Tutti i vincitori della regata

Quella di quest'anno è la dodicesima edizione della Minitransat. Il primo a vincerla, nel 1977 fu Daniel Gilard; l'ultimo, due anni fa, Sébastien Magnen su Karen-Liquid, una barca costruita da lui stesso.





La Minitransat 1997 si svolse con condizioni meteorologiche inusuali, specialmente durante la seconda tappa che per mancanza di vento è stata la più lunga nella storia della competizione.
51 i solitari partiti per l'avventura di percorrere più di 4000 miglia di oceano con "barchini" di 6 metri e mezzo. Due soli gli incidenti gravi, per fortuna risoltisi senza danni alle persone. Diversi disalberamenti (i mini portano veramente tanti metri quadri di vela) e altre avarie hanno costretto al ritiro o comunque compromesso la gara di qualche skipper.
Sul podio tre francesi: Sébastien Magnen si iscrive nell'albo d'oro della competizione come undicesimo vincitore; secondo Thomas Coville e terzo, autore di una splendida corsa, Jean Françoise Pellet. Il primo "straniero" è l'inglese Mark Turner al quinto posto. I primi italiani Massimo Giacomozzi (7°) e Claudio Gardossi (10°).

L' undicesima edizione della Mini Transat è stata quella che ha visto il maggior numero di partecipanti italiani nella storia della regata. Era l'anno in cui i nostri skipper avevano molte possibilità di fare delle sorprese ai francesi, che da anni dominano la regata.
Alla fine non è andata così bene come si poteva sperare, complice anche la sfortuna che ha colpito i nostri migliori dopo la prima tappa, Stefano Pelizza e Andrea Scarpa.
Erano partiti da Brest dodici navigatori italiani, figurando benissimo nella prima tappa, con un 4° posto (Pelizza), un 7° (Scarpa), un 10° (Gardossi) e un 11° (Giacomozzi). Più attardati due "veterani" della regata: Ernesto Moresino, accreditato come uno dei possibili candidati ai primi posti, su un nuovissimo mini progettato dallo studio Felci, Tecno Plastic, già vittorioso nel campionato italiano, era 25° con oltre 30 ore di ritardo dal primo e Ettore Dottori 32°.
A completare la spedizione gli esordienti Massimo Rufini (28°), Paolo Tinari (41°) e Andrea Gancia (42°).

La prima parte della regata, 1370 miglia da Brest a Tenerife, si è svolta con venti quasi sempre portanti e in questa fase le scelte di rotta, specie al passaggio di capo Finisterre, si sono mostrate determinanti ai fini della classifica; momenti di vento fresco hanno anche messo a dura prova le attrezzature dei mini, provocando qualche avaria ma niente di grave per nessuno.
E' stato nella seconda tappa che la spedizione italiana ha perduto tre dei suoi partecipanti.
Poche ore dopo la partenza Stefano Pelizza era costretto a rientrare mestamente in porto con l'albero irreparabilmente danneggiato per la rottura di una sartia. Veramente sfortunato anche Andrea Scarpa che veniva addirittura speronato da un traghetto e poteva far rimorchiare in porto solo il relitto del suo mini. Infine si ritirava Ernesto Moresino, forse deluso dal risultato della prima tappa conclusa con un ritardo quasi impossibile da recuperare e con il gioco di vele ridotto per i danni subiti nel primo tratto.

La traversata fino alla Martinica è stata caratterizzata dalla mancanza degli alisei che hanno "risucchiato" la flotta dei mini all'arrivo di Fort de France solo negli ultimi giorni. Alla fine, dopo 23 giorni di navigazione, gli skipper che avevano lottato con venti contrari e soprattutto contro la mancanza di vento, differenziando le scelte di rotta, si sono ritrovati quasi tutti all'arrivo con scarti minimi.
Thomas Coville, su Zurich, ha vinto la seconda tappa, della quale per lungo tempo era stato un leader, ma nella classifica finale è secondo con 2 ore e mezzo di ritardo sul vincitore. Bello il terzo posto di Jean Françoise Pellet, partito da Tenerife con 11 ore di ritardo per una avaria, che ha recuperato posizioni su posizioni, risultando il più veloce nel percorrere le 2700 miglia della traversata. Sfortunato Frederic Seeten, anch'egli uno dei favoriti, terzo dopo la prima tappa, che ha disalberato poche miglia prima dell'arrivo ed è giunto al traguardo con un armo di fortuna.

La prova migliore fra gli italiani nella seconda frazione è stata quella di Massimo Giacomozzi (9°) mentre Claudio Gardossi (19°) è andato un po' sotto le aspettative. Buono il piazzamento di Massimo Rufini (12°); Andrea Gancia è arrivato in 21° posizione, Ettore Dottori, che risultava alle prese con qualche avaria poco dopo l'inizio della tappa, è arrivato al 24° posto e Paolo Tinari al 32°.
Il bilancio della spedizione italiana si conclude comunque con due italiani nei primi 10 posti della classifica finale.

Una delle avarie più frequenti sui mini è stata la mancanza di energia e questo rischia di costringere i solitari a fare a meno del pilota automatico, con la conseguenza di moltissime ore al timone e di netto calo del rendimento della barca nei momenti di riposo. Immaginiamo che gli skipper saranno arrivati molto stanchi e forse anche affamati per il prolungarsi imprevedibile della traversata (sui mini si porta il minimo indispensabile, anche di acqua e cibo).
In ogni caso la Mini Transat rimane una regata molto impegnativa, dove si naviga com mezzi sicuramente più "poveri" rispetto a quelli a disposizione degli skipper di altre regate d'altura in solitario.

Velanet seguì giorno per giorno la Minitransat 1997.


LA MINI TRANSAT

La Mini Transat è una regata atlantica che si corre ogni due anni, in solitario su barche di sei metri e mezzo, dalla Bretagna alle Antille. Si tratta di una vera "avventura", ricca di fascino e di spettacolarità.

Creata nel 1977 dall'inglese Bob Salomon, la Mini Transat è la risposta al gigantismo finanziario e ultra tecnologico delle regate transoceaniche. Si racconta, ma forse è solo leggenda, che per la prima edizione della regata Bob Salomon abbia voluto sottoporre le barche ad un "curioso" test per valutarne la resistenza: una gru sollevava l'imbarcazione fino a quattro metri sul livello del mare, e quindi la lasciava cadere in acqua. Se dopo il salto risultava indenne, poteva affrontare le onde dell'Atlantico.......
La seconda edizione passa di mano, e sono i francesi, con a capo Jean Luc Garnier, ad assumerne praticamente la paternità.

Molte cose sono cambiate da allora, e i mini sono oggi considerati "l'università" dello yacht design. È infatti in questa classe di barche che vengono abitualmente testate le innovazioni tecnologiche poi trasferite con successo nei 50 e 60 piedi oceanici: doppi timoni, serbatoi di zavorra liquida, chiglie basculanti e pinnette stabilizzatrici, sono infatti nati sui mini.
Relativamente economici, carrellabili, veloci, i mini sono oggi una grande realtà nel mondo della vela italiana. Nel 1994 è nata l'Associazione di Classe Mini Italia e all'ultima edizione hanno partecipato ben cinque concorrenti italiani, mentre nascono nuovi progetti e altri skipper si stanno preparando a vivere la grande avventura Mini Transat, in calendario per il prossimo settembre.



LA SICUREZZA E' SENSIBILMENTE MIGLIORATA NELLE ULTIME EDIZIONI, GRAZIE ALL'ARGOS CHE PERMETTE DI VISUALIZZARE DA SEI A OTTO VOLTE AL GIORNO LA ROTTA DI CIASCUN MINI.
I concorrenti devono imbarcare un EPIRB, che in caso di necessità, attiva i servizi di sicurezza internazionali. Il regolamento impone altre misure di sicurezza, come la stabilità ai piccoli angoli (ballasts pieni o chiglia in posizione sfavorevole, angolo max 10°) e ai grandi angoli (testa d'albero in acqua, la barca si deve raddrizzare con 45 chili in testa d'albero), il volume dei ballasts (max 200 litri per parte).
Il volume di galleggiamento di 1200 litri permette di resistere ad una via d'acqua e rende l'imbarcazione praticamente inaffondabile.
Il sistema Argos adottato per la Mini Transat, serve a seguire la progressione dei concorrenti e ad aumentare la sicurezza grazie ai segnali che possono inviare i solitari. Possono infatti, selezionando una funzione, avvertire di un'avaria a bordo senza chiedere assistenza. Il Comitato di Regata sa costantemente la posizione dei mini e delle barche d'appoggio che seguono la corsa.

LO SPAZIO VITALE E' SPARTANO, IL VOLUME ABITABILE RIDOTTO A MENO DI TRE METRI CUBI DOVE DEVONO TROVARE POSTO DUECENTO CHILI DI MATERIALE, LE VELE E LA CAMBUSA.
A bordo di una barca di sei metri e mezzo, lo stretto necessario deve trovare posto per permettere ad un solitario di vivere più di tre settimane in mare. Con circa 100 litri d'acqua dolce in taniche, 35 chili di cibo, un autogonfiabile e tutto il materiale di sicurezza, senza contare il volume delle riserve di galleggiamento, i cambi di indumenti e le vele, lo spazio vitale è particolarmente ridotto.
Ogni skipper deve in più dislocare buona parte di questo peso per equilibrare l'assetto della barca: al vento quando naviga di bolina, a poppa alle andature portanti e a prua con le ariette. Questi "traslochi" sistematici sono chiamati dai francesi "matossages" e sono tanto faticosi quanto indispensabili.
Passare più di dieci ore al giorno al timone, in condizioni di umidità e in un comfort alquanto precario, impone al solitario di non trascurare l'igene personale e la ginnastica quotidiana, la dieta e la gestione dei ritmi veglia-sonno.
La scelta dell'alimentazione e l'organizzazione dei tempi di riposo, sono i fattori chiave di questa transatlantica.

ATTRAVERSARE L'ATLANTICO IN SOLITARIO RICHIEDE UNA BUONA CONOSCENZA DELLA METEREOLOGIA, MA ANCHE UNA PRATICA INTENSA DI NAVIGAZIONE PER APPRENDERE LE SOTTILI TATTICHE DELLA MINI TRANSAT.
Il regolamento di stazza limita il materiale elettronico di bordo agli strumenti necessari alla sicurezza (VHF, EPIRB), all'analisi della situazione meteo (Ricevente BLU, barometro), ai piloti automatici e al minimo necessario per il posizionamento (Log, speed, scandaglio, radiogoniometro, GPS).
Il GPS è autorizzato solo dall'ultima edizione, ma i solitari devono comunque provare di sapere usare il sestante e di saper quindi effettuare una navigazione astronomica.
Le variabili condizioni meteo non permettono sempre di stabilire una tattica precisa, poichè i solitari non possono ricevere che il bollettino meteo di Radio France Internationale. Quando la propagazione delle onde radio non è ottimale, i solitari possono contare solo sul loro "senso marino", il barometro e l'osservazione delle nuvole......
Ogni skipper dedica almeno due ore al giorno alla navigazione, la tattica e la meteo.