NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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L'anima del Piviere

 

 

Che alle barche possa essere attribuita un’anima, lo hanno già detto in tanti. Sul perché invece, ci sono versioni diverse. Sicuramente un manufatto in legno, rifinito in maniera pignola, tenuto come un mobile di casa, ha un aspetto che fa pensare all’esistenza di una anima propria, anche se mi sembra difficile separarla dall’anima del progettista, del costruttore e poi del proprietario. E io sostengo che la differenza fra uno yacht e un oggetto a forma di imbarcazione la fa l’attenzione del suo proprietario.

Questa mattina mi sono in vena di speculazioni filosofico-psicologiche  stile Carl Gustav yung e mi sono messo a distinguere  Anima e l’Animus delle barche.

Riguardando le foto del Wianno senior o del cap henry 21 o le bellissime immagini presenti sul sito di Fabio Fazzo (http://www.velanet.it/users/vela.aurica/home.html ) posso anche pensare che la barca sia qualcosa che assomiglia alla parte femminile dell’uomo, all’Anima secondo Carl_Gustav_Jung

, quella che richiede delicatezza e attenzione,  che è appagata  dalla  dolcezza di conduzione e dalla andatura stabile proprie di uno yacht a chiglia lunga.

 

Ma ci sono altre barche  che hanno un’ anima di tipo collettivo. Sono imbarcazioni di serie, prodotte in numeri abbastanza sostenuti, che hanno avuto e hanno una universalità di utilizzatori. Hanno una storia di progettazione, diffusione , di utilizzo presso scuole vela, di scrittori e giornalisti che ne hanno lodato le qualità intrinseche, e spesso che un aspetto anticonvenzionale, perché nate da un atto di coraggio, dall’idea di creare un oggetto economico perché più persone potessero averlo a disposizione.

Questa impostazione di “vela pubblica da diporto” è iniziata  probabilmente col Folkboat, e proseguita soprattutto con i progettisti e costruttori francesi che hanno diffuso le costruzioni di serie in compensato marino prima ed in vetroresina. Adesso  è completamente scomparsa. Lasciando al suo posto una vela costosa, senza anima che fa rima con soldi e affari, con pirati e predoni; ma non con yacht e  yachtman.

 

Ma vedere delle persone a bordo di un Piviere, fanno Scuola vela, o semplicemente una uscita con amici, mi fa pensare all’Animus di Carl_Gustav_Jung, a qualcosa di ancestrale, che si ripete generazione dopo generazione, con lo stesso spirito di libertà e di pace interiore.

Bene il Piviere non ha un’anima, ha molto di più, ha un Animus, ovvero un’anima collettiva che si trasmette geneticamente, come il mito di Noé e di Prometeo.

Navigare su un Piviere è qualcosa di già visto, già desiderato, forse già compiuto. Per questo va oltre il barchino di vetroresina che ne è l’oggetto, e corre verso Simbad il marinaio, John Guzwell, Alex Carrozzo oppure verso Mauro Mancini. L’anima del Piviere appartiene a tutti coloro che amano una filosovia di vita, più che un oggetto ben fatto. 

 

Rubo questa foto dal sito di “Tutti a bordo” (http://tabweb.blogspot.com/), ringraziando Guido per quello che  che le immagini trasmettono, e che danno proprio le sensazioni di cui ho parlato.

D’accordo, smetto subito, prima che mi chiediate cosa ho preso a colazione al posto del caffellatte.

 

Ciao

 

Alfredo



20/06/2010 Alfredo Vincenti
vinceland@virgilio.it


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