STEFANO PALTRINIERI RACCONTA..

Cari amici ministi,
non vi nascondo che organizzare queste righe mi risulta penoso. Inutile nascondersi dietro un dito: Il colpo è stato duro! Ventidue anni di attesa sognante, cinque anni di preparazione di cui gli ultimi due full-immersion, sacrifici economici rilevanti si sono liquefatti in 10 secondi.

Sto reagendo, è ovvio, cerco di prefigurarmi un nuovo futuro da minista, in questo senso il disastro mi ha ringiovanito di 20 anni, mi sto rituffando nel sudato mondo del triathlon, ce la metto tutta insomma. Tuttavia ripensare ai mesi serrati della vigilia ed alla "scuffia" fa ancora molto male.

Mio malgrado ho vissuto una esperienza sicuramente unica: la materializzazione dei nostri peggiori incubi. Da questo osservatorio lugubremente privilegiato posso trarre qualche spunto di riflessione tecnica che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione, augurandomi vivamente che nessuno di voi abbia in futuro l'occasione di "arricchire" i miei spunti coi propri.


Dove è accaduto l'incidente
Mercoledì 29-09 alle 8:42 GMT 40 MM a Nord-Est di Capo Finisterre.
 

Condizioni del vento
35 nodi fissi, raffiche a 42÷44 rilevate 10 minuti prima della "scuffia" con anemometro a mano. Il mare, grosso, non appariva il killer che si è dimostrato poi. Mi era parso più incrociato e "pinnacoloso" la notte precedente.
 

Condizioni di navigazione
Mura a sinistra con 3 mani di randa e 1 alla tormentina, velocità 5÷5.5, rotta 285° con tendenza alla scarso. Andatura bagnata ma appagante e, nei limiti, redditizia.
 

Come è successo
Sto per entrare in cabina per fissare il punto sulla carta e riposare. Apro lo sportello d'entrata (altrimenti sempre ermeticamente chiuso), alzo lo sguardo come sempre e "lo" vedo arrivare: è un frangente basso, uno "schiumone" lungo, veloce ma assolutamente non mostruoso all'apparenza.

Nei pochi secondi che mi separano dal suo arrivo non ho il tempo di riserrare il tambucio del resto mi sembra che accostarlo basti, tutt'al più imbarcherò due litri di acqua in più.

Invece ........ mi colpisce e mi sembra di essere calato in fiume. Mi trovo sbalzato sottovento coi piedi sul tangone e, guardando verso poppa osservo la scena: pozzetto a 90°, breve sosta con l'albero in acqua (due secondi), fragore dell'albero spezzato (così almeno mi sembra), il pozzetto supera velocemente la verticale, scuffia, sono in acqua.

Avverto che qualcosa ostacola la mia risalita (cinque secondi di paura, gli unici) credo la battagliola ed il boma. Mi spingo sott'acqua premendo con le mani contro "qualcosa" sopra di me fino a riemergere a poppa: sono salvo, peggio di così non può andare. Per un minuto non capisco più niente. Rabbrividendo per lo shock (non sento freddo) brancico con le mani sott'acqua per cercare la balise ma non riesco a realizzare dov'è, a ricordare dov'era assicurata. Poi mi calmo, indosso la provvidenziale maschera subacquea e tutto mi si facilita "vedo", prendo e attivo la balise, estraggo con facilità la zattera dal "trespolo" poppiero e la gonfio.

Il tempo di assaporare il rifugio che potrà darmi che un frangente strappa la cimetta. Tenuto conto del vento a 40 nodi, constato che la sua ancora galleggiante deve essere ben efficace se si allontana così lentamente. Di raggiungerla a nuoto, comunque, neppure parlarne. Sull'opera viva allora, legato alla chiglia per 6 ore.

A questo punto qualcosa di modifica nell'equilibrio della barca; il timone sottovento tende a sommergersi, la chiglia non è più verticale. Decido allora di forzare le cose: mi appendo alla pinna, tiro e .... Duchessa si raddrizza! Salgo da poppa, mi pare di essere tornato a casa! Uno sguardo all'interno mi riprecipita nello sconforto. Non mi cimento neppure nella descrizione. La barca è semisommersa sono senza zattera: non ho dubbi ed attivo subito l'EPIRB. Dopo 15' di attesa ingannata tentando di sgottare qualche centinaio di litri d'acqua l'elicottero giunge a recuperarmi. E' finita, tutto è finito.



Detto questo, mi scuso la prolissità, ma in minor tempo non mi è riuscito di descrivere l'accaduto, azzardo alcune ipotesi su particolari che potrebbero aver determinato o aggravato il bagno.

Se:

- sullo scarso del vento avessi virato avrei subito il mare più in prua e meno al traverso,
- fossi stato al timone avrei potuto orzare contro il frangente come già altre volte,
- il tambucio fosse stato ancora chiuso la barca si sarebbe raddrizzata subito, anche se disalberata,
- avessi rifatto la prova di raddrizzamento dopo aver "segato" la chiglia di 1 cm forse avrei dovuto riappesantire il bulbo di qualche chilo,
- non avessi assicurato sopravvento, oltre ai 200 kg di ballast, altri 80 kg circa di materiale, non avrei subito il K.O. a 180° dopo che lo sbandamento aveva superato i 90°,
- non avessi dovuto posizionare i 38 kg di zattera 14 cm più in alto secondo le nuove regole ......
- non mi fossi arreso subito attivando la balise, avrei potuto tentare subito il raddrizzamento, operazione che, in fondo, 6 ore dopo mi è riuscita.

Se, se, se .... In fin dei conti, penso comunque, che se Mike Tyson ti atterra con un cazzotto hai un bell'elucubrare sulla difesa troppo bassa o sullo scarso gioco di gambe, vai giù e basta!

Dopo l'incidente ho sicuramente tratto vantaggio da alcune precauzioni:

- fondamentale la maschera subacquea fissata a poppa ci vorrebbe anche in cabina,
- non avere in dotazione la cartuccia per il gonfiaggio automatico del giubbotto: da come ne sono uscito, in immersione, il giubbotto gonfio penso mi avrebbe ostacolato,
- la cimetta con maniglia passata intorno alla zattera mi ha permesso una estrazione veloce della stessa,
- le volanti sottovento ben fissate verso prua con un elastico; fossero state in bando, temo che mi avrebbero potuto "imbrigliare" quando l'albero si è spezzato, considerata la mia posizione di fianco alla tuga,
- non utilizzare le life line ma una lunga cima fissata all'albero soprattutto in previsione di un 360° che non ho comunque sperimentato,
- legare il coltello (oltre all'EPIRB e una torcia che consiglierei di fissare a poppa) il più basso possibile a barca dritta per accedervi al meglio a barca rovesciata,
- in condizioni limite tenere sempre in tasca generi di conforto. Io avevo del tè in polvere e se avessi dovuto trascorrere la notte sulla chiglia, non essere in totale ipoglicemia, mi sarebbe stato utile per aiutare i soccorritori ad aiutarmi il giorno successivo,
- fissare il frontalino al collo con uno stroppo, che ho sperimentato, immagino mi sarebbe stato utile in caso di scuffia notturna,
- le due scalette da alpinismo legate ad ogni balcone di poppa avrebbero facilitato la mia risalita in caso di 360° a barca disalberata e perfettamente galleggiante.

Alla fine consentitemi una amara e disillusa constatazione.

Ammettiamolo, anche se a denti stretti: in oceano in certe condizioni meteo i mini 6,50 sono pericolosi. Io ci ho picchiato il naso ad onta della preparazione che ci avevo dedicato e della sensazione di sicurezza assoluta che avevo quella mattina. Vanno proprio giù e non è questione per barche estreme se è vero che almeno 3 Pogo di serie sono naufragati in questa mini '99.

Credo che non dobbiamo rinunciare alle meravigliose sensazioni che le nostre barchette ci possono dare, ma utilizzarle con un alto grado di consapevolezza e di umiltà.


A presto

Stefano


Stefano Paltrinieri partecipava a questa Minitransat con il Tè Salt "Duchessa", nelle foto sopra.


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