Brevi e personalissime considerazioni sulla forma delle barche.
La La settimana scorsa ho avuto la fortuna ed il privilegio di essere ospite di Fabio e del suo cutter aurico nello spendido golfo di Baratti. Oltre il piacere di rinnovare unamicizia nata via internet, ho potuto verificare la genesi di alcune mie preferenze in fatto di barche a vela e confrontarle con quelle di Fabio.
È la seconda imbarcazione a chiglia lunga che mi capita di timonare, e mi ha confermato la mia simpatia per le barche a grande stabilità di rotta, che permettono, una volta regolate le vele, di non toccare quasi iltimone e di godersi una navigazione piacevolissima. La chiglia lunga comporta altri svantaggi, come una minore capacità di risalire il vento od un maggior attrito, quindi minore velocità, nelle andature portanti. Obbiettivamente, se uno non fa regate, questi limitazioni non sembrano granchè importanti, un po di più la minore manovrabilità a motore in fase di ormeggio, ma è ovviabile con un po di esercizio e di esperienza. Ho visto Fabio ormeggiare senza la minima difficoltà e con molta precisione.
La chiglia moderna, a bulbo stretto e profondo, comporta una elevata capacità di manovra della barca, indispensabile per le veloci virate delle regate brevi, ma richiede continue correzioni in una normale andatura di crociera; per me uno stress.
Forse la soluzione migliore potrebbe essere la chiglia lunga col timone separato, così come sostengono i Malingri (Moana, la crociera daltura, ed incontri nautici) o il progettista Rodolfo Foschi, di cui apprezzo molto i disegni ma non ho mai provato una delle sue barche.
Unaltra cosa che apprezzo è un certo dislocamento, cosa che consente una reazione dolce ai movimenti del mare e ai miei sul ponte, visto che sono piuttosto pesante. Questo però comporta che una barca intorno a sette /otto metri di lunghezza vada a pesare vicino alle 2 tonnellate. Di conseguenza la carrellabilità, pur restando possibile, comincia a richiedere un notevole impegno.
Il cutter mi piace più dello sloop, ma il dilemma vela aurica o vela marconi, resta irrisolto. Quello che ritengo importante è la possibiltà di ammainare le vele nel più breve tempo possibile e da solo. Per cui preferei fermare le drizze con degli stopper, azionabili con una mano sola, a portata di pozzetto. Della randa, non dico niente, sono troppo abituato allunica drizza marconi, e forse mi piacerebbe larmamento delle passere istriane, ossia lalbero inclinato allindietro, senza crocette, che sostiene una randa marconi ed una vela di prua murato su un bompresso. Ma stiamo parlando solo di un giudizio estetico, niente che abbia un valore tecnico.
Insomma, se andassi da un progettista, magari dallo stesso Foschi, che ha fama di essere persona paziente, e gli chiedessi di disegnarmi una barca di sette, otto metri, portabile da una persona sola, che mi permettesse di girare per larcipelago toscano, ma anche di andare da solo fino in sicilia, un cutter aurico, anzi no, marconi appoppato, a chiglia continua forse meno, di dislocamento medio ma carrellabile da una utilitaria, probabilmente chiamerebbe subito il 118 per un ricovero sanitario coatto.
In realtà a me piace il cutter aurico di Fabio, Il Venturiera di Foschi, Il Granvento sempre di Foschi e unaltra dozzina di barche con caratteristiche simili, nuove e vecchie, in legno o in vetroresina.
Vabbè, è bello sognare. Ma prima o poi lavrò, stà maledetta barca
.. (è una promessa, non una minaccia)
Golfo di Baratti
23/08/2009 Alfredo Vincenti
vinceland@virgilio.it
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