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CAPITOLO SETTIMO
"E adesso mi scambi questo milione!"
Ci fù un boato di risate, gli ospiti si scompisciavano dal ridere, chi mi dava
pacche sulle spalle,
chi rifaceva con le lacrime agli occhi lo stesso teatrale gesto di sbattere
il gavitello ripetendo la battuta...
Il cassiere papillonato era paonazzo, ma dovette arrendersi di fronte al furore
popolare.
Mi sfamarono gratis. Mi ingozzai per benino di ogni ben di dio e a qualcuno
raccontai anche un pò delle mie disavventure, mentre in tanti facevano a gara
nell'offrirmi libagioni di tutti i tipi.
Quando me ne tornai ancora a nuoto in barca ero infreddolito ma soddisfatto
: mi ero presa una bella rivincita nei confronti di tutte le angherie subite
nel corso dell'intero viaggio.
Che si concluse l'indomani.
A Brucoli quando ti svegli ed esci dalla barca ci sono gli uccellini ad accoglierti
con i loro cinguettii ;in primavera sulle pareti dell'alto canale spuntano i
fiori del cappero, e le scale, scavate nella roccia e le grotte col nero sulle
volte, dove un tempo si scioglieva la pece per il calafataggio delle barche,
danno a quel luogo un'aura di arcano; da piccolo mio padre mi portava talvolta
a fare il bagno sulla spiaggetta all'imbocco: allora mi sembrava enorme, ma
è davvero minuscola. Sopra il paese si sveglia ,ma c'è un ritmo antico nei movimenti
della gente, le vecchiette curano i fiori sui davanzali delle finestre e scopano
il marciapiedi davanti alle loro linde casette, con gli stessi lenti gesti che
,più tardi nei miei viaggi, avrei visto fare alla loro consorelle greche.
Non c'è un altro posto nei dintorni di Catania che ti concilia con la vita e
ti fa sentire il mormorio del tempo, come quello.
Ed io quel giorno, per la prima volta assaporavo queste sensazioni, dal pozzetto
della mia prima barca. Col cuore stracolmo di felicità: Ce l'avevo fatta. Un
misto di orgoglio, ma anche di gratitudine, e poi di commozione accompagnarono
la mia preghiera ai miei dei pagani.
Comprai qualcosa in paese, stavolta più per scaramanzia che per reale previsione
di fabbisogno alimentare e poi andai incontro al più splendente, più radioso,
più terso, più luminoso mattino che avessi veduto da quattro mesi .
Era veramente miracoloso. Se avessi dovuto descrivere il meglio delle più accoglienti
giornate fantasticate per il mio trionfale ingresso nelle rada di Catania, non
avrei neppure avvicinato le condizioni ideali che stavo vivendo.
Non era solo una questione climatica era nel mio interno che accadeva qualcosa.
Come se avessi portato a temine un rito antico.
Accanto a me, mentre mettevo le vele, c'erano tutti quegli uomini di cui avevo
letto tanto, tutti gli Ulisse della storia, quella umile dei pescatori che tornano
dalle loro fatiche, quelle illustre degli esploratori di terre lontane; c'erano
con me tutti i rientri nei porti d'origine, quelli con le vittorie, con le sconfitte,
con gli onori, con le disgrazie, quelli solenni, quelli ignorati, quelli definitivi,
quelli provvisori...
C'erano con me tutti gli sguardi che fissarono il lento avvicinarsi delle coste
familiari, tesi nella ricerca anticipata di volti cari, di paesaggi noti, di
sentimenti da rinnovare.
Avvertivo come se adesso facessi parte di quella comunità che trova in questo
unico punto il suo sentimento unificatore. Si va per mare per ragioni diverse,
ma si rientra dal mare con lo stesso sentire; forse per questo anche adesso
il rientro nei porti anche non tuoi è la parte più sentita della navigazione.
Retaggio di una emozione millenaria.
Mi crogiolavo al sole e a queste fantasticherie, mentre la barca scivolava,
complice e adesso del tutto amica, verso la meta.
Quando, ormai giunto, potei distinguere gli alti edifici del mio porto, il groppo
alla gola che ormai si era decisamente stabilizzato e che premeva per uscire,
inconfessato testimone delle paure rimosse, esplose in un rigoroso, pertinente,
singhiozzo liberatorio.
Molti anni dopo una poesia, allora quasi sconosciuta ,adesso riscoperta, avrebbe
detto con parole più eloquenti quello che fu per me quel viaggio.
Ne riporto i versi finali:
" Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna quell'approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all'isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t'ha donato il bel viaggio,
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha da darti più.
E se la trovi povera, Itaca non t'ha illuso,
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un'Itaca."
(Costantino Kavafis)
Sono passati 25 anni e se non avessi avuto sempre una Itaca
in testa non sarei stato qui a raccontarvi come l'ho scoperta.