LA RIVINCITA
Aveva veleggiato felice, quella domenica, con la sua nuova
fidanzata.
Era la prima volta che la portava in barca e per lei era la prima
esperienza velica.
Si erano conosciuti appena una settimana prima e quindi lui si
trovava in quella fase
del corteggiamento in cui un maschietto ce la mette tutta a
esibire le sue qualità virili.
E tra queste certamente la più prestigiosa era mostrare le sue
bravure veliche.
Le aveva parlato con enfasi delle prerogative che ogni comandante
aveva a bordo della sua unità, delle decisioni inappellabili ,della
pericolosità della democrazia a bordo, dove soltanto uno doveva
essere a decidere e il pezzo forte fu quando annunciò ammiccando
che lui poteva anche celebrare matrimoni a bordo della sua
barca.
Talmente riconosciuta era la sua autorità anche da parte delle
autorità terrestri.
La fanciulla lo guardava ammirata e trepidante.
Lui gongolava felice per la riuscita della conquista, mentre la
barchetta scivolava elegantemente verso il porto d'arrivo.
Il programma prevedeva una sosta per il pranzo a bordo e poi,
prima di sera, rientro al porto di partenza. Cinque miglia più a
sud.
Ma l'attracco nel porticciolo, destinato ad ospitarli per la
sosta, si annunciò già come un piccolo neo nella, fino a quel
momento, riuscitissima giornata.
Non c'era un posto libero lungo il moletto ; fece tre volte su e
giù, poi finalmente un motoscafo accese i motori e di li a poco
liberò un poco di spazio.
Ormeggio perfetto. Alla fanciulla ormai promossa a mozzo assegnò
l'incarico di mettere i parabordi previa breve lezione sul nodo
giusto da fare.
Poi dentro, cominciò a farsi da fare con i fornelli, pregustando
un romantico e gustosissimo pranzetto.
Spaghetti al sugo di vongole.
L'acqua bolliva già e il nostro aveva appena messo giù gli
spaghetti quando all'improvviso uno stridìo di gomme sopra la
loro testa e poi una voce urla: "Senta... !"
Si affacciò dal tambuccio.
Un marinaio di leva della capitaneria , su una motoretta, senza
berretto, capelli arruffati, concitatissimo, gli intima :"Lei
qui non ci può stare, deve andare via..."
Inutili le richieste di spiegazioni ; il povero marinaio sembrava
terrorizzato, eseguiva un ordine perentorio del Comandante del
porto, cosi diceva, ma parlava come se dall'esito di quella
missione affidatagli dipendesse la sua stessa incolumità.
"Ma perché proprio io.. ?". Il nostro romanticone non
riusciva a dissimulare la sua stizza.
C'erano decine di imbarcazioni ormeggiate sulla banchina.
"Deve andarsene ! Altrimenti sono costretto a fare venire la
motovedetta che le
farà il verbale". Anche la minaccia...
Giornata rovinata, anche gli spaghetti e che figura con la
donzella.
"Adesso penserà che le storie delle prerogative del
comandante sono tutte frottole.
Altro che sulla sua unità comanda solo lui..."
Molla il doppino a terra, si sposta a prua per tirarsi sull'ancora
e improvvisamente
realizza.
All'imboccatura del porticciuolo fa la sua apparizione il coso.
Tre piani. Ai comandi sull'alto Flying Bridge un giovanottone,
abbronzato, maglietta abbagliante firmata, cappello con visiera
Ammiraglio di Squadra navale, intarsi in oro puro.
Nababbo o figlio di sceicco bianco.
Almeno tre miliardi di rombante coso che si piazza proprio sopra
la sua ancora, incurante del fatto che lui deve poterla prima
salpare per lasciare il suo sudatissimo posto al super
raccomandato, che era il responsabile dell'iniquo sloggiamento
che stava subendo.
Furibondo, alando sulla catena, arriva fin sotto la murata del
bestione ; da sopra varie ochette semi nude lo guardano con
sufficienza. Un marinaio servo nero ma biancovestito, cala un
enorme parabordo per proteggere il nobile bene da quella stupida
barchetta che ancora intralcia la manovra di attracco di quel po
po di capitale.
Senza aspettare il Megacomandante smanetta, ruota il mastodonte,
adesso dalla poppa un ruggito vomita esalazioni mefitiche a un
metro dal naso ansimante dello sfrattato.
Ancora prima che l'ancora fosse tutta a bordo sei divise militari
gallonate, spuntate di botto sulla banchina, si mettono al
servizio di Sua Maestà, raccogliendo le cime linde che volano
dal bestione, il quale nel frattempo ha già messo una ancora
immacolata in acqua ed entra di prua con prepotenza facendosi
largo a forza di motore, con sfregio delle cime delle barche
adiacenti e riesce a trasformare l'angusto spazio prima occupato
strettamente da un barchino largo due metri in una voragine larga
sei metri.
Il nostro è adesso imbestialito.
Perché proprio il suo posto? La risposta gli appare subito
evidente appena è al centro del porto e può guardare l'intero
panorama: la sua è la sola barca a vela. Cane non mangia cane.
Le altre barche motorizzate appartengono allo stesso
censo. Non si sa mai, meglio fare sloggiare il pezzente con
barchino di sette metri
che non si può permettere se non un motoruncolo di sei cavalli.
L'immaginava nei dettagli la scena. Il plutocrate che a 15 minuti
dal porto annuncia via radiotelefono alla capitaneria il suo
capriccio di volersi fermare per una breve sosta, declinando
certamente il suo albo genealogico, dopodicchè il comandante del
porto spedisce in avanscoperta il terrorizzato marinaio con l'ordine
di trovare immantinente un posto per l'arrivo del magnate e si
affretta pure a preparare l'accoglienza con picchetto d'onore.
Manco fosse il Capo dello Stato.
Disgustoso.
Ma anche gli spaghetti immangiabili.
Giornata rovinata. L'umore non si presta più a svenevolezze
amorose.
Si ficca in mezzo alla zona dei pescherecci.
Trova un posticino affiancandosi ad un lurido e puzzoso barcone
da pesca.
L'olezzo è insopportabile, spaghetti a mare. Crakers e olive.
Pazienza.
Si torna a casa.
"Speriamo di fare almeno una bella veleggiata".
Vento sui 10 nodi. Di prua. Bordeggio lungo, verso il largo.
Dopo un'ora sfreccia un gommone almeno sette metri. Nuovo
fiammante. A bordo
il plutocrate con il suo harem, passa a 10 metri ,la sua scia è
una voragine in cui
a barchetta a vela casca miserevolmente.
Le budella sono corde di violino.
Si ferma mezzo miglio più in la.
Dritto davanti alla rotta della vela.
Dalla suite nautica ora si odono gli schiamazzi delle giulive
gheisce che starnazzano giulive mentre si tuffano e risalgono in
continuazione.
"Ci passerò in mezzo se non salgono" -si dice il
derubato, alla ricerca di una inconscia vendetta.
La navigazione di bolina ha le sue regole, perbacco, e la barca
richiede assolutamente di andare sopra le loro teste.
Qualche centinaio di metri prima, si sentono improvvisamente urla
concitate.
Dev'essere successo qualcosa: il dongiovanni aiutato dalle
completamente nude
concubine fatica a salire la scaletta del gommone.
Due pornodive si sbracciano, :"Aiuto...Aiuto !"
Si accosta, cappa perfetta sopravvento.
Il belloccio nel risalire in barca si era presa una cocuzzata in
testa dal piede del suo motore fuoribordo che gli aveva aperto
una nuova porta sul cranio.
Era tutto insanguinato.
Mezzo intontito, le fanciulle terrorizzate.(Qualcuna si copre,
per modo di dire, però perché il bikini più coprente
assomiglia ad un fazzolettino da tasca.)
Paperone chiede farfugliando se si può trainare il gommone.
Lui non se la sente di condurlo, trema tutto poverino : non aveva
mai visto il suo sangue e, figuriamoci ,neanche quello degli
altri lui ha mai visto.
"Niente da fare" - dice il Comandante dell'unità
soccorrente.
"Il gommone rimane alla deriva, con l'harem completo :le sei
pornogirls rimangano in attesa di soccorsi che verranno spediti
sollecitamente non appena il vile barchino sarà arrivato al
porto con il ferito, il quale, lavato con popolana acqua
ossigenata rivelava avere poco più di un graffio e quindi verrà
traslocato lemme lemme a propulsione velica al pronto soccorso.
Bolinando, con calma, senza motore, "Forse lei non sa, ma si
fa prima..."
Radiotelefono? No mi dispiace niente preavviso telefonico all'ospedale
,per convocare massimi specialisti in chirurgia plastica.
Durante l'ora successiva punzecchiamento ironico, ma con dolcezza,
dissertando sulla solidarietà degli uomini di mare. Parlando di
etichetta marinara,
del mare che rende gli uomini tutti simili, umili di fronte alla
sua grandiosità. Citando Conrad, Moitessier, la parabola del
buon samaritano, S.Michele e il mantello diviso col povero,ecc.
Lui si lamenta : è proprio un bamboccio. Probabilmente non l'ha
riconosciuto,
ma che importa, forse non l'aveva neppure "visto" prima.
Il salvatore è adesso ripagato dal furto del posto che aveva
subito, ma soprattutto ha ripristinato le prerogative del comando
della propria unità.
E con esse, completata l'operazione di conquista della sua nuova
fidanzata.
Quando lo scaricò su un taxi, non lo ringrazio neppure.
Lo Stato maggiore della Marina si precipitò nottetempo a salvare
le fanciulle alla deriva. Si affrettò pure a fare pervenire con
urgenza una patente nautica allo
zuccone ricucito, perché nel frattempo un incauto maresciallo
della Capitaneria aveva sciaguratamente evidenziato che lo
skipper del mastodonte ne era sfornito.