A proposito di barche carrellabili da autocostruirsi……

 

In un mondo di nautica plastificata in tutti i sensi, dove le barche rappresentano solo un oggetto di consumo, destinato a pochi, dove sembra che lo sport della vela, sia qualche cosa solo da comprare e vendere e non una competenza affinata con  anni di pratica e di tentativi, ci sono ancora persone, riunite in associazioni che si impegnano per sviluppare la cultura della marineria a vela, come passione pura e genuina, come risultato di un impegno soprattutto culturale. 

Una di queste, i Venturieri, oltre che promuovere l’insegnamento delle tecniche di vela e di navigazione, l’organizzazione di crociere e di visite guidate a musei e a luoghi storici, nonché a ricerca scentifica e naturalista, da qualche anno promuove, all’interno di una importante manifestazione, una dimostrazione che ha lo scopo di rendere possibile, per chiunque ne abbia la voglia , l'autocostruzione un piccolo veliero, di un pezzo unico, espressione della propria passione di andar per mare. 

Il risultato è,  che possibile andare dalle parti di Chioggia, ai raduni dei Venturieri e trovare barche bellissime, spesso di piccole dimensioni, lontani anni luce dai manufatti industriali. 

Non è solo un recupero di una tradizione, o il nostalgico rivolgersi ad un passato ritenuto migliore dell’oggi, ma è una vera e propria rivoluzione culturale, che incomincia dalle piccole cose

La navigazione da diporto è essenzialmente un passatempo, ma che può portare, alla lunga, anche a una rivoluzione nel modo di percepire i valori, che si allontani finalmente dal consumismo video condizionato e dalla necessità di far soldi in qualunque modo, perché si deve comprare, comprare…....   e consumare.

Perché  questo sia possibile occorre anche  la disponibilità di architetti, magari anche di fama, che siano disposti ad impegnare  una parte del loro tempo nella progettazione di piccoli scafi  per la crociera costiera, relativamente facili da costruire, da carrellare e dotati anche di un aspetto estetico  gradevole.

Dietro a questi disegni si vede il desiderio di dare un contributo allo sviluppo di una coscienza nautica rivolta versa la vela, che si distingua  dall’approccio al mare con mentalità automobilitica (la barca deve avere un volante, tanta velocità, in modo da raggiungere velocemente la metà e scappare al sicuro appena si alza una bava di vento e soprattutto arrivare in tempo prima che la pastasciutta si scotti) e soprattutto faccia capire  che invece che stare al porto a sospirare, guardando i barconi di lusso, che oltretutto stanno fermi tutto l’anno o quasi, è meglio  organizzarsi e provare a procurarsi una barca, piccola ma vera.

Naturalmente l’autocostruzione ha solo in minima parte un valore di risparmio economico, la sua vera funzione è la realizzazione di un oggetto fatto con le proprie mani e quindi, conosciuto in tutti i suoi particolari, cosa molto importante ai fini della sua robustezza e quindi sicurezza intrinseca. 

In altre parole, l’autocostruzione costa, in i ricerca e organizzazione del progetto ed in pazienza, impegno, arrabbiature, mal di fegato, periodi di depressione, seguiti da pericolosa euforia, e sopratutto, si rischia lo scoraggiamento e l'abbandono. Roba da arricchire un gran numero di psichiatri. In ogni caso, come dicono quelli che sono arrivati in fondo, una bella esperienza. 

Nel mio caso, avendo la manualità tipica di un orso polare, manifesto una ammirazione smisurata nei confronti di chi  riesce, e spesso anche bene, in questa attività veramente creativa.

Avere la speranza di vedere le nostre coste percorse da piccole, ma belle barche a vela, di tutti i tipi possibili, incluse giunche, praho, sanpan, drakkar, triremi, ex scialuppe di salvataggio, vasche da bagno, oltre che quelle prodotte professionalmente dai cantieri mi fa pensare agli architetti  dell'autocostruzione come benefattori dell’umanità. Almeno di una certa umanità 

 

Vorrei, quindi spendere due parole, a favore dell’ architetto Rodolfo Foschi, e dei Suoi progetti a favore dell’autocostruzione. 

Chi legge bolina da molti anni avrà trovato gli articoli del nostro architetto sul metodo cuci e incolla e sul bolina 599, barchino deriva mobile di 6 metri. Sempre su questa rivista sono apparsi un catamarano di 7,30 metri, ed altri progetti di piccole dimensioni non carrellabili, da realizzare in ferro-cemento o in acciaio. 

Tempo fa Rodolfo Foschi progettò, per i Venturieri di Chioggia, una barca d’altura di soli 8 metri di lunghezza per 2,50 di larghezza e due tonnellate di dislocamento, Il venturiera. A mio parere, questa barca  potrebbe essere altermativa agli Yacht d’altura carrellabili che si possono trovare sulle pagine web nord americane, dove il trasportare la propria barca per raggiungere una nuova costa, navigare e riportarla al rimessaggio abituale, magari in una fattoria, è un fatto normale. Sto pensando al Flikka http://www.geocities.com/Yosemite/Forest/2727 di cui si trova molto sul web,, ma gli esempi sono a decine. Certo la Venturiera pesa, per trainarla ci vorrebbe un grosso fuoristrada, ma per un programma di navigazione che prevede di cambiare spesso il luogo di crociera, e magari di affrontare i mari del nord Europa, potrebbe essere una soluzione ottima. Peccato che per ora, di questa barca, esiste un solo esemplare.

 

La collaborazione con i Venturieri, nonchè con la rivista bolina, è stata particolarmente fruttuosa per le piccole carrellabili dell'architetto Foschi.

Cito solo i più recenti: il Solaria, il Solaria 2 (5,80 m a deriva mobile), il Buonvento, (5,50m) ed il Primovento. 

 

Un modello di Solaria, miniyacth a deriva mobile di 5.80 metri è stato costruito da due studenti fiorentini. Si chiama Andaura (dai nomi di costruttori Andrea e Laura) dove l’Andrea in questione fa di cognome Foschi).  Si può leggere una breve resoconto sul numero 100 di Bolina.

Della seconda versione, il Solaria due. un primo esemplare fu assemblato durante il Navalis 2003, dai Venturieri di Chioggia., che scommisero anche di finirlo entro la manifestazione.

 

 

Sollecitato da molti nel 2004 il Foschi disegnò un sloop/cutter , di cui un appassionato (Alfredo Soda) ha costruito il primo esemplare, grazie anche al sostegno economico della rivista Bolina. Il tutto fu raccolto in un libro contenente le istruzioni per l'autocostruzione col sistema cuci e incolla e i piani del Buonvento. Un corso di autocostruzione del Buon vento fu organizzato in casa dei Venturieri, presso il cantiere di Massimo Perinetti a Choggia.

 

  Ed quest'anno, al Navalis 2007, un ulteriore passo. Il primo raduno dei Buonvento.                 

e la costruzione in 9 giorni del Primovento. 

Quest'ultimo progetto è da considerarsi, dal mio punto di vista, la miglior risposta alla politica vessatoria all'italiana dei posti barca . 

Succede anche questo, che barche di dimensioni piccole, vengano di fatto cacciate dal posto barca in cui sono stati per anni, con la richiesta di un canone annuale da nave mercantile. Il tutto viene fatto per ospitare barche grandi e lussuose di proprietari che pagano cifre senza guardare, tanto hanno il denaro facile. L'ultimo caso, ad un ex porto turistico comunale, ceduto ad una società privata che lo farà diventare un marina di lusso, ossia un incrocio fra un garage per barche ed un struttura alberghiera, hanno chiesto per un 25 piedi a vela, 6.000,00 euro all'anno . 

 

 

Dimensioni:
Lunghezza           m. 5,20
Larghezza            m. 2,16
Immersione         m. 0,15 / 1,10
Albero altezza      m. 6,30 dalla chiglia, m. 5,50 da sopra tugaSuperficie velica mq. 15,0

le foto provengono dalla pagina web dei Venturieri di chioggia.

 

Il Primovento può fare a meno del porto,  è una deriva da campeggio velico, e non ha neppure bisogno del motore, perché è attrezzata per essere spinta anche con un coppia di remi. E' una barca modernissima nella sua concezione,  da utilizzare anche nei raid velici, come la Velalonga o la Fizcarraldo cup.

Ultimo appunto: cè anche un BUONVENTO più grande; vicino Borgo San Lorenzo, è in costruzione un GRANVENTO, circa 7 metri ulteriore progetto delL'architetto Foschi. La notizia è stata inserita sul web da Luigi Scarnicchia http://www.cantierino.it/AGALLERIA/Granvento.      

Attendioma fiduciosi la conclusione dell'impresa 

Continua.................

 

Alfredo Vincenti

30 settembre 2007





La barca ideale?....................

Ma in fondo che cosa è un barca ideale se non la manifestazione di un archetipo presente in noi e costituito da esperienze infantili, dai libri letti da ragazzi e poi riletti da adulti, dalla visione del mare in un momento di tempesta e lo stesso mare calmo e solitario? Poi ci sono i libri, le riviste, le ultime novità del salone de Genova, anch’esso un mito, i pareri dei tecnici, dei regalanti, dei navigatori di lungo corso. Si rileggono i libri di Moitessier e di Guzzwell, di Carozzo e di Janichon, di Larsson e di Preden, solo per poter dire: "- La barca giusta  deve essere fatta così:  di legno, di ferro, di alluminio, di carbonio, di calcestruzzo, di acciaio inossidabile e oltre… Deve essere pesante, pesantissima, leggera o leggerissima, a bulbo o a deriva mobile, con 2 ali ecc.  Deve essere armata a ketch, sloop, cutter, goletta, con un albero, 2 alberi, 5 alberi."-

 Per forza i progettisti si disperano di fronte a tante e così contraddittorie richieste!

I cantieri navali se la cavano meglio perché seguono tutti più o meno le stesse tendenze;  la concorrenza è più sul saper vendere le barche che sul saperle fare. Tanto galleggiano tutte, navigano poco e nessun proprietario ammetterà di aver scelto una barca assolutamente inadatta al proprio carattere. Che figuraccia, piuttosto si cambiano le abitudini. 

Se invece l’ideale nautico è così forte da resistere alle facilitazioni del prodotto industriale,  allora iniziano i dolori dell’autocostruttore.

Leggere sul web le confessioni dei costruttori dilettanti su cantierino.it    o sulle  pagine personali   è molto istruttivo, si può pensare  di utilizzarli per  studi di psicologia archetipica.

Ma all’idea stessa della barca ideale non ci rinuncia nessuno, e le ragioni tecniche, progettuale o economiche, influenzano le scelte in maniera marginale.

Ecco perché quando ho visto i disegni del Buonvento di Rodolfo Foschi ho avuto un sussulto.

E' un piccolo veliero, fatto in compensato marino,  armato a cutter e abbastanza pesante, solo un poco  piccolo per me.  Fosse stata lunga sette metri, sarebbe la barca giusta per i miei desideri. Carrellabile, anche se non facilmente, con sufficiente spazio per un solitario o una coppia per crociere di una settimana al massimo. Veramente io non ho mai costruito nulla, oltre che non avere proprio il tempo e lo spazio fisico, mah!

Poi sono state pubblicate le notizie sul Granvento, http://www.cantierino.it/AGALLERIA/Granvento.    e l' ho vista. 

Ho avuto uno cambio di E. mail con l'architetto Foschi, sempre più asserragliato nel suo studio Fiorentino a causa di un notevole numero di committenti sognatori, ma che ha trovato il tempo di rispondermi e di mettermi in condizioni di contattare Carlo Alberto Pini. Quest'ultimo signore che, a quanto ho capito, fa un mestiere che non ha niente a che vedere con l'artigianato e le abilità manuali che si danno per scontate a uno che  costruisce una barca con le proprie mani, insieme ad un amico, Mauro, ha impostato il Granvento. Sempre per posta elettronica ho avuto qualche fotografia. 

La Southern Star, questo è il suo nome, non è agevolmente carrellabile, perché pesa circa 1800 chilogrammi. Il  programma è il varo entro questa estate, il trasporto su un camion fino alla costa adriatica e da lì rotta verso la Croazia. 

Farò di tutto per essere presente alla fine del lavoro, fare un poco di foto e una montagna di domande. Ho paura che il Granvento sia la barca ideale. Ovviamente per me. Ma chi sa da quale da quale angolo della mia mente nauticamente distorta arriva questa convinzione?

Le foto immediatamente sotto sono del disegno preliminare e del modellino realizzato. Le successive sono del prototipo.

 

 

Continua.................

 

Alfredo Vincenti

30 Marzo 2008

 

 

 

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