle le frottole che di solito si era 
inventato tutto di sana piante.
Quella volta però commise lo sbaglio di voler dare un 
minimo di fondamento alla sua nuova vanteria e quindi 
andò ad informarsi se per caso quel rottame era in 
vendita.
Al cantiere scossero la testa e gli dissero subito che quel 
coso era buono ormai soltanto come legna da ardere e 
che mai avrebbe potuto galleggiare nello stato in cui si 
trovava.
Ma il sig. Scidà tirò fuori la sua arte di millantatore e 
spacciandosi per un estimatore, collezionista di antiche 
tecniche di costruzione, insistette per l'acquisto.
I tali a cui si era rivolto lo presero comunque per scemo 
e ad un prezzo totalmente simbolico consentirono che 
vuotasse la pattumiera.
Cosa che Scidà fece, facendo venire un furgoncino con 
gru che gli costo più del bene appena acquistato e lo fece 
trasportare dentro il giardinetto della modestissima sua 
abitazione.
Forte stavolta del conforto morale di questo parziale 
verità  aveva poi tessuto quelle frottole in ufficio, di cui si 
diceva.
La storia continuava così da qualche mese, quando un 
bel giorno fece la sua prima apparizione nella azienda 
privata in cui lavorava, nientepopodimenochè il 
rampollo del titolare, spedito li dal papà dopo il diploma 
per farsi le ossa e prepararsi per continuare in futuro la 
redditizia attività paterna.
Era costui un bel giovanotto, esuberante, disinvolto, 
estroverso, disinibito e per disgrazia del sig.Scidà 
sportivo in tutti gli sport, compresa la vela che aveva
provato durante un suo soggiorno in un villaggio 
turistico qualche tempo prima.
E siccome era anche sciolto di lingua aveva già dai primi 
giorni della sua permanenza in ufficio fatto amicizia con 
gli altri impiegati e parlando parlando venne fuori che 
anche il sig. Scidà era uno sportivo amante della vela, dei 
cavalli eccetera.
Al rampollo non parve vero di avere in ditta qualcuno 
con cui poter parlare di queste cose per cui si fece 
indicare l'ufficio del sig. Scidà che non aveva ancora 
conosciuto e alla prima occasione lo arpionò ben bene.
Quando al sig. Scidà apparve chiara la situazione in cui 
stava per essere cacciato si sentì perduto. Capì subito che 
l'arrivo del rampollo avrebbe costituito per lui la 
decadenza di quell'impero di frottole con cui aveva 
foraggiato per tanto tempo la sua vanità.
E infatti il rampollo non perse tempo a chiedergli di 
poter uscire per fare un bel giretto a vela sul suo 
favoloso cabinato di 10 metri di cui aveva sentito 
favoleggiare.
Al sig. Scidà manc il terreno sotto i piedi, non si poteva 
certo negare al figlio del titolare una cosa simile e con 
quale pretesto poi.
Il primo assalto riuscì comunque a pararlo scusandosi 
perchè la successiva domenica aveva già assunto un 
improrogabile impegno con la famiglia ma che 
comunque più avanti...non mancherà l'occasione, 
certamente..
Quando tornò a casa il sig. Scidà era caduto nella più 
cupa delle disperazioni.
Andò a visitare il suo relitto che giaceva miseramente di 
sbieco ormai circondato da sterpaglie varie e vedendolo 
scacciò subito l'idea che potesse in alcun modo 
contribuire a levarlo dai guai in virtù della sua odierna 
galleggiabilità.
Salvo che...poteva invece servire per prendere tempo.
Si diresse di filato nella zona dei cantieri : la sua idea era 
quella di accampare come pretesto quello di una grave 
avaria che l'aveva costretto ad un improvviso ricovero 
della barca per le cure del caso e che avrebbero richiesto 
certamente tempi lunghissimi. 
Nel cantiere dove l'aveva comprato l'avrebbero 
certamente deriso per cui si rivolse ad altro cantiere 
dove raccontò la vecchia frottola di lui  amante di cose 
antiche che aveva in animo di restaurare una vecchia 
imbarcazione a cui era tanto affezionato.
Il tale con cui parlò non fece una piega e naturalmente 
offrì la sua disponibilità per l'operazione. Naturalmente 
un preventivo spesa lo si poteva fare solo dopo una 
accurata ispezione della barca.
Sollevato il sig. Scidà, ricontattò il trasportatore con 
camion e gru e riportò il rudere a poche decine di metri 
da dove l'aveva prelevato alcuni mesi prima.
Il titolare del cantiere alla vista del relitto, che 
certamente conosceva già ,non spostò un muscolo del 
volto e con fare molto professionale non si pronunciò in 
alcun modo circa l'assurdità dell'operazione. Promise di 
li a qualche giorno di 
redigere un progetto di intervento con relativo 
preventivo spesa.
Il sig Scidà se ne tornò a casa un pò fiducioso che la 
scappatoia che aveva escogitato potesse toglierlo dai 
guai, anche se la faccenda in cui si stava imbarcando 
cominciava a assumere i contorni di una catastrofe 
economica.
Ma certamente salvava la sua reputazione e forse lo 
stesso posto di lavoro. 
Rimaneva il problema dei restanti tre metri della 
differenza tra il millantato veliero di 10 metri e il misero 
trabiccolo che non arrivava neppure a sette. Ma
a questo si poteva provvedere dicendo che i colleghi 
avevano capito male.
Appena in ufficio raccontò al suo futuro principale di 
quella improvvisa via d'acqua che si era aperta 
costringendolo ad un affannoso ricovero in cantiere.
La notizia oltre che essere vissuta con costernazione da 
tutti i colleghi, aumentò
enormemente la curiosit. degli astanti che, forti della 
presenza imperatrice del loro giovane quasi padrone, si 
misero tutti in lista di attesa per fare una doverosa visita 
collegiale alla malcapitata imbarcazione. Tutti 
fremevano nel volerla vedere...il sig. Scid. fremeva per 
altre ragioni, ma dovette piegarsi alla insistenza 
del principale e si fissò la domenica successiva alla 
prossima per la visita.
Mancavano 10 giorni...
Dopo due giorni il nostro millantatore si recò al cantiere 
e il titolare del medesimo senza fare una piega gli mise 
sotto il naso un puntigliosissimo foglio di carta intestata 
in cui erano elencati trecento voci corrispondenti ai 
trecento pezzi di cui era fatta la barca e che erano da 
rifare nuovi.
Al sig. Scidà non mancavano le arti per simulare, lui 
amatore di imbarcazioni d'epoca, le cognizioni tecniche 
per sapere cos'era il trincarino, il bottazzo, la trave, le 
serrette e via discutendo, ma mancarono invece le gambe 
quando arrivo alla lapidaria cifra che sintetizzava il 
coronamento dell'impresa. Diciottomilioni.
Si mostrò soltanto un poco contrariato sulla cifra e il 
titolare gli venne incontro dicendogli che comunque era 
la cifra bastante per un lavoro che avrebbe potuto 
cominciare di li a quattro mesi e che avrebbe richiesto 
non meno di un anno.
"Non è possibile bisogna metterci su mano adesso"- 
replica il nostro ormai sconvolto sig. Scidà.
"Allora si deve aggiungere un 30% in più".
Stecchito, Scidà da il suo assenso e il suo primo assegno. 
"Purchè si cominci domani" - disse simulando un'aria da 
gran signore esigente.
"Sa, devono venire dei miei amici e non voglio che la 
vedano così mal ridotta".
"Sarà fatto" - rispose al gran signore il gran furbastro 
che aveva capito tutto.
Il giorno dopo Scidà torna al cantiere ; adesso c'è solo lo 
scheletro, le tavole che costituivano il fasciame marcio 
tolte, le costole rivelavano anni di incuria e apparivano 
rinsecchite e fragili. Anche il ponte era scomparso con 
l'albero e l'attrezzatura tutta. Solo una striminzita ma 
ancora in buono stato ruota di timone se ne stava 
sconsolatamente in piedi attaccata ad un ammasso di 
ferraglia arrugginita ad indicare una parvenza di barca.
"Come procede ?"
"Bene qualcosa forse riusciremo a recuperarla" - fa il 
carpentiere che ci stava lavorando indicando la ruota.
Il sig. Scidà ripensò per un istante alla rinuncia che 
aveva mentalmente fatto di dare una sistematina alla 
casa nonchè al mutuo che aveva contratto e si chiese se 
veramente ne valeva la pena..."Ma certamente, quando 
si tratta di salvare la faccia bisogna non badare alle 
spese !"  - si rispose.
Inoltre in futuro non avrebbe più dovuto mentire, perchè 
dopo sarebbe stato veramente un armatore.
Ogni giorno il sig. Scidà faceva una visita al cantiere e 
fece una discreta amicizia
con i carpentieri i quali, facendo finta di parlare ad uno 
che se ne intendeva, ogni tanto gli chiedevano un parere o 
gli sottoponevano una opzione. Questo continuo
essere al centro di certe questioni che riguardavano le 
barche convinse il nostro
sulla opportunità di saperne di più. Sempre per salvare 
la faccia s'intende, il nostro si convinse a comprare un 
libro che trattava simili argomenti, di linee d'acqua, di 
portanza, di dislocamento, di manovre, tutte cose che 
Scidà cominciò a
trovare interessanti e sulla quali prendeva sempre più gusto. 
Più l'apprendistato che riusciva a ricavare dalla 
conversazioni coi carpentieri, si accorgeva giorno dopo 
giorno di stare accumulando una discreta competenza di 
cui cominciava ad andare orgoglioso, per la prima volta 
nella sua vita, senza doverla millantare.
Dopo un paio di settimane di rinvii, a causa di un 
provvidenziale periodo di maltempo, della visita dei suoi 
colleghi, venne il giorno in cui non si potette più 
rimandare, e infatti l'intera delegazione della azienda si 
presentò al cantiere per ammirare finalmente il bene del 
collega. 
Che si fece trovare in divisa di operaio a lavorare 
alacremente alla
stuccatura del fasciame odoroso e saldamente fissato alle 
nuove ordinate.
I complimenti fioccarono da tutti i lati, nessuno fece caso 
al fatto che la barca era più piccola degli inventati dieci 
metri ; il sig. Scidà in un ultimo guizzo di millanteria 
comunicò che una volta in cantiere aveva deciso di fare 
degli interventi più radicali del previsto e che c'era 
voluto molto coraggio ad avventurarsi in quell'impresa 
di tale mole, ma che a lui, come era noto, il coraggio non 
era mai mancato, per cui...
Insomma un trionfo, mai più nessuno avrebbe più avuto 
un seppur minimo sospetto che il sig.Scidà forse 
esagerava nel raccontare le sue esclusività.
Carriera di millantatore salvata ?
Macchè, al sig.Scidà era accaduto ben altro : si era 
veramente infettato di quel virus che ben sappiamo e 
adesso, dopo cinque anni naviga, assieme alla sua 
rifiorita signora, sul suo sempre fiammante legno e viene 
additato reverenzialmente come uno che ha saputo 
caparbiamente riportare agli antichi splendori una 
abbandonata gloriosa imbarcazione. 
E lo fa con competenza e con cognizione.
Lui se ne vanta un pò
Ma stavolta non è vanagloria.

Fabula docet : può accadere che mentre uno cerca 
soltanto di salvare la faccia,
si salva invece l'anima.

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