STELLA "LIA"
In passato il mio lavoro di consulente tecnico per conto della ditta AVE interruttori di Brescia, che svolgevo nella mia zona della Toscana mare, mi portò a far conoscenza con un grande personaggio della vera nautica, quando si costruiva ancora le barche di legno.
In quel periodo il mio compito era di divulgare presso industrie, cantieri, progettisti e installatori i nuovi interruttori differenziali, volgarmente chiamati "salvavita" che stavano affacciandosi anche al mercato Italiano, di cui avevamo una buona produzione. Fu proprio nel corso di questa promozione che mi presentai al cantiere Pezzini e feci conoscenza con Attilio, titolare, per spiegargli come un interruttore differenziale avrebbe potuto far evitare eventuali incendi, per dispersioni o cortocircuiti dell'impianto elettrico, nei suoi capannoni, peraltro affollatissimi di legname, trucioli e segature varie.
Ricordo ancora il mio stupore quando mi disse che il differenziale ce l'aveva "digià". Stupito di questo fatto, visto che li avevamo appena in produzione, ma non ancora in consegna dai nostri grossisti di materiale elettrico, e vedendo la mia scetticità, Attilio mi condusse nella stanza attigua dicendomi che laveva appena riverniciato di rosso. Questa notizia mi incuriosì più che mai, visto che lapparecchio in questione era abbastanza delicato per tarature interne e, con la verniciatura sarebbe stato fortemente danneggiato, compromettendone irrimediabilmente il suo regolare impiego. Una volta nella stanza alla presenza delloggetto, mi riferì che era del suo nonno che laveva tramandato a suo padre. Ricordo ancora le risate che ci siamo fatte per un bel po una volta scoperto che in realtà si trattava di uno strano estintore, grosso come un fusto di catrame, funzionante con una miscela di aria, acqua e sabbia, che lui aveva creduto fosse questo "differenziale"!!!
Fu così che diventammo amici e, venuto a conoscenza della mia passione per le barche (a quei tempi avevo il beccaccino SLOCUM già descritto su Naima), mi fece vedere la Stella del suo nonno che aveva, abbandonata, dietro il capannone dicendomi che, se avevo voglia di ristrutturarla, anche con i suoi consigli e il suo aiuto, purtroppo esiguo poiché era oberato di lavori, me lavrebbe regalata.
Iniziò così una nuova avventura in cui ovviamente trascinai anche la Meri con cui allora ero fidanzato. Lo scafo era in condizioni disastrose, in particolare lacqua piovana ristagnando in sentina aveva fatto marcire un pezzo dalla tavola a cui era fissato il bulbo, il resto era tutto in tavole di mogano e le centine di quercia, ma il pezzo forte erano lalbero e il boma che si erano mantenute perfetti, perché riposte nel sottotetto del capannone.
Anche Attilio mi confermò che erano una vera opera darte, lalbero alla base per circa un metro era di sezione rettangolare, poiché era passante dalla coperta alla scassa, poi la sezione diventava a forma di uovo rastremandosi sempre più mano a mano fino alla sommità, era tutto costruito a listelli incollati e cavo allinterno, per alleggerirlo. Avvitata con viti in ottone, una piccola rotaia percorreva tutta la lunghezza dellalbero per issarvi la vela, e così pure era per il boma, anche questo piuttosto lungo, in quanto lalbero era molto avanzato verso prua ed essendo la Stella di circa 7 m (6,92m credo per precisione).
Attilio si ricordava che questultimi erano stati sostituiti da suo padre, insieme alle vele originariamente di cotone sul vecchio armo aurico, in occasione dellavvento delle nuove colle rosse marine e dei nuovi materiali per le vele (fiocco e randa di circa 27 mq) inoltre i nuovi metodi di incollaggi permettevano la costruzione di alberi e boma flessibili, in grado di depotenziare il piano velico in caso di improvvisa forte raffica di vento
Dopo molte ore di lavoro e di giorni (circa 6 mesi!), lo scafo era pronto, ma purtroppo tranne che per la coperta, non fu possibile lasciare a legno le fiancate della barca, poiché non si poteva asportare bene tutta la vernice bianca che vi era stata data originariamente, fortemente impolpata nelle tavole di mogano, per cui optammo per un celestino chiaro come potete vedere dalle foto (dietro si scorgono le deserte spiagge del Gombo e la pineta "spelacchiata" con i primi sentori del degrado da inquinamento).
Poi finalmente una mattina varammo la Star, rinata a nuova vita.
A proposito mi rammento di una discussione con la Meri sul nome della barca ( le avevo promesso di chiamarla Meri). Era già corrucciata per il beccaccino, che nel frattempo avevo venduto per liberare il nostro ormeggio in Arno, poiché gli avevo lasciato il vecchio nome Slocum dicendole che, così era sul certificato di stazza (che è stato pubblicato su Naima.). Senonché allultimo, Attilio, si ricordò che aveva da qualche parte, la targa con il vecchio nome che aveva dato suo nonno alla Stella e quando lo trovammo, ne rimasi estasiato, era una bellissima fusione in bronzo col nome LIA, scritto in corsivo. Non potevo ovviamente non rimetterlo al suo posto, previo aver pacato le gelosie della Meri, dietro infinite promesse, che io non conoscevo nessuna LIA e inoltre adducendo che portava iella sostituire il nome ad un imbarcazione.
Tuttoggi il Cantiere PEZZINI è diventato importante e potete vedere il suo profilo su Google, semplicemente a Cantieri PEZZINI, ci sono anche le foto di Attilio e discendenza. Mi prometto di andarlo a ritrovare poiché sono anni che ho perso i contatti e mi è tornato in mente con larticolo di Alfredo su Naima a proposito di STELLE!!!
Un prossimo racconto che farò di questa storia, riguarderà il "rocambolesco" trasloco dai cantieri PEZZINI , nellentroterra di Viareggio, sui fossi che collegano il mare con il lago di Massaciuccoli, attraverso ponti bassi e chiuse, della STELLA" LIA " fino al mio abituale ormeggio a Bocca d'Arno.
14/03/2009 Mario Volpini
v.maryone@libero.it
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