NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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IERI SERA ...

Ieri sera, come faccio ogni tanto, sono stato a trovare il mio amico Giovanni a Cecina. Pensavo di andare a cena con lui, ma mi sono ricordato dell'ultima volta che siamo usciti fuori, pur essendo stati in un buon locale sul mare, il mangiare non lo aveva soddisfatto troppo.

 

 Ma per forza!!!  Avendo una proprietà agricola, dove vive con una figlia e una moglie “squisita” e ottima cuoca, è abituato a cibi genuini, buon vino,ottimo olio e pane e pasta che gli fa la consorte nel forno a legna, per non parlare dei dolci e marmellate varie, perciò portarlo a cena al ristorante è una vera tragedia!!!

 Eppure, come gli faccio notare, anch’io vengo da una famiglia, dove fin da piccolo, ricordo, se entravo nella nostra cucina di campagna, mentre mia nonna, mia madre e le altre donne stavano trafficando, ero cacciato con frasi tipo: “esci di qui che è un posto da donne”, tanto che, così crescendo, ho sempre avuto la concezione che il cibo mi “nascesse” sulla tavola!!!

 E comunque, anche se riconosco che quello che mangiamo, proveniente dalla nostra tipica cucina Toscana è semplice, ma ottimo, con molte verdure, anche crude, senza salse complicate o timballi e farcimenti strani, a volte fa piacere uscire un po’ e frequentare qualche buon ristorante.

 

 Indubbiamente però ti lascia un po’ sconcertato il pensiero di lasciare un “centone” per aver mangiato un antipasto preconfezionato, come arriva ai ristoranti in quei bussoloni di latta, vari sughi per la pasta preriscaldati, una frittura precotta o del pesce rigorosamente di allevamento. Perché,  non illudiamoci, anche i migliori ristoranti oggigiorno fanno così e ne ho le prove certe.

 

 Pertanto, tutto sommato, posso ritenermi fortunato ad essere stato “accudito” fino a 33 anni dalla nonna e dalla mamma, per poi passare con il matrimonio alla Meri che, con l’avvento della nipotina pur diventando a sua volta nonna, continua ad accudirmi amorevolmente, chiudendo così il mio cerchio affettivo.

 “ Ho iniziato la vita viziato dalla nonna e con una nonna mi toccherà finirla!!! “

 

Ma tornando alla nostra gastronomia: quando vado al porto di Livorno, di solito il martedì o il venerdì, trovo il mio amico Beppe che spesso mi lascia una cassetta di quel pesce pescato la notte, che lui chiama la “pulizia delle reti”, consistente in paraghetti, trigliette, nasellini, oratelle, gamberetti, gallinelle e calamaretti,          ( pescetti invendibili, come dice lui, fuori taglia, poiché i signori preferiscono solo pesci di porzione, magari congelati o d’allevamento !!! E spesso non mi chiede nemmeno i soliti “5 €”!!!)  a casa mia, vi posso garantire, “nasce” sulla tavola una zuppetta di mare, una fritturina o un arrostino  con la bruschetta inagliata e cosparsa con olio nuovo a crudo, il tutto zuppato nel sughetto del pesce, da  “leccarsi i baffi”, per cui in fin dei conti, tutto sommato, Giovanni, che con le mani rosica anche le teste, non ha poi tutti i torti!!!

 Buongustai di tal tipo si nasce! C’è poo da fà e mene vanto! si dice alla Pisana!

 

E  il Piviere che c’entra mi chiederete, e invece c’entra, poiché questo Beppe mi ha preparato un “aggeggino” molto simpatico, che io non conoscevo, per pescare dalla barca, “alla traina”, molto divertente.

 Forse qualcuno lo conoscerà, magari in altra forma, è costituito da due specie di piccoli catamarani, semplicemente realizzati ognuno con due tavolette di compensato marino spesso 12-15cm, di circa 50cm x 12cm, sagomate come piccole tavole da surf  tenute distanziate, in verticale parallele tra di loro, da due piccole assi di legno lunghe 30cm di misura 4cm x 2cm, ben fissate, incollate e avvitate alle due tavolette a circa 35cm l’una dall’altra.

 Le due specie di barchette fatte tipo catamarano sono collegate tra di loro in un punto ben preciso e variabile, a dei gancini fissati nella loro fiancata, con una lenza piuttosto grossina (120-150) lunga circa 30 m. 

 Mentre una di queste è tenuta in barca a poppa, l’altra viene filata in mare e, procedendo ad una velocità di circa 2-4 nodi, regolando il punto di attacco, vedremo che “naviga”  parallelamente alla nostra barca .   

 Lungo questa lenza, chiamata “trave” ad uguali distanza (2m) sono fissate, a degli occhiellini annodati, con gancetti e girelle, i cosiddetti filaccioni (lenze del 20 e ami n°8) di circa  2-10 m  con dei cucchiaini,o semplicemente ami con pendette bianche (inizialmente arrotolate su dei riquadri di sughero per non intrecciarsi e mano a mano agganciate al trave e liberate in mare mentre il piccolo patino si allontana parallelo all’imbarcazione).

 Una volta steso, tutto questo sistema, ci permetterà di rastrellare un tratto di mare di una trentina di metri parallelamente a noi, avendo cura di regolare la velocità per tenere le finte esche ad una profondità idonea (il ché si acquisisce con la pratica) per farle sembrare come un branchetto di saporiti pesciolini  per le nostre future prede.

Appena abboccato il pesce, per recuperarlo, sarà sufficiente mettere in acqua l’altro patino dalla parte opposta dell’imbarcazione che allontanandosi all’opposto del primo, ci permetterà di arrivare alla lenza fortunata e riavvolgendola sul suo sughero possiamo arrivare a prendere il pescato .

Poi a nostro piacere rimettiamo tutto in funzione da un lato o dall’altro.

 E’ prassi comune, tornare dove c’è stata una o più catture poiché anche i predatori, che spesso sono le “Occhiate” sono in branco e in tal caso è facile pescarne molte. Da tener presente che di solito le catture iniziano dalle lenze più distanti all’imbarcazione.

 

Io  trovo che questa pesca, peraltro abbastanza attiva, si confà molto con il mio carattere piuttosto irrequieto, che mi nega totalmente la pazienza e l’immobilità del tradizionale pescatore con la canna. Inoltre con venti giusti e costanti, se hai chi ti tiene il timone questo tipo di pesca può essere benissimo praticata sotto vela.

 

Ho notato inoltre che questo sistema di pesca è un ottimo deterrente per eventuali ospiti imbarcati che possono soffrire il mal di mare, impegnandoli al timone o al recupero dei patini o dei pesci eventualmente pescati.

 

Poi come ho sempre detto, il migliore antidoto per colui che ha il mal di mare, (e vale anche per me) è di filarlo fuori bordo sul salvagente d’ordinanza,  trainandolo con la relativa cima, (cosa che avrei tanto voluto fare alla nostra amica Giovanna, magari con quest’ultima slegata, per renderle un istruttivo servizio!!!  E chi mi ha letto sa il perché!!!).

 

CIAO A TUTTI.

 

 



10/04/2009 Mario Volpini
v.maryone@libero.it

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