NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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ANIMA E CORPO DI UNA BARCA

In questi ultimi tempi sul forum si è affrontata una intressantissima discussione su questo argomento,   tanto che ho deciso di riassumere un po’ dei concetti espressi dai nostri amici su Naima, in maniera che non vadano persi nel “cestone” degli innumerevoli post dello stesso forum.

 

L’amo l’ha gettato il nostro amico Fabio, tirando in ballo le “perle di saggezza di Sciarrelli”, di cui ha fatto già una prima selezione in un articolo precedente. In particolare si dichiara che la definizione di “barca” è una cosa che galleggia e ha l’ANIMA. Le altre cose, afferma, sono solo “galleggianti”.

 

Immediata è la risposta di Lorenzo. Secondo lui ogni “gommone”, barca modernissima, o nave da carico ha la sua ANIMA anche se diversa.

 

Risponde subito Fabio, citando ancora Sciarrelli , del suo rigetto per la grande nautica di serie che trasforma i nobili pontili di tutti i marina, in squallidi condomini superconsumistici e altamente diseducativi.  Senza dubbio privi d’ANIMA.

 

Interviene Alberto che rammenta una frase di Sciarrelli, dove se un cliente la prima cosa che chiede di una barca è il prezzo, vuol dire che non può permettersela!!!  E questo, osserva, gli oscura il suo “fascino”!!!

 

Parte in difesa di Sciarrelli, Alfredo, definendolo sprezzante solo con quelli che usano i soldi, magari avuti senza scrupoli né sforzi, per avvicinarsi alla lussuosa nautica senza una minima cultura specifica e senz’altro, privi di ANIMA.

 

Alberto torna sui suoi passi cercando di verificare la veridicità della suddetta frase.

 

Interviene Franco e dichiara che spesso  osservando una barca, improvvisamente avverte il desiderio di salirci e navigare, poiché ha sentito la sua “ANIMA”!!!  E non gli interessa che tipo di natante sia, perché secondo lui,  è l’uomo che lo porta, a dargli un’ANIMA!!!

  Quindi per Franco, le barche “non hanno ANIMA” ma è l’uomo che gliel’attribuisce.

 

Replica Fabio, riavvalendosi dei pensieri di Sciarrelli , puntualizzando che l’ANIMA data alla barca da chi la usa, si “sovrappone” a quella datale da chi la costruisce, se è lontano dal produrla per mero strumento di  lucro,  gara o lavoro salariato!!!   Strumenti, utili, utilissimi ma solo strumenti.

Riporta inoltre, di Sciarrelli, che “la barca tradizionale non ha lusso, ma è lusso; e perde tutto il suo lusso se viene costruita lussuosamente…  L’esatto contrario dello snobismo.

 

Nel “Lo yacht”,  Alfredo, avvalla l’ipotesi sopra citata sull’ANIMA delle barche, ed estende la presenza di quest’ultima anche in altri oggetti. Accenna anche alla cittadinanza Triestina di Sciarrelli , vantandosi come i suoi concittadini di vivere in una città unica al mondo, da cui poteva partire con le sue barche per tutto il suo bellissimo golfo. Dichiara inoltre indiscutibilmente belle le sue barche e paragonate a quelle  “industriali” di oggi, ha la sensazione di “vedere un cigno accanto a un cinghiale”!!!

      Domando  io: “quest’ultimi animali avranno più diritto delle cose ad avere un’ANIMA”???

 

Conclude Fabio, facendo notare come in tutte le epoche, le produzioni belle siano state correntemente apprezzate, allora come adesso,  assumendo una sorte di immortalità.   Anche in un futuro infatti, saranno certamente apprezzate, sia una pittura rupestre di Almira (30.000 anni fa) ,che un bronzo di Riace (2.500  anni fa),  il David di Michelangelo (500 anni),  il Requiem di Mozart (220 anni) e tanto, tanto altro di bello…., la Vespa degli anni 50  e….alcune  barche di Sciarrelli!!!

 

    E io  credo che qualsiasi cosa  ha  un’ANIMA, finché qualcuno la ricorderà.

 

 

 Entro ora nell’argomento, raccontando del mio amico Roberto Ciabatti.

La nostra conoscenza è più che quarantennale, anche se non ci siamo frequentati moltissimo, anzi ci sono stati anni in cui non ci siamo visti per niente.

 

Iniziò ad un raduno di radioamatori, anche lui aveva la passione di costruirsi gli apparati con cui ci collegavamo. Era appena in voga la costruzione dei primi apparati amatoriali con l’uso di frequenze  vhf,  in particolare i 144 Mhz volgarmente chiamati i “due metri”,  assegnate ai radioamatori da poco, ma che già frequentavano le “decametriche”, 20, 40 e 80m.

 

Oggigiorno tutto questo fa ridere parlando di Giga hz, ma allora già collegarsi sui “2m”, da Pisa dove io abitavo da ragazzetto, a Pontedera dove abitava lui, era un’impresa non da poco, per colpa del Monte Serra che ci separava, oscurando il modesto segnale da noi trasmesso.

Inoltre le valvole e i vari componenti che usavamo, spesso erano solo recuperati da materiali “surplus”, così chiamati i resti di apparecchiature, prevalentemente militari,  reperibili al mercatino Americano di Livorno o nei negozietti che nascevano,  ai  primi sentori dell’elettronica.

 

Inoltre mi intrigava molto il fatto che Roberto oltre a questo hobby  comune, amasse le barche a vela.  Aveva insieme al fratello una falegnameria a Pontedera e  stava appunto approntando una barca di legno al porto di Livorno.

Poichè anch’io amavo andare in barca a vela con mio padre, avevamo già due punti in comune.

 

Era cosi iniziata una forte amicizia .

La barca di legno  che stava ristrutturando era una vecchia lancia pontata, di circa 6m, nata per la pesca e manovrata solo con i remi.

Anch’io gli detti una mano  a trasformarla in barca a vela con tanto di deriva zavorrata , albero, boma e generoso bompresso

.

Poi ci perdemmo  di vista per i nostri vari impegni della vita.

 Comunque ero al corrente, tramite suo fratello, delle sue imprese nautiche.

 Seppi infatti che aveva fatto molte miglia con quella barca.

Quando ci ritrovammo dopo alcuni anni, passavo giorni interi ad ascoltare le sue avventure in solitario.

Con quella “barchetta” aveva girato buona parte dei nostri mari Italiani  spingendosi fino alle Baleari.

 

Un giorno mi raccontò che dopo un certo tempo di navigazione, era entrato in completa simbiosi con la barca, tanto da intrattenere con lei  intere “conversazioni”, con l’assoluta certezza che questa, a suo modo gli rispondesse facendosi capire nitidamente tra i suoni inconfondibili del mare.

Mi disse di averla amata come una dolce e fidata compagna di viaggio.

 Ricordo che io fui molto preso e affascinato da questo fatto.

 

A proposito il nome che le aveva dato era “ LA COCCA “, e si trattava di una "Pannola" Istriana del 1943 o giù di lì, tuttora navigante.

 

  Adesso sfido chiunque a negare che LA COCCA avesse anche un’ ANIMA!!!

 

 

 

Ma comunque la storia non è finita qui.

 Prossimamente  racconterò come venne in possesso nel 1977 insieme a me, della barca “AMALIA”, un Cristina di nove metri e mezzo del cantiere” SICID  di Monfalcone”, del 1964, immatricolata nel 1965, progetto “SCIARRELLI”, di cui lui, ha ancora il possesso e  tiene a Livorno.  Inserirò ache le foto.

 

 



04/04/2009 Mario Volpini
v.maryone@libero.it

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