CIABATTA
Era il suo soprannome
e ogni volta che gli capitava di declinare le sue generalità gliveniva proprio
male a dare il suo vero nome…Glielo avevano affibbiato quando era un ragazzino
per via del fatto che durante le torridi estati si trascinava per le strade del
suo polveroso quartiere con un paio di ciabatte di legno il cui rumore
annunciava a chilometri di distanza la sua comparsa.Ma col tempo il riferimento
a ciò che gli stava sotto i piedi si era perso e il significato di "
ciabatta" si era spostato verso ciò che gli stava in testa, alludendo di
volta in volta alla sua aria svagata, alla sua andatura strascinata e floscia,
alla indolenza che metteva nel suo lavorare; alla fine tutto quello che faceva
o diceva si unificò in quel nome che riassumeva quel suo essere trasandato e
sciatto che l'aveva da sempre accompagnato. Ciabatta, appunto…
Viveva in un piccolo
paese del meridione e faceva l'aiutante carrozziere.Il suo datore di lavoro era
un suo amico più anziano di lui che lo usava come jolly per le parti più umili
e noiose che il mestiere esigeva. Giornate intere con la carta abrasiva bagnata
a levigare fiancate di auto, per un misero stipendio settimanale dato sempre
col solito lamentoso riferimento al fatto che non se l'era affatto guadagnato e
che erano soldi rubati.Ma Piero, il suo principale, in fondo lo voleva bene,
anche se aveva profetizzato per lui una vita senza significato, insulsa e
assolutamente priva di ambizioni di ogni genere.A 28 anni infatti Ciabatta
viveva alla giornata, anzi viveva per finire la giornata lavorativa e andarsi a
ficcare nel bar del quartiere a farsi sfottere dai suoi amici. I quali gli
volevano sì bene, ma come se ne vuole a uno che è fuori concorso, fuori
gara,insomma a uno che non è pericoloso in nessuno degli ambiti concorrenziali
su cui loro si disputavano quotidianamente una qualche posizione di
supremazia.I temi erano sempre i soliti :se, parlando di ragazze, qualcuno si
faceva bello raccontando di maliziosi incontri,di fantastiche prospettive di
divertimenti amorosi, veniva interrotto da altri che inevitabilmente
rintuzzavano la vanagloria del dongiovanni di turno,minimizzandone le virtù
amatorie; e poi si passava alle auto che attizzavano gare di saccenza sulle
prestazioni dei motori, ognuno diceva la sua con l'intento di guadagnare almeno
un punto su quello che asseriva l'altro e poi a dissertare sulla formidabile
potenza degli impiati stereo che venivano montate sulle vetture o su quello o
quell'altro gruppo musicale che faceva il concerto in città. Insomma era un
continuo confrontarsi per concorrere a quella spartizione di credito sociale
che la competizione della vita esigeva e che nei nostri giovanottoni, confinati
in quel buco di paese senza grandi prospettive, dava luogo a un perenne
apprendistato in attesa di potersi cimentare un giorno con l'ardua battaglia
della vita.
Ciabatta era escluso.
Lui ascoltava sempre in silenzio e le rare volte che metteva il becco in
qualcosa in cui si azzardava a reclamare un minimo di conoscenza, un coro di
sfottò gli ricordava che se voleva continuare a essere voluto bene da tutti,
doveva continuare a stare con tutti e due piedi in una scarpa, o meglio in una
ciabatta.La cosa poteva andare avanti così per tutta la durata dell'eternità,
senonchè un giorno accadde qualcosa che fece girare le palle a Ciabatta.La
solita discussione sulle fantastiche automobili e sugli optionals più recenti
dicui favoleggiavano le riviste, si era spostata sui sistemi di sicurezza e di
li era passata alle novità sulle carrozzerie,alle solide lamiere di una volta
,alle tendenze a passare alla più economica plastica e naturalmente per spirito
di contraddizione si erano formati i due soliti partiti antagonisti.Era la
prima volta che si toccava così vivacemente il suo settore e Ciabatta pensò
bene che fosse venuto il suo momento : chi più di lui sapeva tutto sulle
lamiere, lui che passava la sua vita a raddrizzarle, a lucidarle ed
accarezzarle.Accennò quindi ad una sua opinione circa la robustezza della
carrozzeria di alcuni modelli che gli erano passate tra le mani e stava per
dare un giudizio quasi professionionale sull'argomento,quando Ettore, il
caposquadra dei modernisti afflitti da abbaglio ipertecnologico,gli molla il
classico scappellotto sulla nuca, nel tipico gesto con cui dalle loro parti si
fa rientrare nei ranghi il ragazzino impertinente che si mischia nei discorsi
degli adulti e col solito tono di sufficienza con cui si pavoneggiava in simili
tornei, gli spara un :"Ma che ne vuoi capire tu di macchine, solo perché
fai l'aiutante carrozziere. "Ciabatta ci rimase proprio male, non solo per
il rinnovato invito a considerarsi meno che niente, ma per la totale
indifferenza dell'intero branco a quel trattamento che sentiva di disonorarlo
oltre il consueto limite che lui si era rassegnato a sopportare. Umiliato e
frustrato si allontanò dal gruppo e andò a rifugiarsi nell'angusto
garage-cortile che stava dietro la casa in cui abitava.Di colpo gli era apparsa
tutta la inconsistenza della vita che stava vivendo, tutta la ingiustizia di
quel essere stato marchiato a vita da una profezia malaugurata che aveva
decretato la sua inettitudine e il suo essere fatiscente, tracciando il solco
che condizionava pesantemente le sue aspirazioni ad essere riconosciuto e
trattato da adulto. Come una ciabatta…faceva comodo sotto i piedi di tutti…a
patto che non si considerasse una vera calzatura…
Gli balenò vivida in
testa l'idea di una possibile ribellione.L'avrebbe dimostrato a quel branco di
fanfaroni che lui valeva qualcosa, che negli otto anni passati a lucidare lamiere
aveva imparato un mestiere su cui aveva il diritto di erigere il suo personale
prestigio sociale.Che lui oltre che Ciabatta aveva un nome e un cognome e che
dietro quella pacata rassegnazione, sapeva anche far nascere delle ambizioni in
grado di portarlo fuori da quella miseria di esistenza in cui tutti volevano
che si perdesse.
L'indomani, dopo una
notte passata a rimugginare propositi bellicosi, si presentò davanti agli occhi
di uno stupito Piero e sciorinò, con un tono che non lasciava spazio a repliche,
la lunga lista delle sue pretese.In primo luogo era pronto a licenziarsi se non
avrebbe ricevuto un congruo compenso per il suo lavoro,poi era stanco di
lucidare lamiere e che d'ora in avanti avrebbe preteso di mettere mano per
intero alla ricostruzione delle vetture danneggiate, dalla saldatura delle
parti, fino alla verniciatura, sotto sua piena responsabilità, e senza
indicazioni superflue su come fare perché lui il lavoro lo conosceva benissimo
e forse meglio del suo principale e in più…
C'era nell'officina
una meravigliosa decapottabile che Piero aveva rilevato dopo un pauroso
incidente accaduto al suo proprietario, con l'idea che prima o poi avrebbe
potuto ricostruirla. Era un vecchio e glorioso modella di Alfa Romeo degli anni
sessanta a cui mancavano però buona parte dei pezzi, ormai introvabili e su cui
lo stesso Piero aveva dubitato di poter mai mettere mano.…in più voleva
comprare quella carcassa ormai abbandonata e negli orari liberi avere a
disposizione l'officina per tentare l'impresa della sua ricostruzione.
Piero lo ascoltò
sbigottito e poi forse nella vaga certezza che quell'alzata di capo si sarebbe
presto rivelata fasulla e magari si sarebbe presto trasformata in una bella
occasione per sottometterlo ancora di più, gli accordò tutto quello che gli
veniva richiesto…compreso l'aumento dello stipendio.
Da quel giorno
cominciò l'opera di redenzione di Ciabatta.Innanzitutto non lo si vide al bar
per dei mesi interi. I suoi amici per nulla inclini a considerare la sua
assenza come effetto di quell'ultima umiliazione che aveva ricevuto, furono più
portati ad interpretare la sua scomparsa con dei lavoretti che sicuramente lo
impegnavano a casa. Ma poi si era sparsa la notizia che il loro amico passava
le serate e le domeniche chiuso dentro l'officina a trafficare sulle
carrozzerie e quindi si chiuse la curiosità con qualche sarcastica battuta sul
fatto che la riconosciuta indolenza e pigrizia di Ciabatta aveva dovuto
lasciare il passo alla necessità di fare del lavoro straordinario certamente per
raggranellare qualche soldarello in più.
Frattanto Ciabatta si
era trasformato nel più solerte e accurato lavoratore che mai s'era visto : era
il primo a spuntare all'apertura, lavorava senza un minuto di tregua, con una
precisione e una cura dei dettagli che fugò definitivamente la speranza di
Piero sul profetizzato bluff, anzi il suo principale cominciò pure a
guadagnarci perché, a dire il vero, in pochi mesi l'immagine dell'azienda aveva
avuto un guizzo in avanti di pubblico riconoscimento circa le prestazioni
fornite.
E Ciabatta si stava
mostrando un vulcano di iniziative geniali anche in quella difficilissima
impresa di restauro della Alfa Romeo.. Aveva trovato dei pezzi che se lavorati
a dovere potevano essere adattati al modello della splendida vettura; aveva
anche trovato la vernice giusta ed era financo riuscito a far partire quel
motore che da anni stava arrugginendo dentro la carcassa.
Insomma erano passati
oltre tre mesi e più nessuno dei suoi amici si chiedeva che fine avesse fatto
Ciabatta, quando in un soleggiatissimo mattino domenicale, quando tutti i
maschi dai quindici ai settant'anni si danno appuntamento nella piazza centrale
del paese, mentre le loro consorti e sorelle stanno intanate nella chiesa per
ascoltare messa, si ode un rombar di motore e una fiammeggiante vettura rossa
si presenta all'imbocco della strada principale e tra un luccicio di cromature
e un stridere di copertoni nuovi di zecca, decapottata come una bella signora
dagli abiti succinti, un elegantissimo Ciabatta con tanto di raffinati guanti
d'autista, poggiati signorilmente su un volante dal levigato legno di radica,
circondato da una odorosa tappezzeria di cuoio, sfila a fronte alta su due lati
di intimiditi ex amici che non credono ai loro occhi.…e quando qualcuno tra di
loro,anticipando altri potenziali concorrenti nell' appropriarsi di una qualche
briciola di quel prestigio che la scena sprizzava ai quattro angoli della
piazza,ravvisa le tracce della vecchia amicizia e abbozzando un cenno di
amicale confidenza azzarda un: "Ma sei proprio tu,Ciabatta", il
nostro, scendendo dalla vettura e mostrando le sue firmatissime calzature in
tinta con la tappezzeria, sciabola uno sguardo di soave fermezza tutt'intorno e
risponde: "No, sono Carmelo Passalacqua : carrozziere specializzato".
Il soprannome di Carmelo passò alla categoria superiore: ora, solo i più
intimi, lo chiamano "Mister ". Ma è solo perché non si sanno spiegare
il misterioso potere dell'orgoglio ferito.