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ROCCO ATTERRA A CATANIA
Vedo uno che si affanna
a salpare un’ancora pesante ,si trova lungo il lato interno del molo del porto
in una zona deserta. A terra non c’è niente su cui legarsi, per questo sta
tentando di cambiare posto. Ma l’ancora è incattivata su qualcosa al fondo
e lui non riesce a tirarla sù. Ha un Bombard rosso, anche la sua barca è rossa.
E’ un francese, si riconosce da una logora bandiera a poppa. Gli grido di
avvicinarsi col tender. All’inizio mi guarda indeciso poi lentamente scende
sul tender e si avvicina al molo. Ha un ciuffo di capelli bianchi e lunghi
legato sulla nuca. Gli parlo nella sua lingua, è un poco stupito del mio interessamento,
mi dice che deve stare qualche tempo a Catania e sta cercando un posto
dove mettersi. Nel mio circolo ci sono posti lasciati liberi da barche che
sono in cantiere. Gli dico che se vuole può occupare uno di quei posti come
ospite del circolo. Vorrebbe accettare, ma è un poco preoccupato, si gratta
la testa : "Non devi pagare nulla, e c’è anchel’acqua"Ci mette una buona mezz’ora
a tirare l’ancora aiutandosi con un fuoribordo da 6 Hp. Mentre smanetta guardo
la sua barca. Sette metri, bassa sull’acqua. Due pannelli solari, fissati
sul pulpito di poppa, ingombranti, sembrano messi li da uno che non si
è posto il problema di dover scendere spesso da poppa. Lo aiuto ad ormeggiarsi
sui corpi morti del circolo, con la poppa rivolta al molo. Poi scende con
difficoltà. Mi presento ,si presenta "Paolo"!Ha due occhi azzurrissimi ,gli
do sessant’anni, rughe profonde su un volto luminoso e attento. "Da dove vieni,
dove vai?"- domande di rito, ma ingombranti stavolta. E’ riluttante, come
se si sentisse a disagio a rispondere in modo conciso su una materia intima.
"Vengo dalla Tunisia, poi non so dove andrò forse ancora in Grecia..."Mi guarda
con l’aria di uno che vuole valutare se sei attento a certe cose. Gli devo
aver fatto buona impressione. Perchè dopo un poco mi dice,(saprò dopo che
certe cose non li racconta a tutti) ." Sono su questa barca da ventitrè
anni"Periplo dell’Africa, poi l’Indiano, cinque anni in India....solo. Ha
dei figli, una dovrà raggiungerlo per vederlo dopo anni a Catania. "Mi
sono fermato qui perchè c’è l’aeroporto vicino al porto". La sera era mio
ospite a cena al circolo.Anche la Domenica successiva e in altri giorni.Una
miniera, di saggezza, di spessore umano, di esperienza marinara, di umiltà,
di disponibilità verso il prossimo....." Mio nonno era Catanese, mia
nonna calabrese, mio fratello mi ha chiesto di cercare il loro certificato
di matrimonio, si sono sposati in questa città..Mio nonno si chiamava Rocco,
vorrei essere chiamato Rocco da te, "S’il te plait."E’ qui da una settimana
e mi pare di conoscerlo da una vita.Il mare regala certi incontri."Non è un
caso" - mi diceva l’altra sera -"il caso non esiste". Ha assunto quella visione
trascendentale degli indiani, mi parla della reincarnazione, della ricerca
del karma, " Non è il caso che ci fa incontrare..." Mi ricorda Moitessier,
anche fisicamente, glielo dico, si illumina tutto."Tamata" è il nome del circolo."Essayer"...Ci
stiamo dicendo tante cose, usa le stesse parole che uso anch’io per dire le
cose che penso, che pensa, sulla vita, sulla solitudine, su ciò che chiamiamo
il destino..."Non ci si incontra per caso". Perchè ero sul molo quel giorno,
non avrei dovuto esserci a pensarci bene... La sua tana.Ha dell’incredibile!Ne
ho viste di barche minuscole, dove giramondo passano anni , in condizioni
che farebbero inorridire i terricoli avvezzi agli esavani- attico-doppi servizi
ma questa fa drizzare i capelli anche ai masochisti incalliti stile meno
confort più marinità.Dunque : dire che non c’è altezza in cabina è un eufemismo
irriverente, si dovrebbe piuttosto dire che non c’è lo spazio dove mettere
contemporaneamente due piedi. Quando siamo entrati entrambi il suo gomito
doveva poggiare sulla mia coscia e dovevo tenere a freno la mia mediterranea
esuberanza gesticolatoria per evitargli inopportune intrusioni delle mie dita
sui suoi occhi. Il bello è che dopo due ore di profonde discussioni filosofiche
mi dice "Facciamoci gli spaghetti..."Proprio così! Imbullonato in un angolo
spunta fuori un cucinino due fuochi con tanto di pentolino e spezie e tonno
e Barilla. "C’è tutto quello che serve veramente per vivere", tutto allungando
un braccio, alla lettera. Il Gps, attaccato sotto la scaletta, matita, forbici,
coltello, occhiali,:" La loupe! Ca c’est très importante" E’ una grossa lente
di ingrandimento con luceincorporata come conviene per gli occhi di un quasi
settantenne "C’est presquesoisante sept". Gli occhi gli ridono sempre, l’acqua
bolle dentro il pentolino.Non c’è tavolo di carteggio. Firurarsi. Esito un
poco poi gli chiedo come fa con le carte nautiche; da sotto il cuscino
che gli fa da cuccia tira fuori una tavoletta di compensato 50X50.Si deve
inginocchiare per non averla di traverso. "Pas des problemes...!"Mette
gli spaghetti dentro il pentolino. Deve tenerli un poco di tempo in pugno
prima che si affloscino dentro. Io devo stare attento con la nuca per
non sbattere contro i CD che mi stanno dietro. Pavarotti, Pavarotti,
Pavarotti."Ti piace la lirica?""Si! Ma è per imparare l’italiano!"Mi mostra
un quadernetto, fitto di scrittura, si intuisce un accurato risparmio di spazi
vuoti.:c’è la traduzione in francese del libretto della Tosca ."C’est
difficile pour moi, l’italien"Incredibile, ascoltando il testo cantato, in
quell’incomprensibile idioma ottocentesco con un dizionarietto da bancarella,
si è scritto tutto il libretto e l’ha tradotto in francese."C’est un bon exercise"
- C’è anche "Caruso" la canzone di Dalla. "J’aime beaucoup ca"."Sento che
questa musicalità mi chiama, come se fosse la mia lingua ancestrale. Ovunque
sono andato mi sono sentito un estraneo, anche in Francia. Qui no, è
la terra di mio nonno. Ici peut-etre j’ai trouvè le but de mon parcours. Come
pronuncia bene la parola "nonno" e con quale fierezza. Ha spento il fuoco
sotto gli spaghetti, fa uscire da sotto il coperchio l’acqua, glispaghetti
rimangono nel pentolinoAdesso un tegamino con un concentrato di tomate e tonno
è sul fuoco. Tremo pensando ai poveri spaghetti, ma che c’entra, mi dico,
non è questo che conta! "Durante le lunghe navigazioni le proteine te li da
il mare Les poissons"Alla fine del mio percorso gliele devo restituire. C’est
une question d’honnetè!"Un brivido mi corre dentro : l’ho sempre pensato anch’io,
con le stesse parole. Darsi come pasto ai pesci che ti hanno fatto da pasto.
Adesso tira fuori dal pentolino gli spaghetti con una forchetta. Fanno pena.
Li mettea grumi in due piatti e poi ci versa su il sugo al tonno. E’ un poco
dispiaciuto. "D’abitude ca vient mieux; mais quand je bavarde avec toi, le
temp coule differement".Mangiamo fuori nel pozzetto.Il sugo è veramente buono.
Basta solo non pretendere che si sposi il gomitolo scotto. Dopo mi fa vedere
la posizione che assume durante i lunghi percorsi. Si sdraia sulla panchetta
di dritta. Impugna la barra con la sinistra, mette la destra sulla fettuccia
che fa da draglia. "Regarde! "La fettuccia larga tre dita nel punto in
cui la impugna è consunta, accartocciata, sembra un cavo. "C’est ma position
preferèe, avec le bras droit je peut mieux m’attacher a mon bateau"Poi mi
racconta dell’Indiano e delle onde di 15 metri. "Toujours la meme position,pendant
plusiers jours". Ma lo dice per vantare le virtù della barca e non per
fare l’eroe. Lo conosco da 15 giorni e le cose di cui abbiamo parlato rivelano
una persona che ha letto molto, ha riflettuto tantissimo, accatastato
una mole impressionante di competenze anche raffinate, sulla letteratura,
la musica, l’arte, la filosofia per cui la botta finale mi arriva verso mezzanotte,
perchè prima di andare via mi sento dire: "Je ne savais ni ècrire, ni
lire jusque à quand j’ai du faire mon service militaire". "Quando imbarcato
sulle navi mi promossero di grado dovevo fare i rapporti in servizio e quindi
ho dovuto apprendere da solo ,di nascosto,...e i libri su cui studiavo
erano i rapporti scritti che facevano gli altri...."Sono senza parole.
Lo saluto e mi escono queste: " Repose-toi bien, mon vieux,maintenant tu est
chez toi!" Gli ho cucinato la caponata alla siciliana. Mentre se la stava
gustando goduriosamente, sparo: "E’ un peccato che le cose che mi hai raccontato su
di te, tu non voglia di farle sapere ad altri. Mi piacerebbe che anche altri
soci del mio circolo ti potessero ascoltare". Sapevo della sua discrezione,
del suo pudore, ma volevo lo stesso convincerlo. Mi risponde: "La sola cosa
che mi interesserebbe raccontare è la solidarietà tra marinai che ho incontrato
in giro per il mondo in tutti questi anni. "Fatta ! Gli organizzo un
incontro al Circolo. Non più di una quarantina di persone. Sono tutti attenti
e un poco intimiditi dalla presenza di un personaggio di cui mi avevano gia
sentito parlare in certi termini; anche Rocco è un po' emozionato all’inizio.
Lo presento, racconto di come l’ho incontrato, parlerà in francese, alcuni
locapiranno da soli, per gli altri traduco. (Per voi adesso riporto il
suo racconto: riferisco i fatti, ma difficilmente potrò dare un’idea del tono, del
ritmo, dell’asciuttezza nel raccontare gli eventi e dellacommozione mentre
ne descrive i significati). "Cercavo lavoro a quel tempo (siamo agli
inizi degli anni settanta) e avevo saputo di una società di charter che
cercava uno skipper per un catamarano che si trovava alle Seychelles. Inviai
il mio curriculum precisando che avevo una buona esperienza di navigazione,
ma nessuna come skipper su catamarani, per giunta con imbarcate persone
che pagano. Mi risposero che altri due candidati avevano mandato il curriculum
e che ci sarebbe stata una selezione per una specie di esame, perciò
mi inviarono un biglietto aereo per recarmi alle Seychelles. Ma io avevo una
mia barca: un Dufour,Sylphe di 6,50 metri. e mi sembrò naturale andarci con
essa, partendo da Tolone dove allora mi trovavo. Scaricai il Mercury
7 Hp, caricai le provviste e partì. Eravamo a metà luglio e calcolaiche i
quattro mesi sarebbero bastati per recarmi all’appuntamento che dovevo
assolutamente rispettare e che era fissato per il 15 novembre. Allora
il canale di Suez era chiuso, per cui la rotta obbligata era la circumnavigazione
dell’Africa passando per Gibilterra.Il viaggio è faticoso (non ha pilota
a vento e quelli elettrici non c’erano ancora, credo). La barra è stabilizzata
con un elastico. Superata Gibilterra, continuo per altre settimane navigando ben
lontano dalle coste africane. Giunto in prossimità dell’equatore devo evitare
di ficcarmi dentro la zona delle calme, da dove non sarei più uscito
e quindi devio quindi più a ovest verso le coste americane. Fino a vedere
la costa brasiliana. Continuo a scendere per Sud, ma non so con precisione
dove mi trovo, sempre nuvolo, non riesco a prendere una retta col sestante
per settimane, poi quando ritengo di aver abbondantemente superato la
fascia equatoriale, riattraverso l’Atlantico per sud-est, adesso è sempre
bolina. Faticosamente avanzo e mi dirigo a sud di S.Elena. Adesso il vento
è portante.Burrasca...sono chiuso dentro...stanco, sto cercando di riposare
, alla barra solo l’elastico, ma non è bravo ad anticipare sull’onda
con un mare in burrasca di poppa...una più grossa delle altre ...la barca si
rovescia...albero sotto...se esco sono morto...la barca si raddrizza con un’altra
onda...regge ancora...passo una notte e l’indomani al timone...ma quando
finalmente ho un poco di tregua posso vuotarla del tutto dell’acqua imbarcata,
...i viveri ( pasta e riso)sono quasi tutti persi, così pure il gas, ma
la cosa più disastrosa è lo sfondamento del serbatoio dell’acqua. Ne è rimasta
solo 10 litri...razionamento dell’acqua. Mi conviene risalire indietro
per S.Elena...forse ce la faccio...durante un temporale raccolgo qualche litro
d’acqua , ho un solo secchio e per non perdere neppure una goccia, mentre
raccoglie l’acqua che raccolgo con la vela, bevo leccandola. Ma non è
sufficiente, al decimo giorno cominciano le allucinazioni, "vedo" il ghiaccio
dell’Antartide e nel delirio riprendo la rotta per Sud.Non so esattamente
quanto è durata....Quando riapro gli occhi sono dentro il porto di Cape Town.
La barca c’era arrivata da sola. Adesso la randa ciondola senza vento,la
mia barca è ferma ,circondata da navi all’ancora, e poi sul bordo dei moli
altre barche a vela. Strisciando carponi ho appena la forza di arrivare sino
al pozzetto dell’ancora, buttarla in mare. Poi più nulla, svengo. Mi
risveglio sette giorni dopo uscendo da un quasi coma in un ospedale in un
posto che ancora non sapevo quale fosse. Qualche giorno dopo mi trovo
davanti al Comandante del porto. Ho i miei documenti, ma non è per questi
che mi ha convocato. Appena entrato mi porge la sua poltrona e appena seduto
mi domanda se ha il permesso di restare in piedi mentre mi parla. Con
un tono gentile mi chiede in francese da dove vengo e dove devo andare. Gli
spiego che devo recarmi ad un appuntamento di lavoro. Mi racconta come mi
hanno raccolto semimorente e chela storia del mio arrivo ha fatto il
giro del porto. Mi aggiorna anche sulla data.Manca ancora un mese al mio appuntamento
ed io comincio ad avere ancora delle speranze che ritenevo perdute.Sono
ridotto a scheletro e quando gli dico che ho intenzione di continuare il viaggio
mi risponde che finchè sono in quelle condizioni fisiche non mi darà
il permesso di uscire dal porto.Torno sulla barca. E’ praticamente vuota.
Niente di niente. Sono disperato. Non so cosa fare. Mi manca tutto per
ripartire, ma non mi voglio rassegnare alla perdita del lavoro alle Seychelles.L’indomani
di buon mattino, un ragazzo depone una cassetta sul molo davanti alla mia
barca, neppure una parola, se ne va, e dopo un poco un altro poggia un’altra
cassetta sulla prima e poi un’altra...tante altre. Li guardo distrattamente
andare e venire; poi uno, giapponese credo, mi fischia e mi fa segno
di dargli una mano,"Quoi?" Mi porge una cassetta. "Ce n’est pas la mienne".
Ma lui continua a porgermi l’altra cassetta. Sono piene d’ogni ben di
dio. Vino, riso, miele, frutta secca,a decine di chili. Arrivano gli altri.
Tutte le razze. Sanno tutto di me. Senza neppure concordarlo, ognuno aveva
messo qualcosa nella cassetta e quando era piena qualcuno veniva a portarla.,
per tutta la mattinata."Il tuo viaggio è il nostro viaggio, devi continuare
anche per tutti noi.". E’ come un ritornello, in tutte le lingue, sorrisi
e strette di mano. "Ti aiuteremo a partire""Il Comandante del porto non mi
da il permesso"Strizzano gli occhi. "Ti rimorchieremo noi fuori del porto,
di notte, con un gommone."Quarant’otto ore dopo il mio risveglio, all’una
di notte, un tender mi tira, un altrodietro. All’imbocco del porto, al traverso
delle lanterne, all’improvviso, tutte assieme le sirene, i corni da nebbia
,con tutto ciò che tutte le navi, le barche da pesca, le barche a vela, avevano
a bordo, suonarono, urlarono alla città, al mondo intero con rabbioso,
gioioso accanimento il canto della solidarietà dei marinai.C’era pure
la sirena del Comando del porto...e i razzi di chi stava sulla testata del
molo bruciarono ancora mentre mi allontanavo dai miei sconosciuti fratelli."Capo
di Buona Speranza.Duro, difficile ,insidioso, ma è passata...Dovevo correre
per fare a tempo per l’appuntamento.Avevo da qualche giorno superato il porto
di Durban, ...e un’altra tempesta, mi colse impreparato. Altro "chevirement"
( è proprio ribaltamento!), e stavolta a farne le spese è stato il fiocco,
letteralmente scoppiato. Tentai dopo di ricavarne uno più piccolo, ma
era veramente malridotto, per cui prosegui ancora faticosamente per qualche
giorno; ma andavo lento con la sola randa, e cominciavo a dubitare che
sarei arrivato a tempo.Navigavo adesso sottocosta e un giorno mi rifugiai
in una "crique" ( credo sia fiordo) per riposare qualche ora. C’erano
due barche a vela. Olandesi entrambi.Appena ancorato dentro, da una delle
barche si stacca un tender , il tipo che ci sta sopra mi invita sulla
loro barca a bere. Un pasto caldo e tanto raccontarsi. Anch’io li metto a
corrente. Quando sanno della vela annuiscono dispiaciuti.Saluti dopo,
con le cose che si dicono da sempre in questi incontri.L’indomani al risveglio
le barche non ci sono più. Ma sulla prua della mia barca un sacco rosso con dentro
una vela perfetta per il mio albero. E dire che basta che uno sfiori la mia
barca per svegliarmi, invece non avevo sentito niente. Non mi ricordo
neppure i loro nomi...ma quella vela mi permise di atterrare alle Seychelles
tre giorni prima della data fissata.Alla Società del charter sapevano un poco
di cose del mio viaggio.Il Comandante del porto di Cape Town aveva telefonato
per accertarsi della veridicità del mio racconto e gli aveva anche detto di farmi
sapere che i miei fratelli del porto avevano anche pagato le spese dell’ospedale...anche!Ebbi
il lavoro! Rimasi cinque anni a farlo.Poi partì per l’India...e li imparai
tante cose, sugli uomini, il loro destino, la non casualità degli incontri.
Questo incrociarsi apparentemente senza nesso di vite che invece contiene
il segreto del nostro cercare, cercarci, e oggi so che il mio essere
qui stasera con voi non è senza futuro anche se non so cosa farà accadere
nel tempo in ognuno di voi questo mio raccontarvi di me e di altri che hanno
intersecato la loro vita con le mia, come adesso accade con la vostra...Ma
so con certezza che le cose che vi ho raccontato, tutte le persone di
cui vi ho parlato hanno partecipato a quel lento tessere degli eventi
per cui adesso sono qui,e quindi la loro presenza nella mia vita e adesso
presenza nella vostra; è questo che ho voluto dire..."( Quando fù tutto
finito qualcuno si accorse con stupore che erano passate tre ore.Nessuno ci
aveva fatto caso. Ma venerdì prossimo ,continuerà a raccontarci altre
cose, e forse dovrò mettere la sveglia.)Ormai ci hanno preso gusto i
soci del mio circolo...Ad ascoltarlo, ad interrogarlo, e a sfruttarlo...si perchè
da quando ha detto che lo stesso scopo della sua esistenza è di infondere
negli persone che lo mare, tutti lo assediano di domande, di richieste
di consigli.Esce spesso a vela con i più paurosi e al ritorno sono raggianti.
Prima sapevano che si può fare, ma adesso sanno che l’hanno fatto, con
uno che è l’incarnazione stessa dell’averlo fatto.Gli ho stampato la stupenda
poesia che è"Itaca" di Kavafis : si era illuminato tutto quando l’aveva letta
affissa nella dinette della mia barca, "E’ proprio la mia poesia"Certo, lo
sapevo già. ...-Itaca t'ha donato il bel viaggio,-Senza di lei non ti mettevi
in via.--Nulla ha da darti più.-E se la trovi povera, Itaca non t'ha illuso,-Reduce
così saggio, così esperto,-avrai capito che vuol dire un'Itaca"C’est vrai...il
faut avoir une Itaca dans son coeur...pour moi ca ètè ainsi!"Poi s’è fissato:
dal greco all’italiano e poi in francese. Chissà quanto s’è perso nelle traduzioni,
dice.Va in giro per librerie a cercare un dizionario greco-francese, che però
non si trova. Vuole studiare il greco per tradursela lui dall’originale.
Cerco di distoglierlo. Macchè è proprio fissato.Marzia gli procura dalla biblioteca
universitaria il dizionario, ma può essere prestato solo durante il fine
settimana. E lui passa Sabato e Domenica a raccapezzarsi in una lingua davvero impossibile.Adesso
gli è passata la fissazione, "J’abandonne!". Meno male!La settimana scorsa
dalla Francia è venuta la figlia a trovarlo. Quarantenne, inizialmente un
poco rigida, forse imbarazzata. Poi ho capito la ragione. E tutta una
vita che ha passato desiderando il ritorno del padre, e forse era venuta con
la segreta speranza di convincerlo stavolta. Ospiti entrambi del circolo
passavano pomeriggi interi a parlare, forse lei gli rimproverava delle
cose, e lui a ricordarle che quella era la sua vita e che aveva dato alla famiglia
quello che aveva potuto, adesso la sua famiglia era in questo nostro posto.
Man mano che passavano i giorni vederlo così ben inserito tra i suoi
simili, benvoluto e riverito tra noi, avrà abbandonato l’idea, alla fine
prima di partire forse ne sarà stata anche felice nell’aver visto suo padre
vivere quel suo perentorio atto d’amore tra noi; figlia mancata, che ammira
compiaciuta la nuova impensabile figliolanza del padre! Se n’è andata
rasserenata.Da due giorni c’è un tempo infernale.Il Grecale è potente, la
risacca dentro il porto è continua. E piove...e fa freddo...Vado di sera
a trovarlo. Ha messo un telone sul boma. L’osteriggio è aperto e lui è dentro
che legge alla luce del lampione del molo. Si deve mettere si traverso
per farla spiovere sul libro.E’ Baudelaire, gliel’ho prestato ieri, " Les
fleurs du mal".La barca strattona sulle cime d’ormeggio. Uscendo mi cita un
verso che parla del rapporto col mare."Homme libre, toujours tu chèriras la
mer!La mer est ton miroir; tu contemples ton ameDans le dèroulement infini
de sa lame,Et ton èsprit n’est pas un gouffre moins amer."Ma alla risacca
non piacciono le poesie e lui stava cadendo in acqua!L’ho portato a mangiare
il mio minestrone coi fagioli che gli piace tanto. Come contorno: una appassionata
dissertazione su come tradurre "tu chèrisas la mer". Va a cercare il pelo
nell’uovo, quest’uomo, in certe cose.Venerdì scorso ci ha raccontato
le cose buffe che gli sono capitate. Come quella volta che doveva portare
degli inglesi con la sua barchetta a fotografare le balene, non gli piacciono
gli inglesi, " Si mettono sempre un gradino più in alto di tutti", e
quando una balena emergendo ha sollevato la barca con la coda, i suoi
ospiti non furono pronti con la macchina fotografica e quindi niente foto;
poi lui con la scusa di eventuali avarie è rientrato prima del previsto,
ma siccome avevano già pagato, era contento di averli scaricati, a modo
suo punendoli per la loro arroganza. Non gli piacciono proprio gli inglesi...Ma
è la sua rivalsa che è buffa. Fanciullesca ... quasi giocosa.Ha proprio l’animo
di un bambino, ma ieri ho scoperto che è pieno di pustole e si acciacchi.
Per questo gli ha procurato un bel bagno caldo.......che anche ad Ulisse
fece piacere atterrando ad Itaca.Mi sento un poco Penelope.
Rocco è ancora tra noi al circolo , ma è meglio dire che è uno di noi.
Durante tutto il periodo di Natale è stato ospite nelle case di vari soci
per qualche giorno, ma per i resto vive sulla sua barca ed è diventato
il fustigatore dei timidi, lo spauracchio degli indecisi, il terrore
dei paurosi e dei terrazzani che abbondano nel circolo.Chi meglio di lui poteva
assumere questo ruolo.
Esce regolarmente sulle barche di costoro e quando ritornano dopo una giornata
di freddo e di mare sono tutto felici di aver esplorato nuove possibilità,
in compagnia di uno che sa il fatto suo e che con i suoi incoraggiamenti
rassicuranti riesce a far svanire dubbi e paure.
Scrive e legge ( in italiano) come un forsennato alla luce dei lampioni del
porto, di tutto, di filosofia , di letteratura marina, ma è un innamorato
di Baudelaire.
Adesso ha trovato anche un boulot (lavoretto) : fa dei paglietti deliziosi
e un negozio di roba nautica glieli acquista. Ho dovuto faticare per
convincerlo a farsi dare un congruo compenso ( voleva chiedere 30.000
per sei ore di lavoro).
Ma si nutre poco e quelle due o tre volte alla settimana che gli cucino al
circolo si fa delle solenni abbuffate che lo fanno star male, come quella
volta per l'Epifania.
Avevamo organizzato la tombola per i bambini al circolo ( è ormai una tradizione)
e dopo una salsicciata con evaporazioni plurime.
Aveva fatto un brutto freddo in quei giorni e lui aveva sofferto in barca.
Si era piantato davanti alla catalitica e li si era rimpizzato a dismisura.Ad
un certo punto con la coda dell'occhio lo vedo impallidire e sudare. Ha un'aria
stralunata e faccio appena in tempo a raccoglierlo e adagiarlo su un
materassino, tra la costernazione dei cinquanta presenti e siccome non
riprende conoscenza mi risolgo di chiamare un' autombulanza. Arrivano. Il dottorino
non sa il francese, ma lui quando capisce che lo vogliono portare all'ospedale
farfuglia vigorosamente in francese che non vuole e che sta bene.Ha il
polso a 50 e nonostante i tentativi non riesce a sollevarsi. Gli fanno una
flebo, risviene, insistono a volerlo portare via, lui è mezzo intontito
ma lotta furiosamente per opporsi. Mentre traduco la divergenza di opinioni,
suona il telefono e mi chiamano : è una mia cliente in depressione acuta che
mi annuncia che vuole morire e minaccia un istantaneo suicidio. Mentre
l'occhio sinistro sta appiccicato su Rocco sdraiato, e l'orecchio destro
è occupato ad ascoltare un monologo sulla inutilità della vita, l'occhio
destro mi cade malauguratamente su uno degli infermieri accasciato su una
sedia che ondeggia con una faccia da zombi.Lascio il suicidio dentro
la cornetta che continua ad implorare soccorso ,e vado a soccorrere il soccorritore,
gli chiedo se sta male, mi punta uno sguardo spento e poi mi vomita in orizzontale
un fiotto verdastro di acido cloridrico puro, torno alla candidata suicida
gli spiego la situazione in cui mi trovo e gli chiedo se può rimandare
di qualche oretta, acconsente, poi torno da Rocco che vuole strapparsi
l'ago, adesso che il dottorino è occupato a ricostituire l'apparato sanitario
ambulante, convinco anche lui ad aspettare qualche oretta, visto anche
che la dimensione dell'ago nella vena è quella di un erogatore di benzina
e lui rischia una emorragia a zampilli, poi chiedo a qualche smarritissimo
socio di andare a prendere sul terrazzino un grosso recipiente pieno di terra
dell'Etna da versare sul vomito che nel frattempo sta facendo friggere
le mattonelle.
Il dottorino adesso assiste il suo assistente che ha avuto una congestione
da freddo, Rocco attende impaziente che finisca il rifornimento sanguigno,
ma l'urlo dal terrazzino mi annuncia la tripletta : spunta il socio con
una mano insanguinata.Mentre sollevavano il recipiente di plastica si è spaccato.
Il dottorino sentenzia :occorrono due punti.
Si sono portati via il socio, che evidentemente si era sacrificato proponendosi
come preda sanitaria in cambio di Rocco che invece è stato ospitato per
quella notte da una di noi che fa la medichessa.
Quella sera ho mi sono lungamente chiesto se per caso non c'è qualcosa che
non funziona nella mia vita.
Per il resto va tutto bene, ma a voi capitano queste cose?