Scusate se è poco… ma siamo agli inizi
Mi
sembra trascorso un secolo dalla mia prima esperienza in barca a vela,
quando, tra una crisi di mal di mare e l'altra, ho giurato a me stesso
che mai e poi mai ci avrei più rimesso piede. Infatti, dopo qualche anno,
spinto dalla curiosità, ho iniziato il corso alla lega navale di Torino
per il conseguimento della patente nautica senza limiti. Da qui all'insana
idea di avere un piccolo cabinato tutto per me per affrontare ciò che
le lezioni di teoria mi facevano anelare, il passo è stato breve. Ora
non potrei più farne a meno e la mente è sempre rivolta a qualche progetto,
qualche lavoro e a qualche miglioria per rendere la navigazione e la vita
di bordo più piacevole. Quest'anno io e Patrizia (la mia compagna), abbiamo
fatto la nostra prima esperienza di vacanze lunghe in una barca. |
Partiti
da Torino, con la nostra piccola vela a rimorchio, siamo giunti a Hyeres,
dove l'abbiamo armata per la nostra prima grande avventura. Il 4 settembre
partiamo da Hyeres alla volta dell'isola di Porquerolles che scorgiamo
verso sud all'orizzonte. Ci accompagna un bel vento al traverso e la prudenza
e il timore del neofita, mi suggeriscono di issare il fiocco piuttosto
che il genoa. Scelta ben fatta perché il vento più al largo rinforza un
po' e per contro la mia esperienza non è ancora molto vasta. Arriviamo
all'isola in poco più di un'ora (che traversata!!!) e al porto di Porquerolles
riusciamo a trovare un ormeggio grazioso tra gente simpatica. Un giro
a piedi per il porto conferma il nostro solito primato. Anche qui, il
nostro è sempre il cabinato più piccolo del |
porto.
5 metri e mezzo per una vacanza di 20 giorni… Resisteremo? Il giorno successivo,
sull'onda dell'entusiasmo, decidiamo di affrontare il periplo dell'isola.
Partiamo quindi con un bel gran lasco verso Point de Medes, quindi giù
a sud con un bel traverso e poi….. bolina. Qui scopro che qualcosa sulla
barca è ancora mal regolato o da modificare. L'angolo morto è troppo grande,
non si riesce a stringere di più il vento e guadagnare acqua in un tempo
tale (è già tardi) da garantirci la realizzazione "dell'impresa". Patrizia
dopo un po' di bordi comincia a patire il freddo. In breve ci troviamo
su due posizioni differenti. Io, contento dell'esperienza, lei scontenta
del freddo e di non aver nemmeno potuto ancora fare un bagno. Insomma,
decidiamo di tornare indietro. La serata passata in rada con il tramonto,
un buon vino e un piatto fumante, ci fanno immediatamente dimenticare
gli screzi. Nei giorni seguenti esploriamo l'isola, addentrandoci nelle
varie rade e baie che la caratterizzano. Durante una di queste occasioni
sperimentiamo la discesa in acqua di Patrizia. Già, non l'avevo detto.
Patrizia è paraplegica per un incidente avuto molti anni prima. |
![]() |
||
La
nostra paura era quindi che la vita in barca potesse in qualche modo scontrarsi
con questa realtà, ed è stata una sorpresa continua, scoprire che nulla
di ciò che si presentava, costituiva un vero impedimento ma solo un problema
da risolvere con un pizzico di fantasia. L'entrata in acqua era uno di
questi. Forse il più grosso. Comunque sia quello che più ci preoccupava.
La prima volta, abbiamo affrontato l'entrata in modo laborioso. Abbiamo
accostato a poppa il piccolo tender. Abbiamo poi messo la scaletta della
barca tra quest'ultima e il tender a mo' di scivolo. Sopra la scaletta
abbiamo legato un materassino. Insomma, il tutto sembrava un po' il sistema
di evacuazione che usano gli aerei negli ammaraggi di emergenza. Comunque
sia, il problema bagno era superato… si, ma in modo un po' laborioso!
Uno… due bagni al giorno lo giustificavano… ma non di più… con tutte le
cose da montare e da smontare ogni volta… Un po' sconsolati ci apprestiamo
a rimontare il tutto per un secondo bagno in un'altra rada quando ci viene
in mente che potremmo utilizzare semplicemente la scaletta. Come? Faccio
salire Patrizia a cavallino, e poi, con lei sulla schiena scendo dalla
scaletta. |
![]() |
|
In
tutto… una decina di secondi. L'ultimo grosso problema è superato. Come
al solito, diventa un'altra occasione per festeggiare. Cena con birra
in abbondanza. Felici e ubriachi ci addormentiamo, pensando a tutte le
esperienze che ancora ci attendono. Il 10 settembre lasciamo con un po'
di tristezza la nostra isola alla volta di Port Cros. Un vento un po'
variabile ci permette di fare il primo tratto al traverso sperimentando
lo spi. Patrizia, vedendo la nostra fatica nel gestire questa vela "simpatica,
bizzarra e sensibile" e le attenzioni costanti che questa richiede, ci
si identifica subito, tanto da rattristarsi moltissimo quando, cambiando
la direzione del vento, siamo costretti ad ammainarla per alzare al suo
posto il genoa e continuare di bolina larga. |
Port Cros
si rivela subito, per dirla alla francese, "tre volte" più affascinante
e selvaggia di Porquerolles.Nel suo porticciolo conosciamo un vagabondo
del mare che naviga da 40 anni con la sua fedele e vecchia barca a vela.
Lui e la barca hanno la medesima età: 68 anni e sono in giro per l'Europa
e per il Mediterraneo da una vita nel vero senso della parola. Quest'isola
segna la fine della prima parte di queste splendide vacanze. All'indomani
infatti ci attende la lunga traversata di ritorno a Hyeres, da dove, con
barca a rimorchio, è nostra intenzione raggiungere La Ciotat per visitare
le meravigliose Calanques di Marsiglia. |
|
![]() |
||
Oramai
io e Patrizia ci sentiamo come dei "vecchi marinai" ed affrontiamo la
navigazione da La Ciotat a Cassis con gli occhi tenuti socchiusi per i
riflessi del sole e fissi sull'orizzonte e sul capo da superare… A Cassis,
sebbene sia finito da un pezzo il pienone estivo, è difficile trovare
un posto al transito e l'unico trovato ci costa un patrimonio. Decidiamo
quindi per i giorni successivi, di trovare riparo, di volta in volta,
nei ridossi naturali che le calanques circostanti ci offrono. La prima
esperienza di notte in rada la facciamo alla Calanque d'En Vau, un bellissimo
calanco con falesie verticali a picco sul mare, dove i free climbers si
allenano in continuazione e da dove sovente, per qualche presa mancata,
si tuffano nel limpidissimo mare sottostante. Nei giorni successivi visitiamo
le altre calanques e le isole che fronteggiano Marsiglia. Non mancano
le occasioni |
per qualche
incontro acquatico. Una sagoma in lontananza per 3 volte spicca salti
nell'acqua sollevando grossi spruzzi… un delfino? Un'altra volta un pesce
volante attraversa lo specchio di mare antistante rientrando in acqua
dopo un volo radente di una cinquantina di metri. In quest'occasione mi
sono tornate in mente le righe di Moitissier in cui al mattino svegliandosi,
li trovava in coperta quasi pronti per il pranzo della giornata. Un pomeriggio
tardi al largo scorgiamo un tratto di mare agitato da spruzzi. Nello stesso
tratto numerosi gabbiani si tuffavano eccitati. Sarà stato un branco di
tonnetti? Agli esperti le deduzioni. Il 16 settembre, la notte prima della
partenza, il mare ci saluta manifestandoci la sua maestosità. Rientrando,
cerchiamo un posto sufficientemente riparato per passare una notte all'ancora.
Purtroppo altri velisti più previdenti di noi hanno occupato i posti migliori. |
La calanque
du Port Pin è troppo poco protetta, quella d'En Vau è praticamente piena
di barche alla fonda sino all'ingresso e a noi non resta che un angolino
mediamente riparato nella calanque di Port Miou. Ci prepariamo quindi
per la notte. Presto ci accorgiamo però che il vento si infila comunque
nella calanque facendoci brandeggiare violentemente sotto le raffiche.
Terrà… non terrà l'ancora? Nel dubbio, porto il sacco a pelo in pozzetto
e mi preparo ad una notte di veglia ad osservare i riferimenti fissi della
scogliera troppo vicina. Tra una raffica di vento e l'altra, un breve
pisolino, interrotto solo da Patrizia che da dentro, con tempismo perfetto,
mi sveglia per chiedermi se va tutto bene. Anche
lei non riesce a chiudere occhio per i violenti strattoni, la moltitudine
di scricchiolii causati dalla linea d'ancoraggio e dagli sbattimenti delle
drizze contro l'albero sotto ogni raffica. |
![]() |
Finalmente arriva il mattino
e con questo anche il vento si placa. Approfittiamo della tregua per chiudere
un po' gli occhi e riposarci in vista del trasferimento che poche ore
dopo ci vede scapolare Cap Canaille con un vento di poppa forza 6, per
arrivare infine a La Ciotat, dove con tristezza trovano conclusione queste
nostre splendide vacanze. Complessivamente è stata una esperienza molto
positiva. |
|
Il problema dell'handicap in barca
è meno pesante che nella vita di tutti i giorni, a patto che in barca
siano presenti "validi aiuti". C'è da dire però che il periodo non coincideva
con quello delle vacanze classiche. Ma cosa sarebbe successo se tutto
questo fosse avvenuto in Agosto? Una imbarcazione di persone "fisicamente
abili" può ormeggiare in qualsiasi modo, anche alla francese, e se non
trova posto in banchina può ormeggiarsi ad un corpo morto, senza troppi
disagi per l'equipaggio. |
Se però a bordo c'è una persona
disabile, le problematiche sono un po' più complesse. Nasce l'esigenza
di poter sbarcare facilmente ed in ogni istante. L'ormeggio deve poi poter
essere effettuato tenendo conto degli adattamenti della imbarcazione per
lo sbarco della persona disabile. Francamente non so se esistano facilitazioni
a riguardo, ma sarebbe opportuno, così come in città ci sono dei parcheggi
riservati ai disabili, che anche nei porti ci fossero dei posti d'ormeggio
"raccomandati" |
(non riservati perché sarebbe assurdo
tenerli liberi nel caso non si presenti la necessità), in modo che anche
in alta stagione, quando l'affollamento è elevato, un disabile abbia la
possibilità di vivere la vela come qualsiasi altro individuo. |
|
Roberto e Patrizia Zavadlav |