Mi faccio la barca (Prima Parte)
MI FACCIO LA BARCA
Ricordo limpidamente, come fosse ieri
la primavera in cui entrai in possesso di Salsedine. Tutto avvenne
con una naturalezza tale che oggi, a distanza di dieci anni posso leggere come il segno inequivocabile che quella era la barca perfetta,
arrivata al momento giusto e, nel caso del mio Piviere 6,14 anche nel
posto giusto considerato che lo acquistai a Viareggio dove all'epoca
vivevo.
Era una fresca primavera, le Torri
Gemelle stavano ancora al loro posto ed io assecondavo serenamente la
mia carriera di economista come non vi fossero altre possibilità in questo mondo. Di tempo per pensare alle barche, cosa che sempre
d'altronde avevo fatto, me ne avanzava...
Per contestualizzare meglio vorrei
raccontarvi la genesi della mia scelta, tanto semplice quanto
l'acquisto che ne seguì: l'estate precedente, quella del 2000, sul
finire di Agosto in un tardo pomeriggio come tanti mi trovavo con
amici a bordo di un piccolo gommone. Eravamo ancorati sotto le
scogliere dell'Isola detta della Troia, poco fuori il porto di Punta Ala.
L'estate stava sfumando via proprio come stava facendo il sole in quella serata già sensibilmente più fresca delle precedenti ed io
come al solito l'avevo trascorsa a bordo di scafi a motore. La vela all'epoca mi interessava marginalmente,
preso com'ero dalla smania, assurda, di assurda velocità.
Poco distante da noi, ancorata proprio
sotto le pareti nere della 'Troia' era uno scafetto a vela di sette
metri circa, rosse le murate, bianca la coperta, una barca di poco
pregio battente bandiera francesce. Ricordo la scena come fosse ora.
Noi, quel sole morente, la costa maremmana. Stavamo asciugandoci all'aria, dopo un bagno attendendo di rientrare in porto, quattro esseri maschili, quando dal tambuccio esce il Capitano, ben abbronzato, un ragazzo poco più vecchio di noi. A
distanza di secondi lo seguono due, non una, due morbide marinarette
in un perfetto topless che dall'assoluta mancanza di segno di
reggiseno nell'abbronzatura si poteva individuare chiaramente come
topless permanente.. Una va all'ancora, l'altra rimane con le gambe in
cabina, il busto fuori dal tambuccio. In pochi attimi, la barchetta
salpa l'ancora e procede lentamente verso Sud ad una velocità che a
me che già stavo entrando in un'orbita onirica lasciava presagire
una serena, stellata notte a mare..
Avevo deciso.
Cavolo se avevo deciso.
In quell'inverno mi imbottii di riviste
Bolina. Le leggevo da inizio a fine. Ne ho ancora alcuni numeri,
tutti scarabocchiati ma soprattutto con la rubrica compro/vendo
totalmente segnata. Nel frattempo come detto vivevo a Viareggio. Si
avvicinava la Primavera ed avevo già iniziato a visitare qualche
barca trovata su Bolina stessa. Scafi in legno semi-vuoti, gusci in
plastica che volevano riprendere le forme di barche di 9metri e che
non mi convincevano affatto con le loro cabine piene di paratie,
passaggi, tubi etc. Io venivo dal motore e di tubi e cavi ne avevo
abbastanza!
Poi un giorno, in via Coppino davanti
ad un celebre cantiere di restauro per barche in legno vidi uscire a
bordo di un camion a sponde un guscio di barca carino, dall'aspetto solido ma
sufficientemente slanciato, dalle linee classiche, basicissime ed
elegnati e per il mio occhio (che a dire il vero all'epoca era più
avvezzo al motoscafo) piuttosto marine. Mi fermai per osservare quello scafetto che ancora credevo essere un pezzo unico di un abile maestro d'ascia d'altri tempi e notai, con ulteriore, compiaciuta sorpresa che di sotto l'opera viva non spuntavano alcune propaggini dal pescaggio notevole.. che sorpresa, un affarino che pure, a giudicare dai due simpatici oblò ovali doveva in qualche modo essere abitabile era per di più dotato di quella che all'epoca credevo esclusiva prerogativa delle derive da spiaggia: la deriva mobile!
Giustamente
rifinito con quel po' di legno che gli conferiva un fascino antico mi
sembrò un vascelletto di tutto rispetto.
Di lì a scoprire che si trattava de
'la barca del Mancini' il passo fu breve. Il Mancini era stato il mio
idolo nautico fin da piccolo, I suoi 'Navigare' me li divoravo come
fumetti (e un po' in effetti fumetti lo sono)!
Percorsi tutta la costa toscana in auto
scovando le forme del Piviere in ogni porticciolo scalcinato, marina o canale.. era una sorta di
imprinting quello dei primi giorni. Imparavo a riconoscere la sagoma
di quello che sarebbe stato un compagno di vita anche al buio..
passavo un bigliettino attraverso le persiane in legno della
porticina di ogni Piviere, attravero la quale odoravo quel bell'odore di barca vissuta, di legni e cordame intrisi dal salmastro.
Nei biglietti scrivevo che avrei voluto,
se non acquistare, anche solo visitare la barca, scoprendone le
caratteristiche con l'armatore.
Nel giro di pochi giorni mi chiamò
Giuseppe, viareggino, dicendomi che avrei potuto vedere e 'se ti ci
rientra l'occhio' anche comprare il suo Piviere. Questo era blu,
senza nome, scarno ma asciutto di struttura, affatto accessoriato ma
essenzialmente mantenuto. Aveva tre sole vele, fiocco e randa ancora
originali più una tormentina. Ci trovammo d'accordo in poco tempo.
Giuseppe propose un prezzo che a me sembrò equo ma pose come
condizione che si sarebbe tenuto tutto il cordame. L'affare fu presto
fatto se non che per poco tutto rischiò di crollare.. dovevamo solo
formalizzare quello su cui ci eravamo già accordati a parole. Ma era
Aprile e Giuseppe mi telefonò per dirmi che con l'estate alle porte
a sua moglie dispiaceva non avere quel bel pozzettone in cui prendere
il sole per l'Estate. Ci stava ripensando. Mi recai subito alla
barca a bordo della quale lo trovai puntualmente e replicai che avevo
già fatto programmi per l'Elba per quell'estate e che ormai era
tardi per cercare un'altra barca e che eravamo già d'accordo etc
etc. Insomma, quasi lo pregai di vendermi il Piviere e Giuseppe che è
un cuore nobile e non avrebbe mai privato un ventenne di
quell'esperienza infine cedette, lì, su due piedi, in barca, senza
interpellare nuovamente la moglie..
Ero Capitano di una barca tutta mia... finalmente!
(continua...)
08/07/2011 Francesco Cappelletti
forleonte@gmail.com
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