marinai di terraferma
Prendo in prestito l'ossimoro coniato da Francesco Lenzi per
raccontare una storia realmente accaduta a dimostrazione della veridicità del
detto.
Nell'estate del '44 truppe tedesche in ritirata dal fronte
italiano occuparono in massa le vaste terre agricole della bassa padana.
Da sempre quel territorio, compreso nel triangolo
immaginario che comprende Bologna, Ferrara e Ravenna è stato terra di frontiera
e di vaste distese d'acqua.
In quel paesaggio reso lunare da nebbie e brine invernali
ancora oggi si stagliano grandi casolari abbandonati. A quel tempo erano casa e
azienda per le tante famiglie che vi abitavano.
Larrivo dei soldati mise in serio pericolo la già precaria
vita che si svolgeva. La maggior parte degli uomini erano in guerra, lontano, e
la fatica di sopravvivere al quotidiano era stata demandata alle donne ai
vecchie ed ai bambini.
I tedeschi rastrellavano e requisivano tutto. Per
sopravvivenza le persone del luogo decisero un piano folle. Allagare più terre
possibili in modo da rendere la vita impossibile agli invasori.
Così fu fatto. In più notti furono rotti tutti gli argini
possibili e poco a poco migliaia di ettari diventarono un unico mare.
Prima di attuare il piano furono decisi quali casolari
sarebbero stati isolati e in essi stivate provviste per la sopravvivenza.
Inoltre si costruirono alla bene e meglio barche, per muoversi di notte e
rifornire le zone più isolate.
Così da un giorno allaltro in molti, da agricoltori
terricoli si trasformarono in marinai di terraferma. In gioco cera la propria
vita.
Si spostavano solo di notte e non sempre riuscivano ad
arrivare a mattina.
Le barche ospitavano provviste, bambini ammalati, dispacci
importanti.
I tedeschi furono colti alla sprovvista e impreparati ad
affrontare così vaste distese dacqua.
Non durò molto per fortuna, gli alleati sfondarono la linea
sullappennino e costrinsero la fuga repentina degli invasori.
* * *
Il casolare dei miei nonni non fu raggiunto dalle acque ma
da una pattuglia tedesca.
Erano in sei o sette e arrivarono a metà mattina. Per primo
dissero che la casa era requisita e che gli attuali occupanti si potevano
accomodare nella stalla con i pochi animali rimasti. Dissero che avevano fame e
che mia nonna doveva cucinare qualcosa da mangiare. Chiesero cosa cera da
mangiare e mia nonna rispose patate. Nel dirlo guardò di sottecchi la madia che
conteneva tutte le provviste rimaste in casa sperando che a nessuno venisse in
mente di aprire il coperchio rivelandone il contenuto.
Nei pochi giorni di occupazione di casa mia, gli occupanti
non fecero altro che mangiare patate.
Mia nonna, ogni giorno quando se ne uscivano per
rastrellamenti spostava il contenuto della madia da un punto allaltro della
casa. Se lavessero scoperta lavrebbero fucilata seduta stante.
Una sera, quando fuori era già buio e i soldati a tavola,
mia nonna sentì in anticipo larrivo di un aereo. Distinto spense la luce e
credendo fosse unimboscata i soldati scattarono in piedi e le puntarono una
pistola alla tempia. Per sua fortuna laereo alleato non cambiò rotta e passo
proprio sopra casa senza sganciare nessuna bomba intelligente.
Il giorno che se ne andarono, minarono tutti i ponti rimasti
per coprirsi la ritirata.
Le barche così servirono per passare da una sponda allaltra
dei fiumi, fintanto che larrivo degli americani coprì la lacuna edificando
migliaia di ponti in ferro.
Ancora oggi alcuni assolvono a tale compito in memoria di
quel periodo.
11/12/2008 Gabriele Mantovani
gabriele.mantovani@fastwebnet.it
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