Vendée Globe
di Carla Anselmi
per gentile concessione di

E’ finita. E’ finita con un risultato che conferma da un lato la bravura di Cristophe Auguin e dall’altro la durezza incredibile del Vendée Globe. Sono partiti in sedici (quindici più Raphaël Dinelli fuori regata), arrivati in sei e uno, come vuole la legge tragica del mare, non tornerà. In tre hanno perso la barca e tutti , nessuno escluso, hanno avuto problemi tecnici di ogni genere.
I media hanno acceso i riflettori sugli incidenti, gli appassionati hanno partecipato alle gioie e ai dolori alterni, gli addetti ai lavori hanno detto la loro. Auguin ha vinto con una galoppata solitaria che, un po’, ha fatto scemare l’interesse agonistico per la competizione. Solo, migliaia di miglia avanti a tutti, Cristophe ha corso più che altro contro se stesso e contro il record. E ora?
E ora Cristophe Auguin ha dichiarato di non voler più correre in solitario, e tutto un movimento si interroga sul futuro non solo di questa regata ma anche e soprattutto di queste barche, nate per correre veloci in condizioni estreme.
Per dovere di onestà va detto che la navigazione in solitario impone restrizioni molto particolari: anche se questi uomini hanno una forza fisica e psicologica al di fuori della norma sono comunque umani. Rispetto ai Wor 60’ della Whitbread, ad esempio, la maggiore differenza risiede nel fatto che su questi ultimi la barca non è mai controllata dai piloti ma invece sempre da un timoniere in carne e ossa che può quindi avere un controllo maggiore non solo sullo stato del vento e del mare ma anche e soprattutto condurre la barca al massimo della velocità, cercando così di "scappare" ai frangenti e di correre in surf sulle onde.
Chi naviga in solitario, e in regata, si affida per forza di cose agli strumenti e ai mezzi che la tecnica e la tecnologia gli mettono a disposizione. Quindi se tutto è perfettibile lo saranno anche le barche, gli alberi, le vele, l’elettronica, i piloti automatici, i sistemi di sicurezza e di posizionamento, le previsioni meteo, l’organizzazione e i sistemi di salvataggio.
Da molte parti si è invocato un cambiamento del percorso della regata soprattutto in funzione del pericolo di scendere molto a sud e quindi di incontrare con più facilità iceberb e growler e della grande distanza dalla terraferma e perciò dalle organizzazioni di salvataggio. Se questi due problemi sono senz’altro reali è però anche vero che le variazioni al percorso di un giro del mondo possono essere solo minime (per questa edizione gli organizzatori avevano imposto un way point a sole 120 miglia più a nord!) mentre le tempeste incontrate dai solitari quest’anno avevano una grandissima estensione e quindi erano praticamente inevitabili.
Ancor più voci e polemiche ha suscitato però la questione della stabilità, ovvero delle barche che pur non avendo perso la chiglia non riescono più a raddrizzarsi. Certo il Vendée Globe ha fatto registrare una serie di incidenti eccezionale anche per questo tipo di regate molto dure. Tuttavia è impressionante che ci si possa trovare in una situazione di grave emergenza anche senza rotture di parti strutturali. Il regolamento, in materia, è abbastanza generico e non impone nessun tipo di prova in mare di stabilità prima della partenza. Il solo punto definito è che la misura che separa il centro di carena dal centro di gravità quando la barca è a 90 gradi deve essere di almeno 40 centimetri. Questa misura, tuttavia, non viene misurata ma semplicemente definita con calcoli teorici. Ebbene quanto è successo a Dinelli e Dubois ha dimostrato quanta distanza ci sia tra teoria e realtà e per questo diventa importantissimo che le esperienze "sul campo" possano essere raccontate e spiegate dai solitari a tecnici e progettisti, un po’ come avviene per i piloti di Formula 1.
Le soluzioni che si presentano sono molteplici. Una potrebbe essere rappresentata dall’uso della chiglia basculante e dei ballast per spostare il centro di gravità e quindi aiutare il raddrizzamento della barca; da notare tuttavia che è molto difficile riempire le casse d’acqua quando la barca è rovesciata perché il sistema automatico necessita dell’energia del gruppo elettrogeno che di norma non funziona quando l’imbarcazione ha subito degli shock violenti e si trova a 180 gradi.
Altra soluzione prospettata è quella di dotare le barche Open di un numero maggiore di compartimenti stagni di dimensioni più piccole che possano aumentare la galleggiabilità e l’inaffondabilità. Qualcuno ha poi parlato di una sorta di airbag che spiunga la barca a raddrizzarsi, sistema questo che comporterebbe un aggravio in termini di peso di alcune centinaia di chili, come anche l’idea di aggiungere delle parti in schiuma a prua e a poppa.
Alain Gautier, vincitore della scorsa edizione del Vendée Globe, montava sul suo Bagages Superieurs un albero stagno, un ulteriore stratagemma per aumentare la capacità di raddrizzamento e che oltretutto permette di controllare in modo più semplice e diretto lo stato delle drizze (negli ultimi giorni di navigazione Isabelle Autissier ha dovuto andare in testa d’albero più di una volta a sostituire cime consumate). Certo si tratta di un sistema che ha delle influenze negative sull’aereodinamicità e che è di nessuna importanza quando l’albero stesso si dovesse spezzare nell’atto del rovesciamento.
E ancora si parla della possibilità di attrezzare le barche con delle uscite di sicurezza da utilizzarsi anche quando la barca è rovesciata (come nei Mini Transat dove è obbligatorio un passo a uomo sullo specchio di poppa), di un miglioramento generalizzato delle tute di sopravvivenza e delle zattere autogonfiabili, della possibilità di dipingere la chiglia e lo scafo in colori fluorescenti per aumentarne la visibilità e di attrezzare i solitari con dei sistemi elettronici di man overboard (uomo a mare) simili a quello testato da Giovanni Soldini sul suo Stupefacente Telecom che, attraverso una serie di sensori, fa portare la barca con la prua al vento in caso di caduta in acqua dello skipper.
Anche se qualcuno sostiene che ciò vorrebbe dire snaturare la classe Open, cioè aperta alle innovazioni tecnologiche e senza regole di sorta, è pur vero che gli organizzatori delle regate oceaniche in solitario e la Fico si troveranno a dover stabilire delle regole e a doverle fare rispettare. A tale praposito taluni parlano già di una commissione tecnica che possa valutare le barche e la loro tenuta per prove così impegnative.
Forse il dato più significativo è che queste barche per lunghe navigazioni oceaniche in solitario e i miglioramenti che vi si possono portare hanno e avranno sempre più in futuro, anche se sembrano distante anni luce, degli effetti notevoli sulla progettazione e sulla costruzione anche delle barche di serie e da crociera.

IL VINCITORE
Cristophe Auguin è l’unico navigatore al mondo ad aver vinto tre giri del mondo in solitario consecutivi: due edizioni del BOC (a tappe) e questo Vendée Globe. E non solo. Auguin detiene il nuovo record della percorrenza sulle 24 ore in solitario con 374 miglia ovvero 15,58 nodi di media e naturalmente il nuovo record della regata che ha abbassato di 4 giorni rispetto a quello stabilito da Titouan Lamazou nel 1990. Il segreto del suo successo sta innanzitutto in una grandissima esperienza, in una profondo conoscenza del suo mezzo, in una sensibilità particolare nell’interpretare la meteorologia, in una meticolosa preparazione e nella capacità di sapersi risparmiare quando le condizioni diventano troppo dure.
Auguin inoltre può contare su uno staff tecnico fra i migliori disponibili che gli ha consentito di partire con una barca perfettamente messa a punto e affidabile.
Scheda tecnica di GEODIS
Progettista Finot Conq
Varo giugno 1994
Lunghezza fuori tutto 20,10 metri
Lunghezza al galleggiamento 18,28 metri
Larghezza 5,75 metri
Ballast 2,8 tonnellate
Superfice randa 170 metri quadtrati
Superfice max spinnaker 280 metri quadrati
Pescaggio 4,12 metri
Peso 9,3 tonnellate


CLASSIFICA
GEODIS Cristophe Auguin 105 giorni, 20 ore e 31 minuti
CREDIT IMMOBILIER DE FRANCE Marc Thiecelin
GROUPE LG TRAITMAT Hervé Laurent
CAFE' LEGAL LE GOUT Eric Dumont
AQUA QUORUM Pete Goss
WHIRLPOOL EUROPE 2 Catherine Chabaud



sito ufficiale Vendée Globe


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