Palinuro
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FAVENTIBUS
VENTIS |
Imbarco sul
Palinuro: note dal mio "diario di bordo"
Gigliola Novali*
e-mail: giglio00@yahoo.it
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Nessuna notte è
così stellata come una notte in navigazione. Accoccolata su un ammasso di gomena osservo
il cielo altissimo sopra le vele, bianche anche nella completa oscurità.
Tra gli alberi
del veliero riconosco le costellazioni amiche di altre notti sul mare ma non ricordo di
averne mai viste di così risplendenti intorno alla Via Lattea.
Se chiudo gli
occhi e ascolto i fischi lunghi e modulati che i nocchieri si scambiano da prora a poppa,
niente vieta di immaginare di trovarsi in un altro tempo e di sentire di lì a poco un
grido d'allarme: "Bersaglio a ore 12!" chiedendosi se sarà un bastimento
amico
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Il brigantino
beccheggia e respira il maestrale che agita il mare da ormai tre giorni e tre notti.
Il ritmo che fino a
poche ore fa donava una sensazione rilassante, quasi di culla, riposando nelle cuccette,
ha lasciato il posto a un inquietante movimento che si accentua fino a far temere
impensabili cadute dal giaciglio.
Meglio rimanere sul
cassero e ammirare lo spettacolo della natura, lasciando che anche i ricordi e i pensieri
si accordino a quel moto cadenzato a tratti calmo o tormentoso.
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Nessuna solitudine è più dolce e
assoluta di quella che si prova in una fredda notte di guardia sul mare.
Le ore sono scandite
solo dal mutare delle brezze, dallo stridere delle cime nei bozzelli di legno e dai suoni
che ricordano che la nave è viva e la sua gente la governa con impegno e sacrificio.
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Tra queste persone
dieci ragazze e dieci ragazzi vivono da qualche giorno un'esperienza unica e
indimenticabile. Sono i giovani della Lega
Navale Italiana e della Sailing
Training Association Italia che hanno avuto la possibilità di imbarcarsi in un turno di navigazione
di sette giorni sulla Nave
Scuola della Marina Militare "Palinuro".
Sono arrivati alla
spicciolata, da tante città diverse. Molti di loro non sono mai saliti su una barca e non
conoscono la rosa dei venti, né i nodi marinareschi o come si mettono a segno le vele.
Ma dopo poche ore sono già un equipaggio.
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Gli ufficiali, i sottufficiali e i marinai
del Palinuro li accolgono con grande disponibilità e pazienza e iniziano a spiegare loro
le caratteristiche della nave e le regole fondamentali della vita a bordo di un veliero.
Inizia così, quasi per gioco, l'impegno di questi ragazzi che nel corso dei giorni
diventeranno sempre più esperti nel tesare drizze e scotte, capire il legame tra le
manovre, i venti e le correnti. |
In poco tempo diventano familiari anche i segnali sonori con cui
si comunica a bordo, dall'alza bandiera alla chiamata della squadra a rilevare dei vari
turni, alle assemblee, all'insieme delle operazioni necessarie per invelare la nave.
Qualche breve
lezione teorica sulle andature, la nomenclatura delle vele, l'esecuzione dei nodi e delle
manovre di base completano l'istruzione prevista per questo tipo di imbarco.
Dopo pochi giorni
ogni squadra, formata da marinai, ragazzi e ragazze, discute con presunta perizia se sia
meglio issare o no il parrocchetto volante piuttosto che il trevo di mezzana e come alare
o agguantare le drizze.
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Eccoli insieme,
disposti in lunghe file sul cassero o a centro nave che si piegano sotto lo sforzo e
attendono il fischio del Nostromo che scandisce il ritmo e comanda le manovre alle vele.
Quanta soddisfazione quando
l'operazione riesce bene e trinchettina, granfiocco, fiocco e controfiocco si stagliano
sopra il bompresso, contro i diversi azzurri del cielo e del
mare!
E di notte il
salire veloce e sicuro dei nocchieri sulle griselle per aprire o chiudere le vele diventa
vero coraggio e arte marinaresca.
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Insieme
si condivide il momento festoso e un po' caotico dei pasti e lo scambio delle consegne
alla fine dei turni, insieme si affrontano i timori e le incertezze nell'operare. Le
ragazze e i ragazzi dividono equamente i compiti dei vari turni: vedetta, guardia alle
vele, guardia al timone, al carteggio e al brogliaccio, posti di lavaggio e riordino della
cucina e degli alloggi. |
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A
volte è difficile per qualcuno di loro comprendere e osservare la disciplina che regola
la vita di bordo, svolgere qualche compito meno gradito, rispettare gli orari dei turni,
alzarsi presto al mattino o nel cuore della notte.
La vita di tutti
i giorni, pur con il suo stress, lo studio o il lavoro, poco ha a che fare con la storica
fatica dell'andare per mare e del farlo su un così particolare tipo d'imbarcazione.
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La
quotidianità è fatta spesso di immagini e bisogni superficiali, di irrisori problemi che
sembrano insuperabili, di falsi obiettivi che propongono come positivo un solo progetto di
vita: fare ciò che si vuole quando ci pare. E sovente è qualcun altro a farsi
carico delle incombenze più noiose o ingrate. |
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Qui
i giovani ospiti riscoprono l'essenzialità delle parole e l'importanza della lealtà, le
esigenze primarie, il valore del sacrificio personale per il bene collettivo e mettono
alla prova risorse sconosciute, scoprendo aspetti del carattere e della capacità
d'adattamento e socializzazione che altrove sarebbe molto più difficile verificare. |
Alla
sera la Preghiera
del Marinaio, letta prima dell'ammaina bandiera,
mentre l'intero equipaggio, schierato a poppa, volge lo sguardo dove il sole è prossimo
al tramonto, commuove in silenzio, ne sono sicura, anche l'animo più arido e ognuno pensa
alle "case lontane" e alle "care genti".
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Quale sarà il ricordo più vivido impresso nell'animo di questi
ragazzi? Quale insegnamento trarranno dall'esperienza e dall'opportunità
offertagli? Mi piace pensare che al di là della prima impressione di
divertimento e conoscenza, o magari di insofferenza e stanchezza fisica, ognuno di loro
abbia acquisito una più profonda maturità e consapevolezza della vita e compreso la
solidarietà che fa di una nave un piccolo mondo dove ogni gesto e parola hanno un
significato e un'importanza per tutti gli altri esseri che lo abitano, la cui sicurezza e
a volte la vita stessa dipende dal potersi fidare del compagno.
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Occorre un cuore
speciale per amare questa vita di mare e molta forza d'animo per affrontarne fatica e
difficoltà, imparando a riconoscere il vento che non tradisce e l'onda che sospinge nella
giusta direzione. Occorre un cuore speciale per mettere a segno tutte le vele della
nostra esistenza. Faventibus ventis!
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Gigliola Novali
* Lega Navale
Italiana - Genova |
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