AVVENIMENTI E IMPRESSIONI...

Che strana Minitransat!

Non avevo mai vissuto la Mini in questa maniera…
Fin dall’inizio, fin quando ancora la mia barca era in cantiere sentivo che sarebbe una Mini diversa…e lo è stata. Lo è stata per molti aspetti, tecnici, umani e psicologici.
Ce l’avevo messa tutta per essere a Concarneau, veramente tutta, mai come questa volta i miei sforzi per essere sulla linea di partenza sono stati così determinati…eppure così vani.
Ho fallito, ho fallito la dove forse meno me lo aspettavo, su piccoli dettagli…un gruppo che non dava la 220 volt, un po’ di sicaflex dimenticato sui bulloni della chiglia…Una chiglia che mi ha fatto dannare…prima troppo lunga…poi troppo leggera…giorni e giorni di stress per far tornare tutti i conti, per prendere il via insieme agli altri, fino all’ultima ora con la resina e pezze, con chiavi e cacciaviti, per non far svanire un sogno, mesi e mesi di lavoro…per non arrendersi alla sfortuna, all’incompetenza di chi il mare e le barche dovrebbe vederle solo in cartolina.
Ma alla fine il risultato non è cambiato…ho dovuto invertire la rotta una prima volta a causa del mio pilota e di una sartia che ha ceduto ancora prima di tagliare la linea di partenza…poi di nuovo ho ripreso il mare, solo…con la sola voglia di arrivare ad ogni costo…fino a quando sul fondo dello scafo, la prima notte ho trovato venti centimetri d’acqua, il gruppo e tutto il resto affogato dentro…tutto quello che mi rimanevano erano venti ore di autonomia. Ho cercato di proseguire perché malgrado il mare duro, onde e vento come mai ne ho viste nel Golfo di Guascogne, la mia barca “teneva” e andava via sulle onde a sei sette nodi con tre mani e tormentina, sprofondava, si schiantava…rintronata si alzava e via di nuovo fino al prossimo schiaffo che di lì a pochi secondi impietoso, feroce ci avrebbe colpito.
Ma ormai non toglievo più l’acqua nemmeno con la sassola, direttamente con il secchio, il pilota nel frattempo cominciava a non avere più la forza di tenere la barca sulla rotta…e le botte diventavano allora violente, il gruppo malgrado fossi riuscito a farlo ripartire non ne voleva sapere di darmi un po’ di elettricità…e la fatica di stare al timone in continuazione rinchiuso nella tuta di sopravvivenza, senza più la possibilità di avere un po’ di conforto nel pensiero di lasciare il timone e rifugiarsi all’interno senza rischiare di perdere la barca preso da una di quelle maledette e mostruose onde mi faceva paura.
A malincuore ho di nuovo invertito la rotta…impossibile continuare, sarei andato seriamente in contro a grossi problemi perché la situazione meteo non migliorava, perché se avessi dovuto atterrare per un emergenza sulle coste spagnole non avevo le carte dimenticate la mattina della partenza al bar del porto…Unica soluzione tornare a Concarneau aiutandomi con il libro delle correnti e delle maree…ma un rientro altrettanto difficile perché il vento dopo appena quattro ore dalla mia decisione di fare marcia indietro girava a nord-ovest obbligandomi ancora a 48 ore di bolina dura, difficile…insopportabile 25, 30 …50 nodi sotto raffica…e quante raffiche, non le contavo più! Pilota NKE fuori uso, barra legata leggermente sopra vento, tre mani e tormentina, la barca teneva la rotta discretamente e mi permetteva di allungarmi ogni tanto sul fondo del pozzetto, dove docce gelate arrivavano in continuazione…ma dentro era peggio, avrei rischiato di annegare se mi addormentavo!
Arrivo nella baia di Concarneau domenica alle 15.00 se fossi arrivato di notte sarebbe stato un incubo, ritrovarsi là in mezzo a tutti quegli scogli senza una carta…per fortuna conoscevo un po’ i luoghi per averli già frequentati e stanco morto, con un vento che andava calmandosi man mano che mi avvicinavo, incrociavo i mini che erano rimasti a Concarneau e che finalmente avevano deciso di ripartire dopo avere atteso il bel tempo…che strana mini è stata e mi chiedevo mentre con la mano salutavo i concorrenti che si apprestavano a preparare i loro spinnaker…Quanta rabbia…ingiustizia o forse era solo invidia, chissà…
C’è mancato poco per compiere un bel exploit, stringere i denti, farsi violenza…andare fino in fondo anche sapendo che non ce l’avrei fatta senza perdere la mia barca? Forse la vita! E’ sottile il filo che ci tiene appesi…si sarebbe potuto rompere da un momento all’altro… C’è mancato poco per compiere un bel exploit, ma quel poco era di troppo, troppo domandare ad una barca che solo 20 giorni prima era ancora in cantiere, di andare fino in fondo…ci sarei riuscito se qualcuno avesse fatto meglio il proprio lavoro…e non parlo della mia equipe…anzi è grazie a loro che sono riuscito a partire, è grazie a loro che ne un bozzello, ne una cima, ne una vela ha lasciato, al mio rientro a Concarneau dopo quattro giorni di mare forza 7-8.Tutto era perfettamente al suo posto…anche la chiglia che tanto mi faceva tremare quando la barca ricadeva pesantemente nel cavo dell’onda e sembrava che tutto si sconquassasse, era lì saldamente al suo posto…eppure qualcuno diceva che l’avrei persa…e questo qualcuno si chiamava nientemeno che Pascal Conq…o Thierry Fagnen!
Avevo deciso di installare una chiglia smontabile, il lavoro fatto da Jano (Massimiliano) era di tutta la barca quello di cui ero più sicuro…che mi dava più fiducia…mi sarei aspettato una delaminazione, lo scollamento di qualche longherone o madiere…ma della chiglia ero sicuro al 100 % e ho difeso questa idea per ore al telefono con lo studio Finot, e ancora in cantiere da Fagnen quando ho dovuto riportare, a tre giorni dalla partenza, la mia barca per fare accorciare la chiglia di 5 centimetri! Oppure quando venerdì a due giorni dalla partenza, la barca di nuovo in cantiere per aggiungere altri 20 kg di piombo sul bulbo perché non si raddrizzava alla prova di sbandamento…Certo poi il sicaflex diventa un dettaglio…il gruppo, la verifica che funzioni al 100% diventa anche un dettaglio. Ma sono questi che mi hanno fatto tornare indietro, i dettagli appunto ...non le persone che credono sempre che gli errori siano degli altri…Finot, il grande Finot si era sbagliato e io avevo ragione…almeno è stata una bella soddisfazione.
Tutti abbiamo dato il massimo, Alessandra, Enrico, Luca, Franco, Jano, Carlo, Tonino, Angelo, Marco…Mylene…Tutti hanno sperato che ce la facessi…invece no, non ce l’ho fatta e me ne dispiace, ma chi mi conosce sa che se ho rinunciato era perché veramente non potevo fare altrimenti. Se avessi avuto una barca non dico a punto, ma pronta, qualche giorno in più per rimediare a quei “dettagli” che mi sono costati l’abbandono…forse sarebbe stata una regata fatta per me…che avrei potuto anche vincere, ma con i “se” non si va lontano nella vita.

PRIMA TAPPA MINITRANSAT '99


A volte penso ai più preparati che ora sono al sole di Lanzarote…ma se è vero questo è anche vero che i miei compagni italiani dovrebbero essere tutti li ora, Andrea Gancia, Stefano Pelizza, Francesco Pelizza…Stefano Paltrinieri.
So con quanto impegno, dedizione e competenza hanno preparato la loro Mini, e avrei voluto che questo fosse sufficiente a proteggerli da qualsiasi condizione meteo avversa, il loro coraggio è tutto il loro onore…forse adesso c’è chi dell’onore non se ne fa proprio niente, come Franceso e Stefano che hanno perso la loro barca, ma tra qualche tempo sono sicuro diranno: ”Io alla Mini del ’99 c’ero, sono partito, ero terzo, quarto…nono, viaggiavo come un treno…”
E’ la magia del mare…della Mini, una Mini strana, diversa…fatta di piccole barche e di grandi uomini, di grandi sogni e di umili desideri.
Una Mini che deve farci crescere, nel segno di un’amicizia sincera e senza rancori…
Ora la consolazione più grande è che da ieri a Lanzarote c’è Roberto Varinelli.
Dopo due settimane di navigazione dura, con uno scafo che, danneggiato sulla linea di partenza, ha continuato a fare acqua fino all’arrivo.
Se la Mini non è solo una regata ma una prova di resistenza psicologica, Roberto “acciugone” per gli amici, sotto questo punto di vista meriterebbe veramente di vincerla. Lontano da quel cattivo spirito di competizione che a volte ci rende regatanti incoscienti dei nostri propri limiti e non marinai.
Roberto sta veramente tenendo vivo per tutti noi lo spirito di questa regata, che non è fatto solo di sponsor, di barche tirate oltre ogni limite, ma soprattutto di amore per il mare. La Mini è la sintesi dell’armonia che ancora può esistere tra noi uomini e marinai con la natura. E parlo di armonia per tutti quelli che pensano di poter soggiogare il mare solo a forza di tecnica, di fisica e di equazioni matematiche, di barrette energetiche, di peso forma e di carbonio.
Quello che mi dispiace veramente è che Roberto a causa delle sue tante avarie non abbia avuto il tempo di cucinare i tanti piatti che ci aveva descritto durante il tragitto fatto insieme sulla sua vecchia Jeep mentre riportavamo la mia barca al cantiere di Fagnen a La Trinitè sur mer per accorciare la chiglia…In questi giorni, dopo tutte le disavventure di questa prima tappa della Mini, le ansie, le angosce la psicosi di tanti, avrei voluto pensarlo in mezzo al mare con il suo sano e succulento piatto di spaghetti…La vita è fatta di piccole cose, anche di queste, e la Mini altro non è che una piccola sintesi della vita.
Grazie acciugone... continua a farci sognare e spero che il tuo prossimo sponsor sia la "Barilla".

Ettore Dottori





Roberto Varinelli


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