NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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Esperienze personali

VISTO DALLA PARTE DEL PENDOLARE

L’articolo sul pendolarismo vacanziero del caro Mario mi ha suscitato qualche riflessione. Ne è venuto fuori uno sfogo, forse un poco estremo, ma tutto sommato lo trovo divertente e ve le propongo così com’è, da leggere con lievità.

Fabio

VISTO DALLA PARTE DEL PENDOLARE

 

Luglio. Beh a luglio si lavora. Ma nei favolosi anni ’60, quando non si era ancora tutti schiavi del “PIL”, cioè quel famoso prodotto interno lordo che è quella cosa geniale per cui se io curo ed educo i tuoi figli, pulisco casa tua, ti faccio la spesa e mi occupo di tuo nonno e tu mi paghi, mentre tu pulisci casa mia, curi ed educhi i miei figli, mi fai la spesa e ti occupi di mio nonno e io ti pago, CRESCE, mentre se ognuno fa le stesse cose per sé stesso e non paga nessuno resta STAGNANTE e tutti si preoccupano, nei favolosi anni ’60, quando le mamme non pensavano fosse loro dovere contribuire a quel famoso “pil” e quindi non si alzavano la mattina per andare a guadagnare quello che poi girano a donne di servizio e baby sitter, le quali al loro volta girano il loro guadagno ad altre donne di servizio e ad altre baby sitter, etc. ed erano quindi assai più soddisfatte e, quantomeno, assai più rilassate, nei favolosi anni ’60, dicevo, quelle mamme di solito a luglio andavano già in vacanza con i bambini.

Chi poteva, andava nella seconda casa, o in affitto o persino in albergo. Chi non poteva, andava in campagna, al mare al lago o ai monti da qualche parente: l’inurbazione era infatti cosa recente e qualche parente “campagnolo”, una vecchia casa di famiglia fuori città svuotata dall’emigrazione e riciclabile per una vacanza a buon mercato ce l’avevano quasi tutti.

Papà restava in città e lo si sentiva ogni tanto dalla cabina telefonica a gettoni nel centro del paese perché non solo non c’erano (ovviamente) i telefonini, ma di solito la casa di vacanza non aveva neppure il telefono fisso.

Come testimoniano molte canzonette dell’epoca, questa cesura, anche comunicativa, permetteva talvolta a maschi e femmine, almeno nell’immaginario o ai più disinvolti tra loro, di dedicare il primo mese pieno d’estate a qualche trasgressione alla routine coniugale, allora assai rigida. Poi tutto tornava più o meno come prima.

Pertanto vuoi perché non c’era l’impellente esigenza di portare almeno per il fine settimana i bambini al mare (“poveretti sono così bianchi, tutto il giorno in quel polveroso oratorio o centro estivo comunale”), vuoi per tutelare quei magici momenti di sospensione della routine coniugale, la spinta al pendolarismo vacanziero era assi attenuata. Per di più si lavorava anche al sabato mattina (chi lo ricorda? Era così). Quindi, al massimo, ma solo se la località di vacanza non era, come invece era per moltissimi, nel meridione, c’era qualche marito che raggiungeva non tutti i fine settimana la famiglia in vacanza e poco di più.

Poi ad agosto, in città, le fabbriche, gli uffici e i negozi chiudevano, ma chiudevano proprio. Le grandi città industriali del nord si svuotavano e si trascorrevano tutti insieme tre o quattro settimane filate di vacanza. Vacanza vera perché, cadesse il mondo, grazie all’assenza dei telefonini, delle chiavette per computer “sei sempre connesso ovunque ti trovi” e di tutte le altre dannate diavolerie moderne, cascasse il mondo, dicevo, nessuno era in grado di romperti le tasche a distanza quando ti trovavi in qualche sperduto e disconnesso ameno paesino.

Oggi invece …

Secondo me è tutta colpa di come abbiamo perso l’ultima guerra. Siamo riusciti a prenderle prima dagli inglesi e dagli americani e poi, già che c’eravamo, persino dai tedeschi, che combattevano proprio quegli inglesi e quegli americani che ce le avevano già suonate.

Cosa centra? C’entra e come! Le botte ci hanno convinto che noi siamo sbagliati, il nostro stile di vita è sbagliato e che dobbiamo copiare invece quelli là: quelli alti e biondi; i vincenti.

Poco conta che mentre noi costruivamo gli acquedotti quelli andassero in giro vestiti di pelle di animale con la faccia dipinta di blu, che i loro selvaggi antenati abbiano abbattuto e messo a ferro e fuoco quel fantastico impero multinazionale e multiculturale che noi avevamo costruito. Poco conta che quando noi avevamo faticosamente rimesso in piedi l’Europa, in pieno Rinascimento, loro per qualche marginale prassi religiosa mal compresa e qualche superficiale lettura della Bibbia abbiano scatenato un paio di secoli di guerre di religione. Poco conta che i suddetti biondi nordici si siano poi inventati cosette come il commercio seriale degli schiavi negri, un paio di ideologie totalitarie, i lager i gulag e altre simili pinzillacchere.

Noi dobbiamo fare come loro, anzi essere come loro.

Loro si sono inventati il “pil” e lo adorano come un vitello d’oro? Anche noi allora dobbiamo adorare il pil!

Loro hanno un clima di merda, mari freddi e grigi,  non sanno cos’è una vera estate e quindi una VERA VACANZA? Anche noi dobbiamo fare lo stesso, anche se da noi l’estate è estate e il mare è meraviglioso.

Il lavoro domestico femminile, che non è solo rassettare la casa, ma costituisce invece una fondamentale risorsa educativa e sociale viene svilito. Il lavoro è tale solo se è salariato, se fa pil e magari aiuta a pagare la bolletta dell’inutile ennesimo telefonino.

Le città d’estate devono restare aperte, sia mai che s’arresti neppure per un istante la magica crescita del pil!

E le vacanze? Fondamentali, per carità, ma brevi, con tanti avanti e indietro, possibilmente lunghi, così ci guadagnano le autostrade, i petrolieri, le linee aeree, le agenzie di viaggio e, magari, persino le ferrovie!

E se da questo frullatore usciamo tutti pazzi?

Meglio: così guadagnano anche gli psichiatri.

Pil, pil, pil.

 



27/07/2009 Fabio Fazzo
vela.aurica@fastwebnet.it


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