Noi siamo con te!!! |
Questa sera vi vorrei parlare di uno di noi, o meglio di uno che a noi
ha insegnato molte cose sui mini e
che continuerà ad insegnare molto sulla vita.
Questa sera vi voglio parlare di Ettore Dottori.
Ettore, o meglio "il nonno" come lo chiamiamo tra i ministi, oggi ha
ripreso il largo con il suo proto
Finot-Conq "AURA" e sta navigando verso sud determinato come sempre.
Dopo due edizioni della Minitransat in solitario una in coppia ed una
attraversata atlantica su di un
Figarò Ettore continua ha sentire il richiamo dell’oceano.
Non vi parlerò dei motivi che lo spingono a vivere il mare o
delle sue esperienze sui mini, se volete, non
appena torna potrete chiedere direttamente a lui, io vi racconterò
come Ettore ha affrontato la
partenza della sua Minitransat ’99.
Massimo Rufini che di Minitransat se ne intende, quando comperai il
suo "Hasta Siempre!" mi disse che
riuscire ad essere pronti e preparati alla linea di partenza della
regata voleva dire avere già risolto il
60% dei problemi.
Aveva assolutamente ragione.
Ma le cose, soprattutto se si parla di mini, non vanno sempre secondo
i piani.
La barca di Ettore è nata dal cervello di Finot, nel cuore di
Ettore e dalle mani di alcuni ragazzi che con
il carbonio ci fanno anche l’albero di Natale. Tutto perfetto se non
fosse per il tempo. Già ma il tempo
necessario a contattare il progettista, a discutere con lui le modifiche,
a trovare il cantiere giusto ed
infine a realizzare il progetto il nonno non ce lo aveva.
Ma lui testardo come sempre è riuscito a coinvolgere gli sponsor
e con loro ha iniziato la realizzazione di
AURA. La barca è uscita dal cantiere il giorno che l’abbiamo
caricata sul mio carrello per portarla a
Concarneau. Avete capito bene, lavorando tutta l’estate la barca è
stata costruita e trasportata a
Concarneau ma non c’è stato il tempo per fare le prove, i collaudi,
insomma per navigarci. Che si poteva
fare, rinunciare? Ed agli sponsor che si racconta, a tutti quelli che
nel progetto ci avevano speso fatica
e denaro che si poteva dire? E poi, infondo a Ettore l’oceano manca
sempre.
E allora via, si parte per la Bretagna, si mette la barca in acqua
si arma e ci si presenta tre giorni prima
della partenza alla prova di stazza obbligatoria.
Dopo mesi di lavoro con la preoccupazione costante di non arrivare
in tempo, la barca è finalmente
pronta, bellissima e sicuramente veloce.
Prima prova il pescaggio. Il mini viene infilato con a bordo solo zattera
e batterie sopra ad una speciale
struttura in alluminio che è tarata a due metri, il limite massimo
di pescaggio. La barca avanza e noi
tranquilli ci preoccupiamo più di non farla toccare contro le
sponde del molo che dello stazzatore. Ma
tragedia delle tragedie, la barca si ferma, il siluro là sotto
non passa. Si controlla e si ricontrolla ma non
c’è niente da fare, la barca pesca tre centimetri di troppo.
Tre schifosi centimetri di troppo. La sola
cosa da fare è stata trainare la barca dal porto turistico a
quello commerciale dove si trova la gru,
disarmare, caricare lo scafo e la chiglia sul carrello di Roberto Varinelli,
il mio era ritornato in Italia con la
mia barca, portare il tutto in cantiere da Fagnen a 250 km tagliare
la lama in carbonio, rimontare il tutto
ed adeguare la scassa della deriva alla nuova chiglia. Nel frattempo
Conq il progettista ha ricalcolato il
momento raddrizzante e le forze applicate nel punto di giunzione scafo/chiglia.
La barca ritorna a Concarneau, si rivernicia il tutto di un bel arancione
fosforescente come imposto dal
comitato di regata, si riarma e si va in acqua. Il giorno dopo, 48
ore dalla partenza la nuova prova di
stazza, ma la barca è a posto, passa perfettamente al pescaggio.
Nel pomeriggio, alle 17.00, la prova di
raddrizzamento. Il mini viene legato di prua e di poppa a circa 13
metri parallelo al pontile, in testa
all’albero, su di una drizza si fissa una cima. In 3 persone si comincia
a tirare finchè la barca non è
perfettamente sbandata sull’acqua, la chiglia fuori e la testa dell’albero
che sfiora la superficie. A
questo punto vengono fissati 48 kg alla drizza, si lascia il tutto
e la barca deve rialzarsi, dovrebbe
rialzarsi. Ma AURA rimane ferma immobile con l’albero in acqua. Ci
siamo guardati tutti negli occhi, in
silenzio, nessuno osava dire una parola. Ettore, senza esitazione tranquillo
e determinato ha capito che
l’unica cosa da fare era aggiungere peso sul bulbo, o meglio, rifare
la prova da capo, calcolare il peso
necessario, riportare la barca alla gru tirarla fuori applicare 20
kg di piombo al bulbo, resinare, stuccare,
verniciare di nuovo e rimettere la barca in acqua per rifare nuovamente
la prova di stazza. Il tutto
durante la notte.
Al mattino alle 07.30 del giorno precedente la partenza l’ultima possibilità.
Si rifà la prova di stazza e
tutto è a posto.
Tutto potrebbe essere a posto.
La sera prima della partenza scendo sul pontile e mi fermo vicino ad
AURA, la guardo e mi chiedo che
avrei fatto io se fossi stato al posto di Ettore.
Arriva il giorno della partenza, le barche vengono trainate fuori.
La giornata è magica, il cielo, le nuvole,
l’oceano tutto è incredibilmente grande e luminoso.
Viene dato il segnale e le barche partono verso la prima boa, noi siamo
in quattro su di un motoscafo e
seguiamo Ettore da vicino. Ad un certo punto Ettore ci fa segno che
qualche cosa non funziona, il
pilota appena viene inserito su Auto, porta la prua alla puggia deciso.
Mentre rientriamo per capire cosa
succede salgo su con lui e cominciamo a fare prove. Ad un certo punto
sentiamo un rumore sordo che
molti di noi hanno provato, qualche cosa ha mollato. Gli occhi vanno
d’istinto all’albero, là a dritta in
alto la sartia alta è in bando.
Si rientra. Il pilota viene riparato in un ora. Il problema era nel
rilevatore dell’angolo di barra, cose che
succedono con l’elettronica. Si sale in testa d’albero, e scopriamo
che durante i vari monta e smonta
dei giorni passati, nella fretta, una piomba non ha tenuto alla perfezione.
Si ricontrolla tutto, si rifanno
le piombe, la barca è finalmente pronta a ripartire. Ma anche
molti di noi devono ripartire: chi per
continuare la regata chi per tornare in Italia. Ettore decide che non
tutto è perduto, vuole aspettare
qualche ora per riposare, lasciare passare la depressione annunciata
e ripartire all’inseguimento degli
altri concorrenti. Sa di avere perso parecchie centinaia di miglia,
ma sa anche che ne mancano ancora
più di 4000 e che quindi bisogna tentare.
Oggi, come dicevamo, Ettore è ripartito, non vuole dimostrare
nulla a nessuno, può permettersi il lusso
di non dover dimostrare nulla a nessuno. Ma a lui piace navigare, e
quindi buon vento, amico mio.
Ho pensato a lungo se scaricare sul nostro sito questo racconto. Alcuni
mi hanno rimproverato dicendo
che si poteva dare l’impressione che gli italiani sono arrivati alla
mini poco preparati. Io l’ho vissuta fino
in fondo la preparazione di questa Minitransat,ho vissuto le sofferenze
di chi aspetta notizie di amici
dispersi in mare e l’immensa gioia di chi gli amici li ritrova,questa
non è la mini di gente poco preparata,
è la mini di gente che deve lottare ogni giorno per poterci
essere, per trovare i soldi, per costruire la
barca entro i tempi, per navigarci e se possibile vincere. Ettore,
Roberto, Stefano, Francesco e molti
altri sono la dimostrazione che i soldi sono una componente rilevante
e necessaria, ma l’umanità, il
coraggio e la determinazione rimangono le doti fondamentali per realizzare
il sogno Minitransat.
Luca
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