Porto a secco, porto spiaggia, porto verde. Le alternative alla darsena tradizionale.
Possedere una barca di dimensioni limitate, diciamo intorno ai sei, sette metri di lunghezza, dovrebbe garantire minori spese e facilità di gestione rispetto a quelle più grandi. Attualmente, nei nostri porticcioli non è così, a causa delle richieste della nautica di lusso, che tende a occupare tutto con la forza e larroganza del denaro. Nei marina privati, il posto barca più piccolo è generalmente intorno ai 10 metri ed il costo di ormeggio annuale è spesso più alto del valore economico del nostro barchino.
Da molto tempo si sente parlare di soluzioni per favorire la piccola nautica, che è ormai quasi scomparsa dalla produzione industriale nazionale. In realtà sono anni che sta succedendo il contrario, ossia che vecchi porti turistici vengono "valorizzati", ossia ceduti a società private, che ne modificano l'aspetto esteriore e la funzionalità, assimilandoli a residenze di tipo alberghiero, cercando poi di vendere il posto barca con annessa proprietà edilizie (garage, miniappartamenti ecc.) a prezzi assurdamente elevati per appassionati a reddito normale. Il risultato è che le barche più piccole, di fatto non intrinsecamente costose, si ritrovano a terra.
Le alternative a questo tipo di situazione, apparentemente irreversibile, sarebbero, in realtà già praticabili.
Porto a secco.
Non è necessario tenere la barca in darsena se ci sono delle soluzioni a costi accettabili come il rimessaggio a secco integrato da un sistema rapido e poco costoso di alaggio e varo. La piccola nautica è costituita da barche di lunghezza non superiore agli 8 metri; difficilmente i mezzi di queste dimensioni superano le due tonnellate di peso. Queste caratteristiche permettono di sostituire la tradizionale gru fissa, con un muletto (fork-lift) del tipo movimentazione containers. Invece che trasportare la barca dal suo posto di parcheggio fin sotto la gru, imbracarla, sollevarla e calarla in acqua, il muletto va verso il parcheggio, solleva la barca, la porta rapidamente verso il luogo del varo e la mette in acqua in pochi minuti.
In una struttura organizzata bene, il nostro marinaio domenicale, guarda le previsioni del tempo, decide per una uscita in mare; quindi telefona al servizio apposito, prima di arrivare al marina, che gli fa trovare la barca in acqua. Alla fine di una giornata in mare, rientra al porto e la su barca viene nuovamente prelevata e depositata nel suo posto di rimessaggio. Abbiamo ottenuto un porto a secco, che può essere una integrazione a un porto tradizionale (darsena) oppure una struttura autonoma che dispone di uno spazio minimo di acqua protetta, da usare per alaggio e varo. In questo ultimo caso avremmo una struttura realizzata quasi sempre come PORTO CANALE, ossia che utilizza un canale navigabile comunicante con il mare aperto.
I porti a secco così organizzati sono rari, ed è un peccato. Qualche anno fa ho sperimentato quella del Circolo nautico Foce Cecina. Qui la si possono barche di poco superiori a 7 metri di lunghezza. La formula di pagamento è quella dellabbonamento omnicomprensivo; parcheggio annuale, alaggio e varo su richiesta, non più di una volta al giorno, ed è calcolato sul terreno occupato dalla barca, al metro quadro. Gli attuali prezzi per i soci sono di E. 46,00 al M.2 per labbonamento annuale. Un piviere 6,14 dovrebbe costare circa E. 750,00 per un anno. Sempre per i soci si può ottenere un abbonamento mensile o annuale. Per i non soci esiste solo un abbonamento annuale che costa 96,00 euro + iva al metroquadro.
Pregi :
· Tenendo la barca prevalentemente fuori dallacqua, non cè bisogno dellantivegetativa.
Difetti.:
· Molte operazioni di varo e alaggio costituiscono uno stress per la struttura dellimbarcazione.
· Salvo per le barche a fondo piatto, occorre farsi costruire un invaso metallico fatto specificatamente per loperazione, in modo che i bracci del muletto sollevino un struttura omogenea e non una carena tondeggiante, col rischio di fare pressione su punti deboli e di danneggiare lo scafo.
foto del mezzo di movimentazione
Questo tipo di soluzione è poco apprezzata da chi abita a pochi minuti di strada dal porto di partenza. Il motivo è che avere la barca pronta all'ormeggio permette di decidere l'uscita anche a metà pomeriggio, e quindi sfruttare ogni momento libero, anche per una veleggiata o una battuta di pesca di due ore. Il discorso cambia totalmente se la distanza dallormeggio sono superiori, per cui conviene organizzare l'uscita di tutta una giornata.
In effetti questo sistema è particolarmente adatto per quel tipo di appassionato stanziale che proviene da distanze mediamente elevate e che fa un uso non assiduo della barca.
Porto Spiaggia .
La presenza di uno spazio ampio, destinato a parcheggio, e di un buon scivolo, pensato per un uso assiduo e soprattutto sicuro, per il varo dallo stesso carrello con cui si rimorchia la barca, permette un approccio adatto al marinaio da carrello, ossia a chi trasporta con maggior frequenza la propria imbarcazione da un luogo all'altro. Il movimentatore di carrelli nella foto qui sotto, viene usato dai soci del Circolo velico Lillatro, a Vada, (Li), che può essere considerato, a tutti gli effetti, un porto spiaggia.
Movimenta le imbarcazioni sui loro carrelli stradali e può essere usata per alaggio e varo dallo scivolo, anche se, come dicono i soci, è limitato rispetto ai pesi in movimento sul piano inclinato. Niente però impedisce di dotarsi di un mezzo più pesante, come questo che ho trovato sulla rete, dotato di verricello per il recupero dell'imbarcazione (fino a 1500 kg di traino).
Partendo dal tipico club velico per derive, ossia una spiaggia delimitata con una costruzione che ha funzione di deposito e sede di Club, si può ridefinire il concetto di porto spiaggia pensando anche ai cabinati carrellabili. Lo spazio occupato è all'incirca lo stesso di una struttura balneare. Al posto degli ombrelli ci sono gli invasi con le barche appoggiate in secco. Le derive leggere e i catamarani possono essere movimentati verso il mare con i soliti carrelli da spiaggia, mentre i cabinati carrellabili possono essere messi in mare tramite un muletto che alza invaso e barca e lo deposita in mare passando su una struttura tipo pontile o scivolo, o senza struttura in quanto anfibio. Tra l'altro, niente impedisce di organizzare uno spazio con ombrelloni e sdraio per i familiari decisamente terragnoli. Lo scivolo ben dimensionato, poco inclinato, permette di usare con facilità l'auto di tutti giorni, al posto di un pesante fuoristrada, e quindi di arrivare al nostro porto spiaggia, con barca e carrello, alberare, e varare in completa autonomia. Se l'operazione di varo e alaggio diventa più frequente, conviene lasciare la barca alberata sul carrello e movimentarla con un strumento come visto prima. Se la spiaggia è bassa e poco inclinata, si potrebbe fare anche a meno di uno scivolo per varo- alaggio fisso; navigando su internet ho scoperto che esistono già in produzione alcuni attezzi per l'alaggio e varo molto interessanti. Ad esempio, in presenza di spiaggia con fondale basso e lungo, come le zone adriatiche in generale. Questo movimentatore e anfibio è può portare il carrello e la barca sino ad un fondale di un metro e mezzo.
Queste due soluzioni, ma ce ne sono anche altre, che riducono i costi di gestione del nostro barchino, hanno anche un risvolto decisamente eco sostenibile rispetto alla costruzione dei grandi porti o marina., per cui possiamo tranquillamente parlare di PORTI VERDI, così come li intendiamo Noi come Circolo Piccola nautica, riprendendo e facendo nostre le parole del Giornalista Gianfranco Bechini: http://www.solitudo.it/index.html.
("......La dizione "porti verdi" è figlia mia, nasce sabato 27 aprile 1996 a Venturina di Piombino (LI) nel corso del convegno dal titolo "I porti verdi. Portualità da diporto in acqua e a terra rispettosa dell'ambiente". Nella relazione introduttiva che vi tenni spiegavo così: "Qualsiasi struttura che consente la sosta delle barche senza violenza né al territorio né all'uomo sotto l'aspetto del suo portafogli". Esistono quindi due valenze nel concetto di "Porto Verde": assenza di violenza: 1) all'ambiente; 2) al portafogli dell'utilizzatore. L'inserimento dell'uomo col suo portafogli nel concetto di protezione ambientale credo sia un concetto nuovo.
Il "Porto Verde" più importante è rappresentato dalla possibilità di accedere al mare provenendo da terra. Per renderlo concreto è dovuta intervenire in più luoghi e a più riprese la Magistratura contro chi intendeva conculcarlo. Agendo soprattutto contro i bagnini, che sono i veri padroni delle spiagge. E' avvenuto anche di recente, in Versilia, e sta avvenendo pure in questo momento.".....)
E qui ritorniamo al punto di portenza: è possibile creare un circuito di piccole strutture ecocompatibili, che permettano lo sviluppo della piccola nautica, con particolare riguardo a quella itinerante, per cui un appassionato possa programmarsi un periodo di vacanza più o meno lungo, attaccando all'auto il carrello con la propria imbarcazione, andare in un luogo dove esiste un porto verde. varare la barca da uno scivolo ben fatto, partire per un crociera di qualche giorno oppure per brevi uscite quotidiane, ormeggiandosi a boe predisposte, e successivamente, decidere se tornare a casa con barca e carrello, oppure lasciare barca e carrello nel parcheggio e tornare succcessivamente per qualche fine settimana?
La risposta è positiva, ma, come sempre occorre l'interesse e la volontà di farlo, meno sogni e più senso pratico.
Un ultimo punto, forse il più importante. Per fare una nautica di questo tipo, occorre utilizzare barche adatte, che possano arrivare facilmente ai bassi fondali, e magari entrare nella foce dei fiumi. Le barche più idonee sono quelle a basso pescaggio, oppure dotate di bulbo o deriva mobile, di peso inferiore ai 1000. kg, per una facile carrebilità, dotate di alberatura facilmente abbattibile. L'argomento è così vasto da richiedere una trattazione specifica.
09/02/2009 Alfredo Vincenti
vinceland@virgilio.it
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