NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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Vela Aurica

al giardinetto

Portare una barca come il Grande-Zot e sentirne le reazioni è un esercizio non facile per tanti, forse impossibile per un neofita che ha appena preso conoscenza della vela. Si governa con il timone a barra seduti sulla panca laterale, nel pozzetto a poppa, dove si svolgono anche tutte le altre funzioni collettive come: pranzare, cenare, fare colazione, far convivio la sera. Sopra al pozzetto, una struttura regge i pannelli solari e il tendalino steso perennemente. La barra del timone è in ferro, forgiata, piegata ad arco, massiccia, fermata sul timone con un attacco a forcella che le permette di basculare. Chi è al timone segue le indicazioni di Saverio, fissa i riferimenti sul mare cerca di indirizzare, sposta la barra, attende le reazioni della barca, difficilmente capisce come correggerle, non sente le vele che imprimono forza allo scafo, e frastornato dopo un po’ cede il posto. Dalla condizione di pigro osservatore vengo esortato a prendere il timone. Per governare debbo vedere le vele e sbircio attraverso i bordi e le fessure del tendalino che sovrasta il pozzetto. La vela maestra, osservata attraverso gli esigui spazi diventa una massa scura; in alto il picco sbraccia verso prua, tesando la balumina, le griselle fanno grinze sulla vela, che si stendono quando il vento spinge maggiormente. Navighiamo al giardinetto, la scotta del boma, sospeso sopra il mare, oltre la falchetta, scorre nei grossi bozzelli: ora è tesa, ora imbandata. Lo scafo rolla lentamente sulle pieghe di velluto di un blu profondo. Davanti alla maestra la trinchetta è aperta sull’altro bordo; mi debbo sporgere in avanti per vedere il suo picco per intero. Le vele di strallo, coperte dalle rande, aiutano solo a mantenere la direzione. In piedi, cerco l’orizzonte oltre la falchetta; dalle draglie qualcuno segnala via libera, sulla bussola la rotta da seguire. Quando si cambia direzione, anche per un piccolo angolo il timone diventa duro da spostare, la barca sembra non accorgersi dell’azione: le vele hanno pressioni differenti e lo appesantiscono, poi vedi la prua spostarsi, le ombre scivolare sul ponte, i boma strattonare le scotte, e la barra torna leggera nella mano. Assieme a Vincent guardo due piccole bandierine triangolari alzate sulle sartie accanto all’albero maestro, vibrano veloci nell’aria che scorre sulla vela, dentro una specie di corridoio invisibile: indicano la sua portanza. Se cadono verso il basso o sventolano scomposte, in tutte le direzioni, dicono che il corridoio si sta chiudendo; la portanza della vela finisce. Il vento ha un’altra direzione rispetto allo scafo, tra poco colpirà le vele dal lato opposto, allora il picco ripiega indietro, la balumina si allenta e inizia ad avvitare la vela sospingendola assieme al boma sull’altro bordo, e la barca inizia a fermarsi. Prima che sciò avvenga, sfruttando l’aprivio dato dalla mole dello scafo, ancora si cambia posizione al timone per tornare sulla rotta, e picco, vela e boma: tornano sul bordo precedente. E’ una situazione da guardare con attenzione perché le vele in quei momenti hanno forza e se le funi delle manovre restano imbrogliate in qualcosa possono romperla. Saverio ha un poco di apprensione per questa eventualità, ma come sto portando la barca gli pace e si dedica alle scotte. Allascando o cazzando le scotte quei corridoi invisibili diventano sempre più efficienti, il timone si alleggerisce, la barca prende velocità, qualche sbruffo d’acqua risuona sulla fiancata: la miglior rotta possibile………Navigando così passano le ore e l’equipaggio entra in una sorta di indifferenza, attende l’arrivo, l’ormeggio da qualche parte.

Cambiamo rotta puntando direttamente Cala Rossa, il vento adesso entra dal mascone e scende lungo lo scafo verso poppa. Recuperando le scotte portiamo i boma vicino al centro dello scafo. Adesso nella nuova posizione, le scotte tirano verso il basso: spianano la vela; il picco lassù è parallelo al boma. Nella variazione di direzione la barca per un attimo ruota su se stessa e sembra prendere maggior velocità. Le vele di strallo lascate sbattono e si gonfiano. La barca diventa orziera, il timone mantiene pressione e durezza, sarà possibile trovare solo un compromesso tra rotta e forze in gioco. Sotto costa, stringo ancora di più il vento, il Grande-Zot ruota su se stesso veloce, e poi si arresta contro vento. La navigazione a vela per oggi è finita, quando si fa charter non si riesce mai a lasciarsi trasportare dall’entusiasmo di grandi navigazioni, gli ospiti debbono trovare sempre attimi diversi, il cadenzare ripetitivo dello scafo sul mare a lungo li annoia, hanno bisogno di azioni conosciute, di essere presso la loro abituale umanità, così caliamole vele. Filiamo le drizze delle gole, i picchi oscillano in alto, con l’alabbasso li guidiamo tra amatigli, cazziamo le scotte a ferro, i boma si fermano al cento, con i gerli leghiamo assieme boma vela e picco. Ammainate le vele di strallo, a cavalcioni sul bompresso si imbrogliano. L’acqua è turchese e cristallina. Saverio, a motore, si appresta a dar fondo, Vincent appennella l’ancora, cerchiamo un punto buono tra gommoni e barche che renderanno difficile nuotare fino a riva.

 

P.S. SE POI MI SPIEGATE COME FARE, MAGARI AGGIUNGO ANCHE QUALCHE FOTO.

SALUTI- FRANCO



13/03/2012 Franco Favilla
francofavilla@libero.it

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