Le teorie di Russel (che fondò l'Istituto di Architettura Navale nell'ambito della Royal Society e progettò personalmente numerose navi tra cui la più grande del suo tempo: la Great Eastern) ebbero enorme influenza sulla progettazione navale sino alla metà del XX secolo.
E' quindi ragionevole ritenere che quei criteri costruttivi siano stati trasferiti, più o meno direttamente, anche a quei maestri d'ascia che, tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, costruivano le barche da lavoro progenitrici delle nostre barche da diporto, comprese quelle mediterranee. Ovviamente si tratta di un'ipotesi, ma quando vedo un vecchio gozzo ligure di Cornigliano che, benché assai panciuto, sembra quasi sforzarsi con tutto se stesso per avere le poppa e prua a curva rovesciata, non posso non pensare che forse un giorno verso la fine dell'800, a Genova o da qualche altra parte nei mari del mondo, un marinaio ligure abbia visto una nave come il Great Eastern, progettato da Russel, con prua e poppa a curva rovesciata, perché l'ingegnere scozzese aveva scoperto che proprio questa forma garantiva la minor resistenza all'avanzamento, e che quel marinaio abbia pensato che quelle linee potevano essere utili anche per il gozzo (che come modello di barca risaliva ad alcuni secoli prima) che aveva intenzione di farsi costruire. Russel ebbe invece certamente influenza diretta sul grande progettista norvegese Colin Archer, che, negli anni '20 del XX secolo, si ispirò esplicitamente al grande ingegnere navale per le sue barche, imitate in tutta Europa e ancor oggi prodotte e apprezzatissime.
Ma le barche d'una volta non dovevano essere solo efficienti dal punto di vista energetico.Dovevano essere anche in grado di reggere bene il mare, perché servivano per lavorare (e non per fare gite solo nei giorni di bel tempo) e, soprattutto, perché se il tempo cambiava e ci si trovava lontani dal porto, non si poteva contare sul motore per tirarsi fuori d'impiccio e tornare in fretta a casa.
Ecco allora spiegate tante caratteristiche che spesso noi siamo in grado di apprezzare solo dal punto di vista estetico.
Bordo: il più basso possibile. Perché se è alto, l'opera morta prende troppi schiaffi dalle onde e con vento forte fa inutile (e, soprattutto, non gestibile, come avviene invece per le vele) resistenza all'aria.
Per le stesse ragioni, e per aumentarne la solidità, tughe piccole e basse: e pace se manca l'altezza d'uomo in cabina.
La poppa, invece, deve essere abbastanza alta e, se possibile, inclinata verso l'esterno: così le onde da poppa non si infrangeranno nel pozzetto, ma, anzi, aiuteranno a spingere la barca. E siccome, invece, per i motivi che si sono visti sopra, occorre stare stretti al galleggiamento, ecco lo specchio di poppa a forma di cuore, largo in alto e che si stringe progressivamente scendendo verso la chiglia, tipico delle passere istriane e (anche se con forme più piene) delle lance di derivazione catalana (ad esempio il canotto carlofortino) e, infine, la poppa stellata dei gozzi. All'esigenza di alzare la poppa si devono quei deliziosi cavallini (cioè la curva lungo la sezione longitudinale che scende da prua e risale a poppa), che tanto piacciono esteticamente a chi ama le barche e che si vedono sempre più raramente.
La chiglia lunga e solidale con lo scafo e la pala del timone protetta dalla carena (e non appesa a poppa per i fatti suoi) da un lato fanno, per così dire, contenta la buonanima di Russel, perché generano minori turbolenze d'acqua rispetto a quelle prodotte da una deriva a lama e da un timone che costituisca autonoma appendice immersa, d'altro lato, in caso di incaglio, possono fare la differenza tra una banale strusciata e la rovinosa perdita della barca.
L'armo, infine, per ovvi motivi, deve essere semplice (perché meno roba c'è, meno se ne può rompere e più facile è usarla) e robusto.
Le barche tradizionali, quindi, pur avendo forme diverse a seconda delle esigenze per cui sono costruite, sono tutte accomunate da tre linee guida di fondo: massima efficienza energetica con mare calmo, massima capacità possibile di tenere il mare in rapporto alle dimensioni dello scafo con mare agitato, massima riduzione dei fattori di rischio in qualsiasi condizione operativa. Sono quindi barche strutturalmente polivalenti. Un poco come, per fare un paragone forse ardito, le prime jeep, che su strada avevano prestazioni analoghe alle auto coeve, ma sapevano andare bene anche fuori strada.
Le barche moderne non seguono questa logica. Si tratta infatti quasi sempre di barche specializzate. Vi sono quelle fatte per dare il massimo in acque calme e che quindi (in alcuni casi) soffrono già con onde alte mezzo metro, altre fatte esclusivamente per farsi spingere alla massima velocità dai venti costanti oceanici e praticamente inutilizzabili in qualsiasi altro contesto, altre infine, che quasi quasi galleggiano e basta, ma offrono l'abitabilità di un camper. Di qui l'inevitabile perdita della bellezza. E non perché i progettisti attuali siano privi di buon gusto (magari, anche), ma perché è evidente che se una barca è fatta per un solo scopo, saranno esasperate solo determinate caratteristiche costruttive a scapito di altre. Si perderà così l'armonica necessaria fusione tra le varie caratteristiche strutturali, che si trova invece sempre presente nelle barche tradizionali, pur nella grande diversità di forme.
Dopo questa cavalcata su quanto erano belle e ben fatte le barche d'una volta, potrebbe restare solo una specie di nostalgia per un tempo ormai passato e irrimediabilmente perduto. Il piccolo marinaio della domenica o di agosto, figura umana in cui orgogliosamente mi riconosco, sembra avere esigenze del tutto diverse da quelle che hanno ispirato le barche classiche. Il marinaio della domenica, infatti, ha innanzitutto esigenza di spendere il meno possibile per comprare la sua barca e mantenerla. Quel marinaio non usa la barca per lavoro, ma principalmente per divertirsi, andare a fare il bagno col bel tempo, tirare qualche bordo se c'è il vento giusto e, magari (ma questo non lo confesserà mai apertamente neppure sotto tortura), sentirsi in qualche modo parte del mondo glamour ed esclusivo dei velisti. Pertanto a quel marinaio sembra non importare poi molto quale forma abbia la prua della sua barca, ma interessa che la cabina che le sta dietro sia abbastanza ampia. Né gli importa come è fatta la poppa, basta che sia comoda, spaziosa e magari, che abbia la scesa a mare e, infine, il marinaio della domenica pretende l'altezza d'uomo in cabina e il w.c. in un bagno separato, così magari può riuscire a convincere qualcuno a venire a passare qualche giorno in barca con lui. Una barca così sarà magari bruttina, ma in fondo, l'estetica è un'opinione e conta meno della sostanza.
Sono convinto che le esigenze appena descritte siano in gran parte giuste. Ma sono anche convinto che le caratteristiche delle barche classiche siano ancora oggi attualissime perché possono rispondere in pieno alle esigenze odierne. Non c'è infatti probabilmente nulla di più moderno di una barca strutturalmente progettata per sfruttare intelligentemente e, quindi, senza sprechi, l'energia. Inoltre una barca che regge bene il mare, dotata di un armo semplice e facilmente gestibile dà sicurezza e tranquillità a chi vuole usarla per portarci la famiglia e gli amici, mentre un bel ponte sgombro da troppe sovrastrutture offre, sulle piccole barche, proprio quegli spazi che servono realmente per l'uso balneare, normalmente sacrificati per realizzare cabine che si rivelano in concreto troppo anguste per viverci e alla fine ridotte a depositi per le vele e materiali vari. Infine, è possibilissimo costruire barche classiche con materiali moderni e leggeri e, d'altro lato, non è poi così difficile reperire vecchie barche in disuso per trasformarle un poco per volta con pazienza (e sostenendo quindi i costi un poco per volta) in piccoli gioielli. |