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LA MIA ONIRICA BARCOLANA DEL 2001


"Ci siete tutti?" - chiese col piglio alla Nelson , il Comandante ,squadrando dall’alto del suo cappello col pennacchio la ciurma il bella linea schierata sul ponte.
"Signorsi, signore!" - urlò il primo ufficiale.
"Bene! Mollate gli ormeggi. Oggi sarà il nostro giorno!" - disse ancora col piglio profetico il Supremo.
"Motore avanti mezza"- L’ordine arrivo alla sala macchine e il capo macchinista innestò la marcia. Il brusio del motore coprì appena il mormorio di preghiere che venne dall’alloggio dell’equipaggio.
Si. C’erano tutti! Gente venuta dai tre lati dello stivale per difendere le insegne dell’Ammiraglia contro la flotta nemica forte di duemila unità,già schierata sul fronte di battaglia.
Fuori era un brulicare di navigli, fregate,galeoni, clipper, brigantini,golette,
alcuni con tutta tela a riva, altri guardinghi aspettavano l’inizio delle ostilità,prendendo posizione sopravvento .
Carlo 1° , fissò con aria assorta lo schieramento, studiò con la flemma che gli era solita le condizioni del campo, poi il suo sguardo carismatico si posò sulle teste del suo equipaggio che attendeva in religioso silenzio i suoi
primi ordini e finalmente parlò: "Un pochino di fiocco, s’il vous plait!"
"Un Signore, un vero Signore" fù il corale pensiero che si affacciò alla mente dei suoi fedelissimi mentre con il grande argano si accingevano a srotolare il mezzo metro quadrato di fiocco.
L’Ammiraglia prese il passo, poderosamente spinta dal suo nuovo motore
velico. Quasi tre nodi.
"Motore al minimo, occhio alla penna, dritti al centro dello schieramento,
avvertitemi se ci sono tentativi di arrembaggio. Io rientro nei miei alloggi per studiare un piano di attacco" - Laconiche,essenziali parole che infusero
tra i suoi prodi quel sovrappiù di certezza sull’esito dello scontro titanico che stavano per affrontare.
Una prima bordata cannoneggiò a dritta.
Uno schianto di alberume si profilò al centro dello schieramento.
Urla di dolore e strepitìo di voci insanguinarono a sinistra.
"Supremo! Si comincia." - urlò il nostrouomo, affacciandosi all’osteriggio che dava sulla sala di comando dove Carlo 1° rovistava tra carte nautiche
e compassi.
"La sciabola...dov’è la mia sciabola..?" -la sua voce tonante sovrastò il
boato che fece la prima palla di cannone colpendo la fiancata della Ammiraglia.
Uscì dall’alloggio. La sua figura si eresse maestosa oscurando con la sua imponenza il fuoco che già divampava a bordo.
"Cani lebbrosi, ve lo faccio vedere io,ve lo faccio..." - il ghigno spaventoso sul suo volto lasciò presaggire feroci rappresaglie verso gli ingenui aggressori che incautamente gli sbarravano la strada della vittoria.
"Miei prodi, all’arrembaggio, mostriamo a questi vili masnadieri la coraggiosa nostra prodezza e laviamo l’onta della loro misera esistenza
codardica che è oltraggio al nostro cospetto."
Ciò detto, fu il primo a lanciarsi con la liana sopravvento sulla tolda del
brigantino che tentava uno speronamento poppiero.
Gli altri lo seguirono e come branco di lupi affamati si catapultarono sul
malcapitato veliero ingaggiando furibondi assalti all’arma bianca.
Una carneficina...il sangue scorreva a fiumi, le urla gorgogliavano dalle gole sgozzate, i colli scricchiolavano da ferrei dita strozzati, i corpi straorzavano
vacillando, rovesciati da quella valanga di uomini feri,votati alla morte mentre compatti lottavano al fianco e per la gloria del loro supremo Comandante.
"Va bene, basta così!" - ordinò l’Ineffabile.
Tornarono sulla loro Ammiraglia che frattanto si era abbrustolita ben bene e ancora non satolli di sangue fissarono bramosi le altre 1999 prede da conquistare. La fame di gloria era tangibile sui loro volti...
"Pausa pranzo!" - proclamò il Sublime.
Biscottini siciliani alla crema di pistacchio.
Cornetti al ripieno di pestato di mandorle.
"Fine pausa pranzo" - sentenziò l’Eccelso accapparrandosi l’ultimo babà alla crema limone. "Si torna a combattere...". Erano passati soltanto cinque
minuti e gli uomini obbedienti tornarono alle loro postazioni,adesso addolciti e farciti di zuccheroso ardore.
Frattanto la lunga scia di velieri spalmati sull’oceano carsico era diventata una muraglia compatta che marciava baldanzosa al suono di tamburi e fanfare.
"Fanfaroni!" decretò l’Augusto.
Poi con compassato piglio,pigliò un compasso e misurando nell’aria l’angolo di intercettazione con la portaerei che faceva da battistrada all’orda nemica , calcolando mentalmente lo scarroccio,la deriva e il coseno della somma delle reciproche velocità relative, puntò il braccio possente verso la vittima successiva.
"Par là" - emise nell’armonioso suo idioma, l’eroico Cesare.
Lo scontro fù pauroso. La lama tagliente del bompresso entro per tutta la sua lunghezza dentro la carena della portaerei,squarciando le lamiere come
fossero burro, gli aculei rostrati delle crocette affettarono come un salame le
strutture fino al quinto ponte; l’Ammiraglia usci dall’altro lato lasciando al suo varco una voragine di ferraglia contorta entro cui cadevano a grappoli
le maestranze del sesto ponte superiore.
"Bene! Anche questa è fatta! Danni? - chiese con pacatezza sua Altezza.
"La trozza! S’è strozzata la trozza"- annunciò il cadetto addetto alle trozzerie.
"Stronza!!" fece il Padreterno soprapensiero, e poi aggiunse:
"A che serve ‘sta stronza, cadendo ha dimostrato la sua caducità;Ma è sulla carne degli eroi che si poggia la nostra gloria non su inconsistenti ammennicoli; quindi smontiamo anche l’albero, navigheremo a mano.
I prodi udirono in quelle epiche parole la voce del destino che li chiamava
nel limbo degli dei e come presi da un vortice di sovrana volontà, ubbidirono.
L’albero fù lestamente portato in cantina.
La voce imperiosa prosegui.
"Tu all’impiedi reggi il punto di mura; voi due a poppa: uno lasca e l’altro cazza,farete da scotta umana, a me il compito di issare la gloriosa insegna.
Dopodicchè si tolse il cappello col pennacchio e volteggiando etereo come un aquilone volò in alto issando la penna della vela e appendendola sul nulla della sua onniscienza divina.
Atterrò dipoi...sublime creatura...leggero e soddisfatto rimirò l’impresa sua
fatata e riprendendo il piglio della sua proverbiale precisione nella regolazione minuta della velatura, emise un soave:
" Cadetto Vang, mi regoli un peletto la ralinga, s’il vous plait!"
Il veliero scivolò leggero verso lo sconfinato olimpo della sua vittoria.
All’orizzonte i resti dell’armata scomparvero silenziosamente,
inghiottiti nel laidume tristanzuolo delle fatue speranze terricole.

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Quando mi risvegliai in un oceano di sudore era ormai troppo tardi per tornare indietro, quindi decisi di scapolare ancora
per un lungo momento Capo Veritas, e induggiare nel sogno al largo del
Mar Oniricus.
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